Iconografia di Sergio Parisse in 7 momenti

Una selezione di istantanee della carriera di Sergio Parisse, un giocatore unico che ha segnato il rugby italiano

Sergio Parisse – ph. Sebastiano Pessina

Sono almeno 10 anni che Sergio Parisse è ricoperto di lodi. Un decennio di carriera in cui un giocatore ha già lasciato la propria traccia nel firmamento del rugby mondiale.

Quante conferenze stampa, quante interviste, quante dichiarazioni degli avversari, allenatori e atleti, tifosi e giornalisti pronti a parlare dell’eccellenza delle sue doti, della sua capacità di essere decisivo, delle sue abilità tecniche di un altro pianeta montate sul corpo di un atleta di élite.

Lui, nel frattempo, non ha fatto altro che confermare ad ogni piè sospinto quella sua monumentale grandezza, senza fermarsi alle parole, ma spiegandola coi fatti, con le azioni. Con i passaggi, i calci, le mete, gli assist, i placcaggi e tutto il resto. Anche con i trofei alzati, tutto sommato, nonostante abbia rappresentato una nazionale abituata suo malgrado alla sconfitta.

Difficile allora aggiungere qualcosa in più. Rimane il plauso e il piacere di rivedere le tappe chiave delle gesta di questo eroe cavalleresco che al posto di un destriero ha avuto per le mani le briglie di un pallone bislungo. Proprio come un fantino con il proprio cavallo, infatti, Sergio Parisse ha saputo guidare quella palla in un mondo incomprensibile alla maggior parte del resto della popolazione terrestre.

Leggi anche: Sergio Parisse ha raccontato come ha vissuto la sua ultima partita

Incipit

Nuova Zelanda v Italia, Waikato Stadium, Hamilton – Test match 2002

Otto giugno 2002. C’è un ragazzo alto, magro ma tenace, nella formazione dell’Italia. Indossa un caschetto grigio che ne nasconde la faccia da bambino. E’ il diciannovenne Sergio Parisse da La Plata, Argentina, figlio di un dipendente aquilano dell’Italtel emigrato per lavoro in Sudamerica.

L’Italia lo ha reclutato per la propria nazionale giovanile due anni prima, durante un tour. Ha appena firmato un contratto con il Benetton, il suo primo da professionista.

Nella clip sono raccolte tutte le azioni che lo videro coinvolto in quel 64-10 patito dall’Italia contro gli All Blacks di Andrew Mehrtens. Si riconosce già la corsa dinoccolata, si intravede una certa fantasia nelle sfide individuali, con John Kirwan che non ha paura ad affidargli il compito di coprire la profondità del campo per riportare su il pallone.

Il primo capitolo di una grande storia: la Rugby World Cup del 2003 che lo porta ad emergere come un talento cristallino, il primo Sei Nazioni del 2004, i due scudetti consecutivi con il Benetton.

Intercetto

Italia v Scozia, Stadio Flaminio, Roma – Sei Nazioni 2008

Della vittoria per 23-20 al Flaminio nel Sei Nazioni del 2008, tutti ricordano giustamente il drop di Andrea Marcato agli sgoccioli della partita, che permise di conquistare la partita nell’anno successivo al mondiale 2007, ai quarti di finale mancati, alla parziale rifondazione della nazionale.

Forse qualcuno in meno, complice il fatto che nel web si siano persi gli highlights di quel match, ricorda la fuga in solitaria di Sergio Parisse dopo un intercetto ben dentro i propri 22 metri.

Sul 17-10 per gli ospiti, nella ripresa, gli Azzurri sono asserragliati nella propria metà campo da una Scozia che appare la squadra più forte in campo.

L’intercetto è sempre stata un’arma cruciale di Parisse, abile ad anticipare lo svolgimento di un gioco compreso meglio della media dei giocatori. Il passaggio di Dan Parks è sua preda, le gambe reggono fino ai 22 metri avversari, poi i trequarti scozzesi stanno per recuperarlo. In quel momento Sergio sfodera un colpo di abilità clamoroso, con un lunghissimo passaggio verso l’interno del campo, correndo verso l’esterno. L’ovale dipinge una colombella che rimbalza gentile sul prato del Flaminio e finisce in grembo a Gonzalo Canale, l’unico con le gambe e le energie per star dietro al capitano e arrivare all’appuntamento con la meta che riapre la partita, la svolta, la cambia per sempre ed apre al gesto decisivo di Andrea Marcato.

Firma

Italia v Pacific Islanders, Stadio Giglio, Reggio Emilia – Test match 2008

Test match di novembre del 2008. L’Italia sfida i Pacific Islanders, una sorta di nazionale congiunta di Tonga, Samoa e Fiji dalla breve vita, esistita fra il 2004 e il 2008. Non è un bellissimo momento per gli Azzurri, che a partita inoltrata sono sotto di 15 punti (e perderanno poi la gara, regalando agli isolani l’unica vittoria della loro storia contro una nazionale maggiore)  .

