Cuttitta: Glasgow e i giovani, quando progetto e visione pagano

Dopo la vittoria in Pro12, abbiamo intervistato chi il rugby scozzese lo conosce bene. E che nel futuro (per ora) non vede azzurro

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Penultimi nel 2011, sconfitti in semifinale nel 2012 e nel 2013, battuti in finale l’anno scorso e infine campioni in questa stagione. La vittoria di Glasgow contro Munster nella finale di Belfast dello scorso weekend è la dimostrazione che il lavoro paga se e solo se a monte vi sono una visione, un progetto e uno staff all’altezza. Ne abbiamo parlato con Massimo Cuttitta, per tanti anni allenatore della Scozia e tecnico della Federazione scozzese, con cui ha da poco interrotto il rapporto di lavoro.

 

Massimo, partiamo da qualche nome: Hogg, Weir, Russell, Horne… Sono tutti ragazzi giovani, e che hanno iniziato a giocare professional rugby proprio a Glasgow. Come è stata l’esperienza e la loro crescita?
Questa è la classica dimostrazione che se lavori sui giovani partendo da un progetto, poi i risultati arrivano. In questi anni hanno lavorato molto e con molto sacrificio, e ora hanno dimostrato di essere i migliori della Celtic League. Certo, non scordiamoci dei giocatori con maggiore esperienza, che hanno creato un ambiente favorevole in cui tutti potessero esprimersi al meglio. Poi c’era molta fame di vittoria e più maturazione.

 

Townsend ha vinto il Coach of the Year. Quanto è importante la preparazione del tecnico, e il supporto dello staff?
Gregor lavora con un gruppo di allenatori preparatissimo. Ha uno staff che gli ha permesso di arrivare dove è arrivato. In proporzione, l’artefice dei successi di squadra più che il capo allenatore è lo staff. Townsend allenava l’attacco, io la mischia, Paterson i calci. Poi ripeto, non è frutto di un anno ma di tante stagioni di crescita.

 

E tu come hai vissuto la prima vittoria celtica scozzese?
Molti mi hanno chiamato per ringraziarmi del lavoro svolto, non solo con la nazionale ma da vicino con i club. Ho anch’io contribuito alla crescita del gruppo e al raggiungimento della vittoria. Ma non dimentichiamoci che ci sono tantissime persone che fin dai primi anni di giovanili hanno lavorato con questi ragazzi, e di cui magari nemmeno si conoscono i nomi.

 

Immagino sia stata una grande soddisfazione per te…
Questi sono anche i miei ragazzi, e vederli crescere così tanto negli ultimi dieci anni è una grande soddisfazione. Sono partiti da ragazzini e ora sono uomini, e fa piacere che abbiano appreso qualcosa da me. La soddisfazione è anche vedere una mischia scozzese e delle franchigie così forte, e vedere arrivare i risultati. Ma quando l’ambiente è quello giusto, raggiungere i risultati è più facile.

 

Sono anni che Glasgow è ai massimi livelli europei. Cosa manca per vedere una nazionale scozzese parimenti competitiva?
Tra le franchigie e la nazionale c’è un salto, e quando parli di nazionale molto dipende anche dal momento: infortuni e stato di forma con cui arrivi alle partite incidono molto. Abbiamo fatto un Sei Nazioni con tanti infortunati, quando siamo al completo e il momento è giusto possiamo mettere in difficoltà chiunque, in Nazionale e pure in Pro12.

 

Manca ancora profondità?
Con gli infortuni è difficile essere competitivi. Ma ora c’è questa generazione che darà certamente profondità e soprattutto qualità. L’importante continuare a lavorare così.

 

Ora c’è il Mondiale, e l’impressione è che il momento sia quello giusto. Che RWC farà la Scozia?
Mi auguro faccia un buon mondiale. Ma occhio, Giappone e Stati Uniti sono squadre in fermento dentro e fuori dal campo, e se sbagli una delle due partite è finita. Poi tutto dipende dall’armonia di squadra, dal clima che staff e allenatori sapranno creare, dall’umore dei giocatori. L’importante è l’atmosfera che si crea ora coi primi ritiri di preparazione.

 

E tu ora che programmi hai?
Intanto sto un po’ riposando. Gli ultimi anni sono stati pazzeschi, mi sto accorgendo ora di quante cose ho fatto, dei sacrifici e del lavoro portato avanti. Credo che già dalla prossima settimana inizierò a sondare il terreno per la prossima stagione. In questo momento sono disponibile per chiunque.

 

Anche per la Nazionale azzurra o per le franchigie?
Mi correggo, sono disponibile per chiunque presenti un progetto a lungo termine e importante. Il corto termine, purtroppo, non esiste in questo sport, è una presa in giro. In Scozia abbiamo dato un metodo, dalle nazionali giovanili alle franchigie alla nazionale maggiore. E i risultati si vedono. Ciò che ho fatto lì sono disposto a farlo ovunque, e logico che l’ideale sarebbe farlo nel tuo paese, ma in questo momento non ci sono i presupposti e le condizioni necessarie.

 

Hai già qualche idea o contatto?
Dove c’è una sfida e un progetto vado. In un club europeo di alto livello, ma anche in Giappone o – perché no –  in Sudafrica, dove a volte alla forza fisica non corrisponde un’adeguata preparazione tecnica.

 

Le offerte non mancheranno…
Il curriculum di un allenatore è il campo, e a rappresentarmi sono giocatori, fatti e risultati. La forza di un allenatore sono i suoi giocatori. Il successo loro è il successo tuo.

Di Roberto Avesani

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