Un Sei Nazioni strepitoso di un’Italia cambiata nella testa: maturità, gioco e finalmente risultati

Una testa quasi sorprendente per una squadra così giovane, una profondità mai vista prima, una voglia di vincere degna di una grande squadra con un grande tecnico: ecco quello che abbiamo visto in un Torneo indimenticabile per i colori azzurri

Un Sei Nazioni strepitoso di un'Italia cambiata nella testa: maturità, gioco e finalmente risultati (ph. Sebastiano Pessina)

Un Sei Nazioni strepitoso di un’Italia cambiata nella testa: maturità, gioco e finalmente risultati (ph. Sebastiano Pessina)

Quante volte abbiamo visto l’Italia perdere la testa e fare errori su errori quando le partite si mettevano male o quando la pressione si faceva troppo pesante? La lista, anche recente, è lunga: dalle due mazzate di Lione contro All Blacks e Francia al pomeriggio di un anno fa a Roma proprio contro il Galles – sfida alla quale gli Azzurri arrivarono da favoriti – fino allo psicodramma di Batumi con la Georgia e al pomeriggio di Lisbona, dove il Portogallo fece girare la testa all’Italia per più di 60 minuti.

Stavolta è successo agli altri. È successo a una Francia nervosissima già nel primo tempo di Lille, con Lucu e Jalibert a cercare giocate sempre più forzate per eludere un muro azzurro che non voleva saperne di cadere nonostante gli oltre 100 kg di differenza tra i due pacchetti di mischia. È successo a una Scozia colpita e affondata (ma non sorpresa, non c’è stata nessuna sottovalutazione) da un grande secondo tempo degli Azzurri a Roma, con 55mila italiani (e 70mila spettatori totali) a osservare uno dei più bei successi della storia italiana. E poi è successo a Cardiff, e qui c’è poco altro da aggiungere: il Galles è stato letteralmente travolto da un’Italia più forte sotto tutti i punti di vista: fisico, tecnico, atletico e mentale.

Maturità

L’ennesima prova di maturità degli Azzurri è arrivata al fischio finale, e l’ha fatta notare l’ex terza linea e capitano della Scozia John Barclay alla BBC: “Provate a confrontare i festeggiamenti di due anni fa, quando Paolo Garbisi si buttò per terra, con quelli di quest’anno. Molto diversi. Penso si aspettassero di vincere qui con i progressi che hanno fatto”. Concetto ribadito anche da Michele Lamaro in conferenza stampa: “L’emozione di due anni fa è qualcosa di unico e indescrivibile. Stavolta invece eravamo molto più consapevoli”.

Proprio il volto del capitano azzurro a fine partita faceva capire tutto: da un lato c’era l’orgoglio di aver vinto dominando a Cardiff e di aver guidato questa squadra nel Sei Nazioni più bello della storia italiana, dall’altro c’era l’espressione di uno a cui quelle due mete non sono proprio andate giù. Poco male: tante volte è capitato all’Italia di doversi consolare con qualche meta segnata nel finale a partita già finita, stavolta tocca agli altri. Anzi bene, benissimo, perché essere scontenti di quanto accaduto negli ultimi 5 minuti è un importante segnale di maturità ed è proprio da quelle due mete finali che bisognerà ripartire, ricordandosi che il prossimo anno il Galles verrà a Roma per provare a restituire il risultato con gli interessi. E adesso c’è un tour estivo (Samoa, Tonga e Giappone) nel quale confermarsi, per cancellare la delusione di 2 anni fa, quando gli Azzurri vinsero con grande fatica in Portogallo e poi persero clamorosamente in Georgia. A livello mentale, però, l’impressione è che questa Italia sia molto più matura di quella che nel 2022 vinse comunque contro Galles e Australia, oltre che con le stesse Samoa.

Percorso

La parola “profondità” era uno dei mantra del buon Conor O’Shea fin dal 2016: doveva essere uno degli obiettivi principali dell’Italia, che notoriamente arrivava alla fine del Sei Nazioni pregando di non perdere nessun giocatore importante, viste le poche alternative nei ruoli chiave. Il viaggio è stato lungo e pieno di ostacoli, ma finalmente ha portato i risultati che servivano. L’Italia ha giocato tutto il Sei Nazioni senza Marco Riccioni, ha perso Allan dopo 2 partite, ha recuperato Ferrari in corsa con la Francia, è andata a Cardiff senza Capuozzo, e Quesada ha dovuto lasciare a casa di volta in volta giocatori di qualità come Izekor e Mori, e addirittura Simone Gesi non ha mai giocato. Eppure l’Italia è sempre stata competitiva, ha giocato alla pari e ha anche vinto, senza pensare a delle assenze che un tempo sarebbero state difficilissime da gestire.

Gonzalo Quesada è uno che in carriera ha portato a casa vittorie importanti, anche se a livello di club, e ha dato all’Italia una mentalità vincente da vera formazione di Tier 1, e comunque vada sarà ricordato come il condottiero di un gruppo giovane e coraggioso che ha giocato il miglior Sei Nazioni della sua storia, e chissà ancora dove potrà arrivare. Parlando di percorso, però, è giusto ricordare anche il lavoro fatto da Kieran Crowley dal 2021 al 2023: il tecnico neozelandese ha preso in mano una squadra in piena crisi, giovane, inesperta e senza certezze, e l’ha riportata là dove meritava di stare, dandole un gioco (anche grazie al lavoro di Neil Barnes) e una struttura che mancavano da anni. E prima di lui, è comunque giusto ricordare che tanti ragazzi che in questo mese e mezzo hanno fatto faville in giro per l’Europa li ha lanciati Franco Smith, non premiato dai risultati – anche perché a causa della pandemia gli Azzurri giocarono sempre e solo con squadre del Sei Nazioni – ma comunque coraggioso nel far debuttare giocatori giovanissimi come Paolo Garbisi, Lamaro, Fischetti, Varney, Niccolò Cannone. Chiaramente Quesada (che ha sempre dato grande merito al percorso fatto prima che arrivasse alla guida degli Azzurri, allontanando le luci dei riflettori quanto più possibile) ha avuto il grande merito di aver fatto fruttare tutto ciò che era stato seminato fino a questo momento, dando un maggiore equilibrio al gioco offensivo azzurro, migliorando ulteriormente la difesa (che comunque era già buona, seppur non sempre costante) aiutando i ragazzi a capire quando era il momento di rischiare e quando invece era giusto calciare e giocare in modo diverso.

Risultati

L’Italia ha portato a casa 11 punti, mai così bene da quando il Sei Nazioni ha adottato il nuovo sistema di punteggi con i bonus, ma mai così bene in generale considerando che alle 2 vittorie già ottenute nel 2007 (anche lì consecutive) e nel 2013 si è aggiunto anche un pareggio, contro la Francia, e solo per questione di millimetri. Proprio a causa dei bonus, gli Azzurrini hanno chiuso “solo” al quinto posto (ma davanti al Galles di ben 7 punti), ma sarebbe ingeneroso ridurre tutto alla classifica. Del resto, il Sei Nazioni è un po’ come Sanremo: si ricorda il vincitore e l’ultimo, il resto ha poca importanza, conta quello che uno lascia durante tutto il Torneo. Questa Italia è un po’ come “Ancora” di Edoardo de Crescenzo, o “Almeno tu nell’universo” di Mia Martini: non avranno vinto, ma ce le ricorderemo per sempre.

Francesco Palma

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