Indisciplina, errori e problemi in prima linea: tutti i pensieri di Hansen

Sabato ad Auckland qualcuno e qualcosa cambieranno. Per riscattare Under 20, femminile e Seven

ph. Jason O’Brien/Action Images

Immaginamoci un uomo sulla cinquantina, distinto, di successo ben vestito. Indossa un completo nero con una felce argentata sul lato sinistro, il lato del cuore. È seduto in poltrona  da solo in una stanza buia che si affaccia su uno stadio pieno zeppo di gente urlante. Quest’uomo al minuto ’61 della partita di Australia contro Nuova Zelanda di sabato scorso valida per l’assegnazione della Bledisloe Cup, appoggia leggermente la testa sulla mano sinistra, pensando “No. Anche questo. Quast’anno, proprio no.”

Quest’uomo dal volto scuro e preoccupato è la NZRFU, società governante del rugby che nel giro di tre mesi da giugno ag agosto 2014 ha perso tre, e sottolineamo tre, titoli di cui era detentrice nel 2011: la Coppa del Mondo U20 organizzata in casa, la medaglia d’oro ai Giochi del Commonwealth nel Rugby Sevens e la Coppa del Mondo Femminile. Gli All Blacks rimangono l’ultimo baluardo che esprime la supremazia rugbystica di una delle nazione più piccole (popolazione parlando) al mondo. Gli All Blacks rimangono imbattutti dopo 18 partite consecutive. Gli All Blacks non sono più vincenti. Bauden Barrett per la prima volta nella sua carriera da aperturea All Black assapora il gusto amaro del non salire sul gradino più alto della vittoria.

 

 

I Wallabies hanno fermato gli All Blacks a Sydney sull 12 pari in una partita brutta, indisciplinata e priva di mete. Di nuovo. Già perchè due anni fa al SunCorp di Brisbane i Wallabies fermarono gli All Blacks su 17 vittorie (di nuovo), con un pareggio (di nuovo), senza mete (di nuovo). Coloro che pensavano che gli uomini in braghe nere avrebbero passeggiato in quel di Sydney, non conoscono i meccanismi di queste due squadre. Coloro che sono arrivati nervosi al fischio d’inizio sapevano che la delusione era nell’aria. La finale di Super Rugby c’entra poco, il pensiero dei test match di giugno e la mancanza di giocatori chiave nelle file dei tutti neri hanno contato come pochi.

Per tutta la settimana fino a sabato, non si parlava d’altro che delle trequarti. Di Ben Smith e Israel Dagg. Di Conrad Smith e Malikai Fekitoa. Di Ma’a Nonu. Di Kurtley Beale e Israel Folau. Nel pomeriggio di sabato con la pioggia che si abbatteva sull’ANZ stadium, l’attenzione si è diretta al pack di mischia. E nel caso dei neozelandesi quella prima linea priva di Tony Woodcock. Waytt Crockett ha avuto la sua chance ma l’ha buttata all’aria di nuovo con una partita indisciplinata che ha portato prima al cartellino giallo, con perdita anche di Jerome Kaino per mettere dentro un pilone, e poi alla definitiva  sostituzione con Ben Franks. Bisogna però ammettere che il match è stato arbitrato da Jaco Peyper in modo pedante, pignolo, a volte rasente l’assoluta frustrazione con continui stop forzati dal fischietto sudafricano. Non diciamo che i falli non c’erano, ma sul serio ne ha visti così tanti? Gli All Blacks hanno concesso 13 punizione mentre 9 sono stati affibiati ai Wallabies. Per noi troppi.

 

 

All fine entrambi le squadre ne sono uscite sconfitte da sabato sera. Di conseguenza entambe ne sono uscite vintcitrici. I Wallabies non possono far altro che accusare mea culpa per non essere riusciti a segnare durante i 20 minuti di supremazia numerica (Crockett e Barrett col cartellino giallo), ma non possono che gioire per aver fermato con una grande difesa un gruppo All Blacks che è capace di dilagare in pochi minuti se dati un attimo di spazio. Gli All Blacks, d’altra parte, hanno allestito un festival di errori voluti e non, risultati in penalità e punti persi. Dimostrano problemi nell’angolo basso di sinistra divenuto “zona di balocchi” australiani per tutta la partita. Eppure non possono che gioire. Gli All Blacks hanno dominato per 8 minuti. I primi 8 minuto fino a quando Aaron Smith ha lanciato Dane Cole in meta ma la palla e’ stata persa. Per il resto solo avversari alla ribalta. Gli australiani hanno dominato con il 63% nella metà tutta nera. Gli All Blacks devono ringraziare i santi in paradiso che con questi numeri e due uomini in meno non hanno perso.

Ci aspetta ora il ritorno ad Eden Park questo sabato. Jerome Kaino (gomito) e Ma’a Nonu (spalla) aspetteranno l’ok del team medico. Crockett siederà probailmente in panchina. Conrad Smith avrà giocato già abbanstanza con il primogenito da voler tornare in squadra. Il resto non dovrebbe cambiare. Di certo Steven Hansen and co. lavoreranno molto sul fattore disciplina a cominciare da Capitain Richie McCaw beccato, alcuni diranno finalmente, in fallo più di una volta, ed evitare punizioni e cartellini gialli. Hansen ha confermato che almeno per un carltellino giallo, presumibilmente il primo di Crockett, chiederà una apposita spiegazione dal comitato arbitrale. Per capire, dice lui. Per farci capire un po’ a tutti diciamo noi.

Territorio, possesso di palla, disciplina ed esecuzione del piano di gioco è la ricetta per mantenere l’imbattibilità ad Eden Park, per il resto ci sono Aaron Smith e Dane Cole secondo noi i migliori in campo a Sydney. Gli All Blacks hanno perso l’ultima volta nel così detto “Temple of Rugby” il 3 lugio 1994 contro la Francia. Che l’Australia non si azzardasse a pensare di poter vincere. O almeno così l’uomo con la felce d’argento sul vestito nero spera.

Di Melita Martorana

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