Azzurri e FIR, è dialogo. GIRA indica “i capisaldi del professionismo”

Il sindacato espone la linea da seguire secondo i giocatori, tra possibili dual-contract, permit player, diritti d’immagine, caso Aironi e caso Minto

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Nuova tappa della protesta tra gli Azzurri e il Presidente Gavazzi. La GIRA, il sindacato dei giocatori, ha diffuso un comunicato nel quale si legge anzitutto che “i giocatori ritengono di puntualizzare di non avere intenzione di muoversi dalle posizioni già espresse nei giorni scorsi”. Le posizioni restano salde, ma la ricerca della quadra è partita (” Riguardo al dialogo, si dà atto che la Federazione lo ha già avviato con i rappresentanti dei giocatori, e siamo certi che come negli anni passati verrà trovato un punto di incontro evitandosi inutili “strappi” “). Nella parte finale del comunicato vengono toccati diversi punti sui quali gli Azzurri sono intenzionati a non transigere. E si torna a parlare di Aironi…

 

Lette le singolari “scuse – non scuse” della Federazione a mezzo “carta stampata”, oltre che le nuove esternazioni presidenziali, i giocatori ritengono di puntualizzare di non avere intenzione di muoversi dalle posizioni già espresse nei giorni scorsi. Con i tweet “virali” si è voluto lanciare un messaggio condiviso circa l’avvertita necessità di un cambiamento nella logica dei rapporti con la FIR, e questo resta l’obbiettivo.

Si respingono peraltro le allusioni (ancora una volta ai limiti dell’offensivo) al fatto di essere “mal consigliati”, nascendo ogni iniziativa degli azzurri da una genuina e comune presa d’atto. Peraltro, la comune volontà è esclusivamente quella di concentrarsi sulle prestazioni sportive, lasciando ai propri delegati il compito di rappresentarli e supportarli all’esterno del perimetro di gioco.

Sia chiaro che se da una parte non è stata avviata alcuna guerra mediatica, dall’altra per sbloccare l’odierna situazione servono reciproco rispetto, dialogo e soluzioni che tengano in considerazione le diverse esigenze delle parti. Circa il rispetto, si auspica che tutti remino nella stessa direzione, senza uno scarico di responsabilità. Riguardo al dialogo, si dà atto che la Federazione lo ha già avviato con i rappresentanti dei giocatori, e siamo certi che come negli anni passati verrà trovato un punto di incontro evitandosi inutili “strappi”. In merito alle soluzioni, solo il confronto, la chiarezza e la trasparenza, porteranno ad individuarle.

I giocatori sono ben consapevoli delle ultime performance negative sul campo (contro Francia e Galles, oltre che nel PRO12 a livello di club), e non sono di certo indifferenti al fatto di classificarsi il più delle volte ultimi o penultimi nei vari tornei. Nel contempo, però, sentono più che mai l’attaccamento alla maglia azzurra e la necessità di una guida forte, oltre che di cambiamenti strutturali che riportino le motivazioni e le prestazioni ai giusti livelli.

L’azione dei nazionali, ad ogni buon conto, non viene dal nulla. Nel corso della Northern Hemisphere Conference del 19 marzo a Londra, alla quale G.I.R.A. è stata ufficialmente invitata dall’I.R.P.A. quale rappresentante dell’alto livello del rugby italiano (vedo foto), i colleghi inglesi, gallesi, irlandesi e francesi hanno indicato a Matteo Barbini e Valerio Bernabò quali sono i capisaldi del professionismo su cui non transigere. E gli italiani vogliono fermamente allinearsi a tali standard.

Nel concreto? Ecco una serie di punti:
– va bene la meritocrazia (criterio valido per tutti), ma si deve tenere conto dello status di dilettanti dei giocatori e delle loro necessità materiali; non si può pretendere che atleti (nel pieno della carriera) stiano lontani da casa per 3 mesi, senza alcun riconoscimento dell’impegno profuso;
– non è esclusa una futura contrattazione “triangolare” giocatori-club-federazione, ma allo stato la questione deve appena essere messa in agenda;
– l’auspicata “contrattazione collettiva” va incentrata primariamente sulla tutela della salute (visti i recenti casi di mancata copertura, più o meno noti), sullo sfruttamento dei diritti d’immagine (oggi ad appannaggio della FIR) e sulla formazione dei giocatori a livello professionale in funzione del post-carriera (Player Development Program);
– non può più essere rimandata l’attribuzione del diritto al voto ai giocatori celtici ed ai giocatori italiani all’estero, vale a dire della totalità degli azzurri;
– si rende opportuna una disciplina espressa (attualmente non esiste alcun regolamento scritto) circa le esperienze con le franchigie celtiche dei Permit-Player; di pari passo devono essere concentrati i massimi sforzi sul campionato di Eccellenza per renderlo stabile (troppe società sono fallite o traballano) e competitivo, così da costituire un serbatoio per la Nazionale;
– non deve più ripetersi un caso-Aironi e, comunque, ancora oggi i giocatori della ex franchigia di Viadana sono all’asciutto e la questione va risolta;
– G.I.R.A., infine, non può che essere riconosciuta quale unica rappresentante del rugby di alto livello in Italia, come già avviene all’estero da parte delle Associations e Unions più importanti.

Questi i punti salienti, ma molto altro bolle in pentola.
Se c’è davvero la volontà di sedersi intorno ad un tavolo, allora si troverà il modo per affrontarli tutti con reciproca soddisfazione e in tempi rapidi.
Se invece si navigherà a vista, senza fissare scadenze e/o ignorando le richieste dei giocatori, si assisterà per certo a nuove, importanti iniziative dei giocatori.

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