Dalle Fiamme Oro al Movimento Italia: parla Armando Forgione

L’Eccellenza, questione stranieri, celtiche “slegate” e senza Accademia. Il Presidente cremisi a 360°

Armando Forgione Fiamme Oro

ph. Ufficio Stampa Fiamme Oro

La carica esatta è quella di vicepresidente esecutivo, perché il presidente dell’intero gruppo sportivo della Polizia di Stato è Francesco Montini e ogni disciplina ha poi un suo responsabile. E quello delle Fiamme Oro Rugby è ormai da nove anni Armando Forgione. Un periodo nel quale la squadra con la maglia cremisi è cresciuta tantissimo dentro e fuori del campo di gioco. Una società che viene sempre vista un po’ così, con occhio non particolarmente benevolo da buona parte del movimento per via della sua innegabile anomalia, ma – va detto – una società che non sta ferma con le mani in mano e che non sembra proprio passare la vita a godere dei suoi “privilegi” (le virgolette non sono messe a caso, sono importanti…) e che si rimette in gioco continuamente.
Con Forgione abbiamo fatto una chiacchierata.

 

Iniziamo con un bilancio della stagione in corso: in semifinale lo scorso anno e un inizio un po’ più stentato del previsto questo autunno. Siamo a metà stagione, come stanno andando le cose?
Siamo partiti un po’ in sordina. Venivamo da un quarto posto e forse in tanti si aspettavano di più ma ma non va dimenticato il cambio di allenatore, il conseguente modo di giocare e anche la rivoluzione dell’intera mediana. Tre partite  – quelle con Lazio, Rovigo e Mogliano – le abbiamo perse per un calcio sbagliato alle ultime battute. L’obiettivo rimangono i play-off, le tre davanti stanno facendo un torneo a parte, ma mancano ancora tante partite. Poi mi lasci dire che il Mogliano o il Rovigo visti in casa nostra non sono sembrati irresistibili. Non siamo poi così lontani.

 

C’è poi il discorso coppe europee, al solito davvero amaro per le italiane nel loro complesso, per usare un eufemismo
Siamo amareggiati, abbiamo vinto tre partite e siamo fuori. La soddisfazione è che con la mischia abbiamo messo in difficoltà i romeni, contro i quali perdere non è poi cosa strana visto che sono più forti di ogni altra squadra italiana, almeno a livello di Eccellenza: praticamente tutti i nazionali che sono in patria giocano a Timisoara e ci sono pure diversi atleti dell’emisfero sud.
Allargando il discorso va detto che se le coppe vengono sottovalutate è giusto prendere gli schiaffi, noi però abbiamo sempre onorato l’impegno schierando quasi sempre la migliore formazione possibile. E questa cosa dell’onorare gli impegni e dello schierare le migliori formazioni possibili quante squadre intaliane possono dire di averlo sempre fatto? Non solo in Challenge o Qualification Cup. Noi ci teniamo molto, cerchiamo di far capire ai giocatori che per loro è una esperienza importante di crescita.

 

Qual è il vero gap tra il nostro movimento e quello delle altre realtà europee?
Io non vengo dal rugby, sono un dirigente prestato per passione, ma in questi anni credo di aver capito un po’ di cose. Noi italiani – non solo nel rugby, ma anche nelle altre discipline sportive – difettiamo nella parte dirigenziale: c’è un dilettantismo imperante e il dilettantismo non fa altro che generare altro dilettantismo. Non solo, questa è una situazione a cascata che si autoalimenta e si perpetua poi tra i dirigenti, i giocatori… La cosa migliore che possiamo fare è guardare verso mondi professionistici: noi da tre anni mandiamo i nostri ragazzi in Nuova Zelanda.
Se vogliamo autoreferenziarci, passatemi questa brutta parola, non andiamo da nessuna parte. Abbiamo anche un dovere morale nei confronti di chi ci segue e non solo dobbiamo dare sempre il massimo ma far capire a chi viene a vederci che lo stiamo facendo. Poi c’è quello che più forte che ti batte e pazienza, ma l’asticella deve essere messa in alto, altrimenti è dopolavoro.

 

Da qualche anno avete “aperto” agli stranieri, ricevendo non poche critiche
Cerchiamo sempre sponsor, che chiedono ovviamente visibilità e quella dei giocatori stranieri nel suo piccolo lo è. Abbiamo fatto arrivare un all black U20 e un nazionale samoano, a costi sostenibili. E sottolineo che li paga lo sponsor non il cittadino così come vorrei ricordare che un All Blacks U20 in Italia non era mai venuto. Ci siamo anche trovati costretti ad agire sul mercato esterno: non era previsto che Canna andasse alle Zebre questa estate e quando è succeso il concorso era già stato fatto. A volte il ricorso agli stranieri è stato una scelta obbligata e noi non possiamo prendere giocatori italiani e pagarli al di fuori del concorso.

