Italia, Innocenti: “Con Quesada contatti dal termine del Sei Nazioni. Il caso Parisse? Non c’entra nulla”

Il presidente FIR racconta le tappe che hanno portato il tecnico argentino in Azzurro, le convocazioni di Lamb e Odogwu e della necessità di cambiare la mentalità del rugby italiano

Italia, Innocenti: "Con Quesada contatti dal termine del Sei Nazioni. Il caso Parisse? Non c'entra nulla" (ph. Sebastiano Pessina)

Italia, Innocenti: “Con Quesada contatti dal termine del Sei Nazioni. Il caso Parisse? Non c’entra nulla” (ph. Sebastiano Pessina)

L’ingaggio di Gonzalo Quesada e la decisione di non rinnovare Kieran Crowley, e quindi di cominciare un nuovo ciclo dopo il Mondiale con il tecnico argentino, ha generato le reazioni più disparate. Sulla natura di questa scelta sono state fatte diverse ipotesi e proprio per questo OnRugby ha voluto sentire il presidente Marzio Innocenti per capire quale sia sia stato il vero percorso che ha portato il tecnico argentino sulla panchina della Nazionale: “In Italia abbiamo sempre pensato di mettere a posto la casa quando sta per crollare. Io sono dell’idea che si debba cominciare a lavorare su una casa quando è ancora bella, per migliorarla. Vorrei fosse chiaro che questo non è né un colpo di testa, né una scelta istintiva, ma una programmazione che riguarda il tipico ciclo di ogni Nazionale di rugby, che va da Mondiale a Mondiale” spiega Innocenti.

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Presidente, quando è cominciato il percorso che ha portato Quesada sulla panchina dell’Italia?

“Alla fine del Sei Nazioni abbiamo iniziato a ragionare sul fatto che un altro ciclo con Crowley avrebbe significato avere lo stesso allenatore per 6 anni, che sommati ad altri 5 al Benetton fanno 11. Questa cosa poteva creare dei problemi, perché potrebbero esserci esigenze diverse nei prossimi 4 anni, e abbiamo pensato che dopo 2 anni sicuramente belli con Kieran, che ha sistemato tante cose nell’ambiente e ha dato un nuovo approccio e una nuova convinzione ai ragazzi fosse arrivato il momento di puntare su un tecnico abituato all’altissimo livello e soprattutto abituato a vincere grandi partite. È stato un passaggio necessario, condiviso con tutti. Con Quesada e con gli altri candidati i contatti sono cominciati al termine del Sei Nazioni”.

A quali problemi ed esigenze si riferisce?

“Quando un metodo di lavoro diventa abitudine, è difficile che possa dare dei risultati importanti. I ragazzi crescono, nel 2021 erano ancora un po’ spaventati, adesso sono uomini consapevoli pronti a confrontarsi faccia a faccia con gli avversari pensando di poterli battere. Non nascondiamoci, fino a qualche anno fa l’Italia scendeva in campo sperando che le cose non si mettessero troppo male, adesso i ragazzi vanno in campo per vincere la partita. Non voglio più vederli distrutti e piangenti come dopo la partita con la Scozia, perché ce l’avevamo in mano e l’abbiamo persa, o come contro il Galles, quando era chiarissimo che eravamo più forti di loro, così come in Georgia. Questa squadra può vincere tutte le partite in cui è superiore, e battere anche qualcuno che è superiore a lei. Le squadre del livello 1 sono queste: noi pensiamo che con Gonzalo possiamo fare questo ulteriore passaggio. Non che Kieran non fosse in grado, ma abbiamo fatto una scelta diversa”.

Era finito il ciclo quindi?

“Non ancora, ma sarebbe finito, e ci saremmo ritrovati a rincorrere la situazione. Ripeto ciò che ho detto all’inizio: la casa si sistema quando è a posto, non quando sta cadendo, e il rugby italiano dovrebbe iniziare a ragionare sempre così, invece di inseguire delle emergenze. Ci sono persone che ora stanno incensando Crowley, dicendo ‘quanto siamo stati cattivi noi della Federazione perché lui voleva restare’, che sono le stesse che quando l’ho scelto due anni fa dicevano che era bollito e che stavamo prendendo uno scarto del Treviso. Purtroppo sui social e sulla carta stampata le cose rimangono scritte”.

Se ne è parlato molto anche in relazione al “caso Parisse”…

“A parte che non sarebbe minimamente possibile mettere sotto contratto un allenatore come Quesada in 15 giorni, visto che parliamo di un tecnico che aveva offerte di altissimo livello, da grandi club, sulla questione Parisse ho deciso di restare lontanissimo dalla decisione del commissario tecnico. A Kieran ho detto ‘sei libero di fare la tua scelta’, che poi posso condividere o meno, ma francamente mi fa sorridere leggere che le due cose siano collegate. Il problema è che il rugby italiano è ancora a questo livello: se vogliamo muoverci ed elevarci tutti devono fare la loro parte, anche quelli che scrivono queste cose senza rendersi conto di quanto sia ridicolo dire che la mancata conferma di Crowley è la conseguenza di una ripicca per la mancata convocazione di Parisse”.

