L’apertura delle Zebre racconta il suo percorso di crescita. E coach Guidi assicura: ha tanta “cazzimma”
Di lui Gianluca Guidi ha detto che “è sfrontato, anche troppo. Furbo, scaltro, sicuro di sé. I napoletani direbbero che ha tanta “cazzimma” “. E considerando il modo in cui si è presentato al rugby di alto livello negli ultimi mesi c’è da credergli. Di chi stiamo parlando? Di Carlo Canna, e nonostante questa e le dichiarazioni successive che riportiamo da un’intervista al Corriere dello Sport siano della scorsa settimana, assumono oggi ulteriore significato alla luce della prestazione nel derby di andata contro la Benetton, con tanto di meta e ottima prova al piede.
Canna, 23 anni e un salto velocissimo dall’Eccellenza alla Rugby World Cup (“E’ un salto enorme, ma solo così si può crescere davvero“, aveva dichiarato in passato a Tuttosport, confidando anche di aver iniziato ad utilizzare il caschetto perché così faceva il suo idolo Larkham), ha la palla ovale nel DNA di famiglia, come racconta. “A rugby non potevo non giocare. Papà Gerardo era centro nel Benevento, Alfredo Dell’Oste è mio zio e l’apertura Antonio Fragnito il mio padrino. Credo che mamma Daniela mi abbia portato al campo quando ancora mi teneva in grembo”. Il numero dieci delle Zebre e dell’Italia parla poi sulla sua formazione e del periodo alle Fiamme Oro, dove è maturato “soprattutto grazie a Nicola Benetti. E‘ stato a lui a spiegarmi i comandamenti del buon calciatore: seguire con la gamba la traiettoria del pallone dopo l’impatto e non sottovalutare mai i piazzati facili […] Un’apertura deve giocare il momento, la situazione, leggerla e agire di conseguenza”.
Per il 23enne campano il prossimo obiettivo è il Sei Nazioni: “Sarebbe un altro sogno che si realizza, ma devo ancora conquistarmi il posto”, dice. E inevitabile, a proposito della Nazionale, è la “staffetta” con Tommaso Allan: “Siamo diversi. Tommy fa girare molto bene la squadra e sbaglia poco, io ho un po’ più di inventiva. Andiamo d’accordo. E poi finché non imparo l’inglese, come farei senza di lui?”
Di Daniele Pansardi
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