Il mio cammino e tutti i compagni di viaggio che non ho avuto

Tra tante vacanze immaginarie, in Galles, Sudafrica o Inghilterra, e una molto reale

 

Se potessi andare in vacanza in Sud Africa, mi piacerebbe incontrare Jack van der Schyff (bel nome da velocista fiammingo, ma in bicicletta), quello che fallì una trasformazione che avrebbe dato al Sud Africa la vittoria per 24-22 nel primo test-match della serie del 1955 contro gli All Blacks. Van der Schyff fu così criticato che scomparve dalla circolazione, smise di giocare a rugby e divenne un cacciatore di coccodrilli. Per sempre. Pare che lì non fallisse mai.

Se potessi davvero andare in vacanza in Sud Africa, mi piacerebbe incontrare anche Stephen Joubert, bel giocatore, sempre sul punto di indossare la maglia degli Springboks, ma senza mai riuscirci. Un giorno perse le speranze, si dedicò agli studi di medicina e si trasferì ad Amsterdam per completare l’università. Proprio durante una sessione di esami, ricevette una lettera con l’invito a unirsi agli Springboks per il tour in Gran Bretagna. Joubert mollò l’università e gli esami, raggiunse la Nazionale sudafricana e disputò tutt’e tre le partite della serie.

Se potessi veramente andare in vacanza in Sud Africa, mi piacerebbe incontrare soprattutto Aaron Okey Geffin. Era il pilone degli Springboks nel loro tour in Gran Bretagna nel 1950 e nel 1951. Al momento della partenza ci fu un problema da risolvere: Geffin era stato registrato all’anagrafe con il solo cognome. Il problema fu risolto in fretta: Geffin si battezzò Aaron, e già che c’erano, fu registrato anche il suo soprannome Okey.

 

Se potessi andare in vacanza in Galles, mi piacerebbe incontrare Mike Roberts. Era un seconda linea del Galles e anche dei British Lions nel 1971. Un giorno fu invitato dal suo vecchio club London Welsh a dare una mano alla formazione Under 23 contro i coetanei dei London Irish. Roberts non poteva dire di no, anche se aveva ormai più di 46 anni. E giocò.

Se potessi davvero andare in vacanza in Galles, mi piacerebbe incontrare anche Howie Jones e Harry Peacock, gli unici due marcatori della stessa meta. Accadde nel 1930, quando Jones e Peacock schiacciarono contemporaneamente il pallone in meta per il Galles contro l’Irlanda, a Swansea, nel 1930, e i Dragoni vinsero 12-7.

Se potessi veramente andare in vacanza in Galles, mi piacerebbe incontrare soprattutto Harry Jarman, ex avanti di Newport e Pontypool, Galles e British Lions. Jarman morì da eroe nel 1928, a 45 anni, a Talywain, quando si accorse che un camion carico di carbone stava schiacciando dei ragazzini che giocavano lì, e cercò di fermarne la corsa.

Se potessi andare in vacanza in Inghilterra, mi piacerebbe incontrare Philip “Baby” Hancock, che come pendolare del rugby non era secondo a nessuno. Per andare da casa, a Wiveliscombe, nel Somerset, a giocare a Blackheath, si faceva 42 chilometri in bicicletta, poi saliva su un treno, altri 550 chilometri, quindi bus in Londra, e dopo la partita il ritorno a casa. Dicono che spesso, causa forature o altri guai meccanici, la prima parte del viaggio, invece di farla in bicicletta, Hancock dovesse farla a piedi. Lui diceva che era un buon riscaldamento, e che lo faceva entrare in clima partita.

Se potessi davvero andare in vacanza in Inghilterra, mi piacerebbe incontrare anche Clive Ashby, mediano di mischia degli Wasps e dell’Inghilterra nel 1966 e 1967, ricercato dall’esercito del Mozambico per diserzione.

Invece non vado in vacanza né in Sud Africa, né in Galles e neanche in Inghilterra, ma in Spagna. Terza e ultima puntata del mio Cammino – a piedi – per Santiago di Compostela. Da Fròmista a Santiago, 450 chilometri in 16 giorni. In questo periodo, niente computer e, a occhio e croce, ma non si sa mai, niente rugby. Però buone vacanze a tutti.

Di Marco Pastonesi

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