Cosa l’ha colpita di Quesada?

“A me piaceva molto come giocavano i suoi Jaguares, in particolare in attacco, al quale si univa una difesa molto dura e molto ‘latina’. Allo stesso modo, ho notato che la difesa dello Stade Français è veramente di alto livello, e lo stesso Gonzalo ha detto una cosa che mi ha colpito e mi trova totalmente d’accordo: ‘per giocare bene in attacco bisogna difendere bene’. In più, mi ha colpito molto dal punto di vista umano la sua volontà di ottenere i risultati, non ha paura della pressione ed è portato a far sviluppare l’intero sistema, cosa che a noi interessa moltissimo. Infine, lui ha rinunciato a delle offerte davvero importanti, forse irrinunciabili, per venire da noi: questo vuol dire che ha davvero grandi ambizioni. Io gli ho detto chiaramente quali sono gli obiettivi della Federazione, e vi assicuro che non sono di basso livello, anzi. Forse sopra c’è solo il cielo (ride, ndr) e il fatto che abbia accettato dicendo che vuole lavorare per quello mi ha fatto capire che era l’allenatore giusto”.

Peraltro Quesada ritrova German Fernandez: nel 2019 il primo allenava i Jaguares che conquistarono una storica finale di Super Rugby, e il secondo era direttore dell’alto livello della Federazione argentina. Ha pesato anche questo nella scelta?

“Gonzalo e German insieme sono un valore aggiunto, loro due insieme non sono una somma ma una moltiplicazione, perché si conoscono e hanno già lavorato insieme. Il fatto di connettere l’alto livello giovanile con la Nazionale, tramite anche il direttore Daniele Pacini, è una cosa che ho considerato nella scelta”.

A livello umano, quanto è difficile prendere delle decisioni che sa già che sarebbero risultate impopolari. Pensiamo a quest’ultima, o al cambio del percorso di formazione. Come lo vive?

“Il desiderio di piacere a tutti credo sia umano, ma ho capito immediatamente che nella posizione in cui si trova chiunque debba governare un movimento bisogna dimenticarsi questa cosa. Non ambisco a piacere a tutti, faccio le cose e lascio che il tempo dimostri se ciò che ho fatto è giusto o sbagliato. Tiro dritto: l’ho fatto col Top 10, con la formazione e ora con la Nazionale. Posso ricordare un piccolo esempio: la scelta di eliminare quella follia delle deroghe sui campi in sintetico fu molto impopolare, ci dissero che stavamo distruggendo il rugby italiano. Oggi tutti i campi in sintetico d’Italia sono a posto, sono omologati e non più pericolosi, e ho avuto la soddisfazione di avere uno dei presidenti di club più critici nei miei confronti che alla fine mi ha dato ragione. Le scelte impopolari vanno fatte se si vuole davvero cambiare, altrimenti resterà sempre tutto uguale”.

Tornando al Mondiale, come ha reagito il gruppo squadra alla decisione di non confermare Crowley?

“Non ha influito in nessun modo. I ragazzi sono stati sempre tenuti al corrente delle scelte della FIR e hanno capito lo spirito che ha seguito questa procedura, ma non ci sarà nessun effetto, così come non ci sarà nessun effetto su Crowley. In questo momento lui è il nostro commissario tecnico, ha la nostra massima fiducia e deve fare un grande mondiale. Fare un grande mondiale, considerando il nostro girone, significa fare 4 partite al livello più alto che la nostra Nazionale può esprimere. Poi se queste 4 partite saranno coronate da 3 o 4 vittorie sarà un risultato incredibile, se ci saranno 2 vittorie sarà un risultato normale, meno di 2 vittorie sarebbe inaccettabile. Dovremmo fare attenzione soprattutto all’Uruguay: loro stanno preparando il Mondiale con l’obiettivo di batterci, e dobbiamo ricordarci la partita di 2 anni fa a Parma”.

Sulla questione Lamb e Odogwu, sia lei che Crowley sembravate aver messo una pietra sopra alla vicenda già ad aprile. Cosa è cambiato?

“Premesso che i criteri di scelta sono del commissario tecnico e noi non siamo intervenuti né su queste scelte né su quella di Parisse, va detto che su Lamb nessuno ha mai posto alcun veto. Semplicemente il giocatore aveva delle questioni contrattuali che gli impedivano di partecipare ai raduni del Sei Nazioni, e appena è stato disponibile alla convocazione ha accettato. Su Odogwu non avevo assolutamente apprezzato l’intervista in cui diceva che se non lo avesse convocato l’Inghilterra sarebbe venuto con l’Italia, e lo dissi apertamente. Odogwu ha detto che non era quello lo spirito di quelle parole, ma gli ho fatto presente che adesso sta a lui dimostrare di meritare un posto in Nazionale, e credo abbia capito lo spirito che bisogna avere per integrarsi nel gruppo”:

Francesco Palma

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