Grandi capitani: Siya Kolisi, il leader degli Springboks

Il primo capitano di colore della storia del Sudafrica: un video tributo per celebrarne le gesta

Siya Kolisi

Siya Kolisi – AFP

Per descrivere la carriera ovale compiuta da Siya Kolisi bisogna partire dall’ultima grande partita giocata dal flanker degli Springboks. A Yokohama è sabato, 2 novembre 2019, e il Sudafrica, di cui lui è diventato capitano dal 2018, affronta l’Inghilterra nella finale della Rugby World Cup. Sappiamo tutti come andò a finire quel match: gli Springboks, guidati dal loro indomabile numero 6, mettono sotto gli inglesi annientandoli prima di tutto dal punto di vista fisico, e dopo 80 di vera e propria battaglia vincono per 32 a 12, trionfando così per la terza volta nella Webb Ellis Cup completando l’aggancio agli All Blacks nella lista delle squadre più vincenti.

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Difficilmente durante la sua infanzia Siya Kolisi avrebbe pensato di essere un giorno l’uomo incaricato di alzare il trofeo più importante nella storia di ovalia, ma lo sport offre storie uniche come questa. Nato in una situazione di povertà assoluta, cresciuto un po’ dalla madre e un po’ dalla nonna (dopo la morte della mamma nel 2006, quando Siya aveva 15 anni), il rugby è stato sin da subito il suo grimaldello per riscattarsi e dire ferocemente no a un destino che pareva segnato. Sin da bambino riesce a mettersi in mostra e partendo dal basso, ma che più basso non si può, arrivando ad avere una borsa di studio alla prestigiosa Grey High School, dove sono cresciuti tra gli altri Mike Catt e Graeme Pollock, considerato il più grande giocatore di cricket della storia sudafricana. Le qualità ci sono, la volontà anche, e allora è un attimo il farsi notare anche negli Eastern Province Kings e passare a giocare per Western Province, una delle selezioni più famose del paese sudafricano. L’esordio con i “grandi” arrivò a 20 anni, nel 2011, prima in Vodacom Cup e poi in Currie Cup, senza farsi mancare comunque diverse apparizioni col Sudafrica U20. Il 2012 poi, oltre al successo in Currie Cup, ha portato anche il debutto con gli Stormers nel Super Rugby, per percorrere una strada che ormai sembra irrimediabilmente segnata. L’anno seguente è il momento del lancio in orbita internazionale, e come farlo se non con una prestazione super: il 15 giugno 2013 a Nelspruit gli Springboks sfidano la Scozia, Kolisi è inizialmente chiamato ad accomodarsi in panchina, ma dopo 5 minuti un infortunio di Arno Botha gli offre la chance per esordire. Il risultato finale vide i Boks vincere 30 a 17, ma quello che più impressiona è che all’emozione dell’esordio lui ha risposto con una prova da Man of the Match. Se non è un predestinato questo…

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Dopo un ulteriore periodo di apprendistato, il futuro leader sudafricano si prese sempre più il posto in squadra, venendo selezionato per la Coppa del Mondo 2015 (sì, c’era durante la famosa sconfitta contro il Giappone) nella quale però non riuscì a imporsi come titolare fisso della squadra. Ci riuscirà nelle stagioni seguenti, tant’è che nel 2018 viene scelto come nuovo capitano del Sudafrica, il primo giocatore di colore ad occupare quel ruolo, guidando questa volta sì i compagni verso grandi traguardi: il successo in Nuova Zelanda del 16 settembre di quell’anno fu un chiaro segnale di come la squadra potesse ambire a grandi traguardi, e il successo nel Championship (ridotto) del 2019 solo una conferma. A chiudere il cerchio ecco il Mondiale giapponese, dove i Boks perdono 23-13 nella loro gara inaugurale contro gli All Blacks, ma poi non lasciano realmente scampo a nessuno. Namibia, Italia e Canada sono annientate nella pool, quindi prima il Giappone e poi il Galles (ma che sofferenza, 19-16 il finale) si inchinano. Si arriva così al 2 novembre, al giorno in cui per la prima volta la Coppa del Mondo di rugby è stata alzata prima di tutti da un giocatore di colore. Semplicemente, Siya Kolisi.

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