L’Italia U18 di Brunello tra club e accademie, una vera “terra di mezzo”

Un gruppo e un ct che sta facendo un grande lavoro. Formato dalle società e passato per le Accademie. Una squadra a suo modo unica

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

E sono sei di seguito: Stati Uniti, Uruguay, Argentina,Francia, Irlanda e Galles. Sei vittorie, una (quella con gli argentini) contro una selezione U19, e un anno di differenza a quell’età i termini di crescita fisica e tecnica è tanto.
La prossima sfida si chiama Georgia, quella Georgia che nel ranking World Rugby “dei grandi” ci ha appena superato andando a prendersi la 14a piazza e che nel mondo U18 ha appena battuto l’Irlanda ai calci di punizione dopo che il quarto di finale dell’Europeo di categoria era terminato sull’8 a 8. Una partita che vale la finalissima della competizione.
Ma l’Italia U18 allenata da Massimo Brunello ha già battuto un record: nessuna selezione azzurra ha messo in fila un simile treno di vittorie dai primissimi anni ’90. Non è poco, proprio per nulla.
E la vittoria sul Galles è di quelle pesantissime, tanto che già a inizio marzo il commissario tecnico aveva detto a Il Gazzettino che la partita giocata venerdì era “lo spartiacque della stagione, il nostro esame di maturità”.

 

Tutti concordano nella bontà delle qualità umane e tecniche del ct (l’ideale sarebbe lasciargli in mano questo gruppo e portarlo nell’U20 per un paio d’anni, ma si parla di un futuro ormai prossimo a Calvisano…) ma in molti si chiedono dove nasca questo piccolo “miracolo”, se si tratti di un exploit di un’annata particolarmente fortunata o se può essere un primo risultato di un processo di formazione che inizia ad ingranare.
Come nel caso dell’altro recente fenomeno sportivo/mediatico – quello relativo alla nazionale femminile – bisogna andarci cauti senza farsi prendere da entusiasmi che rischiano di spegnersi alla stessa velocità con cui sono divampati ma è innegabile che in entrambi i casi siamo di fronte a risultati che non sono estemporanei. Non sono “imprese di giornata”.
Detto questo, per quanto riguarda l’U18, in molti si sono affrettati ad “appaltare” le vittorie del gruppo di Brunello alla filiera Centri di Formazione-Accademie. In realtà si tratta di un mix: nessuno di questi ragazzi è passato nei Centri Formazione U15 e U16 (non c’erano ancora) e questo gruppo rappresenta probabilmente l’ultima annata formata nella sua maggioranza nei club.
Vero è invece che la maggior parte di loro è poi entrato nelle Accademie Zonali U17 e U18. E, vista l’ampiezza e (e il peso economico sostenuto) della filiera messa in piedi dalla FIR, deve essere così: il bravo giocatore che “sfugge” a questa struttura deve essere ormai essere solo l’eccezione che conferma la regola, altrimenti vuol dire che c’è più di qualcosa che non funziona.

 

E cosa pensa del Sistema Accademie il ct Brunello? “Dobbiamo capire che cosa vogliamo ottenere con le Accademie – ha detto l’allenatore nel numero di marzo di All RugbyPerché se pensiamo che siano lo strumento per arrivare a battere regolarmente Francia, Inghilterra e le grandi dell’Emisfero Sud, allora siamo matti. Lo scopo è, piuttosto, quello di riuscire ad essere sempre più competitivi con forze che restano lontane dalla nostra realtà. Facciamo i confronti su numero, strutture, livello dei campionati, seguito degli spettatori, diritti televisivi: come possiamo pretendere di essere alla pari?”.
E poi chiede pazienza ai club con i giovani: “Se arriva uno straniero lo si lascia acclimatare, lo si fa giocare con continuità anche se all’inizio sbaglia qualche partita. Non capisco perché la stessa pazienza non si può avere con ragazzi che hanno sì e no 20 anni”. Mentre al Gazzettino aveva detto “appoggio perciò la proposta di far salire la squadra dell’Accademia dalla Serie A all’Eccellenza”.

 

Un gruppo in qualche modo unico quindi, questa U18, figlio di un momento di transizione di sistemi. E se questo mix di club/Accademie fosse la soluzione migliore? Noi di OnRugby lo sosteniamo da tempo. E solo il tempo ci dirà quale se la strada imboccata è quella giusta o meno, solo che questa attesa ha un peso economico pesante.
Infine un dettaglio importante: per quanto riguarda la loro provenienza geografica di questa U18 si nota che la fotografia del rugby italiano non è cambiata un granché nel corso degli anni e che a fare la voce del padrone è soprtattutto una regione. Sfogliando l’elenco dei convocati per le ultime uscite non si può infatti non notare che almeno la metà di loro arriva da società venete, molto più indietro ci sono invece Emilia e Lombardia. Pochi gli elementi dal centro-sud.

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