 

Però non si tratta di nomi altisonanti, di quelli che attirano l’interesse dei media, compresi quelli più attenti. Quel genere di nomi a noi è precluso
Infatti il traino deve essere la tv. Inutile girarci attorno: gli sponsor vogliono andare in tv, vogliono l’interesse dei quotidiani. Se non ci sono queste cose semplicemente non arrivano. Spesso non sono sponsorizzaioni, ma filantropia.
L’Eccellenza ha il suo spazio in tv al venerdì alle 19, ma è un qualcosa che abbiamo accettato nostro malgrado, non è che il posizionamento ci piaccia un granché. Quello c’era e quello abbiamo accettato. E non sempre vengono trasmesse le partite più importanti. Poi va detto che abbiamo scoperto solo in seguito a quella decisione che le Fiamme Oro non andranno mai in onda nelle partite in casa perché l’impianto luci non è sufficiente, ma dovevano dircelo prima che in quel caso avrei votato no alla proposta.

 

Cosa pensa del Movimento Italia e della “questione Pro12”?
La cosa più importante è quella di far crescere dirigenti e allenatori altrimenti rimarremo dove siamo. E quando dico crescere intendo anche costruirli da zero, troppo spesso il giocatore che smette entra subito nei quadri del suo club ma un grande giocatore non necessariamente è ottimo allenatore o dirigente. E con loro bisogna avere pazienza. Appunto: costruirli piano piano.
Poi si parla spesso di tre franchigie celtiche. Qui bisogna dire un po’ di cose: primo, mi sa che il margine economico e di giocatori non c’è. Secondo: bisogna anche pensare bene la collocazione di queste realtà all’interno del movimento: oggi le franchigie sono monadi isolate, Zebre e Benetton sono lontane mille miglia dall’Eccellenza e dalle accademie. Servono accademie legate alle realtà celtiche, delle squadre U20. Oppure 5 squadre dell’Ecellenza legate con ogni franchigia con i giocatori che possono fare su e giù quando non giocano nel Pro12.

 

Quello della mobilità e di una maggiore fluidità dei giocatori tra Eccellenza e Pro12 è una battaglia di OnRugby e di buona parte della stampa specializzata da diversi anni. Spesso ci viene detto che il problema è quello dei contratti, detto brutalmente: chi paga chi
Non ho soluzioni pronte, ma se mi sedessi attorno a un tavolo con un dato problema da risolvere scommetto che prima o poi una risposta la troverei. E come me i miei colleghi presidenti dell’Eccellenza. Sediamoci e vedrete che una soluzione la si trova, basta volerlo.

 

L’Italia dovrebbe abbandonare il torneo celtico?
Il Pro12 non va abbandonato, è importante. Mi ripeto, bisogna giocare con quelli più forti ma allo stesso tempo dobbiamo legare Treviso e Zebre al resto del movimento. Così non va bene.

 

Lo scorso aprile il presidente federale Gavazzi in un incontro con la stampa a Milano butto lì una frase che suonava un po’ così: “Non sarebbe male se qualche squadra dell’Eccellenza diventasse uno sbocco privilegiato per i giovani che escono dalle Accademie. Le Fiamme Oro potrebbero essere l’ideale”
Con la FIR non c’è nessun accordo in essere. L’idea non è male, saremmo anche pronti ad affrontare il tema ma nessuno ce lo ha proposto. Poi ci sono i procuratori: sono tanti, troppi, e non sempre lavorano per l’interesse dei più giovani.

 

Chiudiamo con le Fiamme Oro meno conosciute, quelle che da qualche anno lavorano sul territorio
Noi abbiamo 280 bambini, numero in forte crescita tanto che abbiamo dovuto mettere un tetto: un anno fa erano 210. Abbiamo due allenatori per ogni categoria, in alcuni casi sono tre. A tutti gli allenatori e i tecnici facciamo fare i corsi. Lavoriamo nelle scuole e anche nelle carceri o con i minori non accompagnati arrivati in Italia: non sono soggetti facili visto le storie che si portano dietro ma noi ci crediamo. Forse la gente dovrebbe conoscere meglio e di più le Fiamme Oro, magari ci sarebbero un po’ di polemiche in meno.

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