Per l’Italia vincere facile non esiste. Con l’Uruguay una affermazione importante per giocarsi i quarti

Gli Azzurri non avevano mai ottenuto una vittoria andando al riposo sul -10. Al di là di difficoltà sorprendenti nel primo tempo, la storia degli 80 minuti parla di un’ottima prova

Tommaso Allan, uno dei migliori in campo in Italia-Ururugay della Rugby World Cup 2023 – ph. IPP/Sebastiano Pessina

NIZZA – Una stretta all’altezza della bocca dello stomaco, un’impossibilità nervosa di non muoversi, l’occasionale ma reiterata imprecazione al termine di azioni fondamentali, finiscano esse in qualcosa di positivo o meno.

Sensazioni ben conosciute dal tifoso dell’Italia del rugby, abituata a portare i propri tifosi sulle montagne russe più o meno con ogni tipo di avversario. Sensazioni che si sono ripresentate con puntualità al ventesimo del primo tempo del match degli Azzurri contro l’Uruguay, la loro seconda gara nella Rugby World Cup 2023.

Certe volte, d’altra parte, non è necessario il proverbiale battito d’ali di farfalla per causare un uragano, basta soltanto un passaggio nelle mani di un avversario. Incredibilmente, l’intercetto subito da Michele Lamaro ha causato una concatenazione di eventi che ha portato l’Italia dal 7-0 al 17-7 e sull’orlo di una clamorosa implosione sul prato dell’Allianz Riviera di Nizza.

Due cartellini gialli, una meta tecnica e un’altra segnatura da parte di Gaston Mieres, il tutto coronato dal drop ciabattato di Felipe Etcheverry sono tutti figli diretti dell’intercetto subito dal capitano.

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Tuttavia, anche se fino a quel momento la partita era iniziata in maniera quasi perfetta, l’Italia stava già incominciando a scricchiolare. Il motivo era allo stesso tempo sorprendente e ovvio: i Teros stavano dominando il breakdown.

Che il punto chiave della partita fosse la sfida nel punto d’incontro era cosa appurata da tempo. Gli uruguaiani hanno giocato un primo tempo sensazionale in quella specifica situazione: Manuel Ardao si è confermato un pescatore di palloni formidabile, per usare il gergo sudamericano, mentre Santiago Civetta è stato una minaccia costante al possesso grazie alla sua forza fisica nei tentativi di controruck.

Da par loro gli Azzurri si sono fatti trovare colpevolmente impreparati, sempre in ritardo di quei pochi decimi di secondo necessari ad un avversario per mettere le mani sull’ovale. Un problema che diventa ancor più ingombrante quando si decide di giocare dalla propria metà campo, anzi, dai propri 22 metri.

L’Italia si è messa da sola sotto pressione. All’Uruguay, a quel punto, serviva solo un momento determinante per prendere il sopravvento, e il passaggio azzardato di Lamaro lo è stato.

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Proprio nel momento di maggiore difficoltà, però, gli Azzurri hanno posto le fondamenta del loro successo: in 13 contro 15 hanno resistito a lungo agli assalti avversari, costringendoli ad usare quasi tutto il tempo di doppia superiorità numerica prima di riuscire a trovare dei punti. Così, sono riusciti a rimanere attaccati alla partita, malgrado il drop di fine primo tempo li abbia mandati oltre il break, a -10.

Da lì a giocare una ripresa di queste proporzioni, il passo non è breve: poche squadre ne sarebbero state capaci e l’Italia non è spesso stata una di queste. Anzi, i 10 punti recuperati sono il più ampio margine di svantaggio mai recuperato dagli Azzurri per poi vincere una partita.

La prima frazione si era chiusa con il 58% di possesso a favore dell’Uruguay e un inquietante 62% di territorio. Cifre che alla fine della partita sono state ribaltate: 56% di territorio e 51% di possesso per gli Azzurri, a testimonianza del dominio totale della ripresa.

La differenza sul campo l’hanno fatta una maggiore immediatezza dei sostegni nel punto d’incontro, un’aggressività maggiore dei portatori di palla, con linee più dirette nel gioco che hanno messo la difesa uruguaiana sempre in arretramento, e delle uscite dirette al piede dalla propria zona rossa.

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L’Uruguay ha quindi finito per dimostrare i propri limiti con qualche errore tattico, rifiutando un gioco al piede puramente con l’obiettivo di guadagnare territorio e preferendo invece andare sempre a sfidare in aria l’Italia, e un calo fisico (e di morale) visibile nell’ultima mezz’ora della partita.

In questo contesto, per l’Italia è stata una vera e propria festa: quattro mete in 15 minuti per prendersi la partita. Apre i giochi proprio Michele Lamaro, che vede la linea bianca e la raggiunge di pura voglia, per scrollarsi di dosso il peso dell’errore precedente. Si aprono le cataratte e l’Italia è un vero e proprio fiume in piena: il pack garantisce palloni in avanzamento, i trequarti hanno spazio per rendersi pericolosi ad ogni azione, la panchina dà la sua fiammata di energia (chi ha detto Zuliani?).

Per il mal di pancia dei tifosi italiani una vera e propria liberazione, l’adrenalina libera di fluire, trasformando il nervosismo nell’esultanza per la tempesta perfetta scatenata dai propri beniamini sul campo.

La reminiscenza di quei momenti difficili del primo tempo, infatti, non deve appannare il giudizio sulla qualità della prestazione complessiva offerta dall’Italia sull’arco degli 80 minuti.

In definitiva, gli Azzurri hanno conquistato la larga vittoria alla quale ambivano. Che lo avrebbero fatto senza difficoltà era fuori discussione: d’altra parte l’Uruguay aveva già dimostrato di essere una squadra ostinata, con grande cuore e un non trascurabile tasso di talento.

Nei secondi quaranta minuti hanno imposto un 31-0 davvero di pregio, guidati dalle cariche di un Lorenzo Cannone incontenibile e dalla regia brillante di un Tommaso Allan che ha giocato una partita di livello stellare, dimostrando tutto il peso di aver giocato due mondiali prima di questo, ma anche un momento di forma particolare.

La maggiore funzionalità al contesto della gara di un gioco al piede più diretto per uscire dai propri 22 metri, inoltre, non inciderà sull’approccio alle prossime due partite. Troppo forti Nuova Zelanda e Francia nelle situazioni di transizione, in particolare nel contrattaccare dopo i calci di liberazione avversari, e nei lanci del gioco da prima fase.

Si continuerà invece a provare ad uscire sfruttando una struttura offensiva che, quando portatori e primi sostegni fanno bene il loro lavoro, è davvero una delle migliori del panorama internazionale in questo momento.

Poi, una volta guadagnato terreno e mossa la difesa, ci potrà essere spazio per il gioco al piede, ma stavolta lungo e in campo, in modo da impostare una battaglia tattica contro gli avversari senza la pressione della linea di meta immediatamente alle proprie spalle, ma anzi provando a mettere pressione a propria volta per riconquistare il possesso il più vicino possibile all’area di meta avversaria.

E pazienza se qualcuno dei tifosi, attanagliato dagli immancabili e giustificati mal di pancia, sbufferà per le scelte di gioco dell’Italia. Sono quelle che hanno portato gli Azzurri fin qui, a giocarsi il sogno dei quarti di finale contro due delle migliori squadre al mondo.

Lorenzo Calamai

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