E’ qui che per la prima volta chi scrive assiste a quella che diventerà poi una sorta di signature move di Sergio Parisse, una sua giocata simbolo, replicata a più riprese con l’assistente di Alessandro Zanni o Braam Steyn in luogo del Mauro Bergamasco della clip.

Sergio si alza dalla base, il numero 9 si allarga chiamando il pallone e fingendo una giocata 8-9, invece il terza centro azzurro passa brillantemente l’ovale dietro la schiena, con uno dei suoi colpi preferiti, e serve il flanker all’interno.

Zitti e buoni

Italia v Francia, Stadio Olimpico, Roma – Sei Nazioni 2013

Diventerà un’icona, stampata perfino sul petto di alcune t-shirt a tema rugby, il dito sul naso di Sergio Parisse a zittire tutti dopo la meta segnata in apertura di Italia-Francia del Sei Nazioni 2013, una delle partite più gloriose degli Azzurri nella storia del Sei Nazioni.

In un video girato per Gillette l’anno successivo dirà: “Tutti hanno pensato che volessi zittire lo stadio, io volevo solo calmare l’entusiasmo dei miei compagni.”

D’altra parte era solo il quarto minuto di gioco quando l’Italia, messa sul piede avanzante dalle cariche di Luke McLean e Alessandro Zanni, trova un varco nella difesa con Luciano Orquera che brucia gli avanti avversari e, tirata la corsa fin sui 22 metri, cede alla falcata imperiosa del suo capitano, che semina anche un giocatore rapido come Wesley Fofana per andare a schiacciare nel delirio totale dell’Olimpico.

Che quel dito contro il naso fosse però rivolto all’episodica arroganza dimostrata da stampa e ambiente francese ad ogni discesa in quel di Roma (era di due anni prima il titolo di giornale: vacanze romane), è un’idea che non ci toglieremo facilmente.

Parigi 2016

Francia v Italia, Saint-Denis, Parigi – Sei Nazioni 2016

Non succede spesso che l’Italia, al Sei Nazioni, riesca a mettersi nella posizione di vincere una partita. Quando quelle occasioni capitano, diventa vitale riuscirle a centrare. Nel 2016, a Parigi e nella prima giornata del Torneo, l’Italia ha avuto l’opportunità di firmare un successo storico, di quelli che portano il rugby sulla prima pagina dei quotidiani, ma a gioire alla fine è stata la Francia.

Dopo 80 minuti di battaglia, solo 2 punti separano le due squadre. I transalpini allenati da Guy Novès hanno segnato tre mete, con Vakatawa, Chouly e Bonneval. L’Italia è rimasta attaccata grazie alla meta dello stesso Parisse, in meta con tutto il pack da un drive, e al clamoroso full house di Carlo Canna (drop, meta, trasformazione e calcio di punizione), sembrando la squadra migliore in campo a più riprese, con due mete mancate sulla linea ancora dal capitano e da Michele Campagnaro.

Al 77′ Canna esce, lasciando il posto a Kelly Haimona. All’ottantesimo inoltrato l’Italia ha il pallone ed è nella metà campo avversaria, ha portato il pallone fin quasi ai 22 metri. Con un atto di coraggio e un pizzico di superbia, Sergio decide che tocca a lui calciare il drop della vittoria. D’altra parte nella sua storia di giocatore non è il primo.

Un drop dove c’è dentro tantissimo: la prima vittoria dell’Italia in Francia da Grenoble 1998, la pressione su una nazionale che non vince mai, l’eguale e contraria pressione su una squadra francese che non convince, la consacrazione di un giocatore che vive e gioca a Parigi da un decennio. Il personale e il collettivo, le motivazioni individuali e quelle della squadra, di un movimento intero.

La preparazione del drop è buona, ma all’ultimo ci dev’essere un’incomprensione: Parisse è profondo e pronto alla ricezione, Gori gli fionda il pallone, Haimona e Palazzani si stanno ancora schierando e finiscono un po’ in mezzo al tutto. Sergio cerca di colpire la palla bassa, secca, per avere la potenza necessaria, ma strozza un po’ l’impatto e il pallone chiude a sinistra dei pali.

Abbassa gli occhi, si toglie il paradenti, l’arbitro fischia la fine, scuote la testa.

Ha detto l’ex Azzurro George Biagi in un’intervista a Il Foglio qualche giorno fa: “Di sicuro non abbiamo perso la partita per colpa di Sergio, devo dire che in allenamento l’ho visto mettere dentro dei drop che tanti trequarti non avrebbero messo dentro. Non mi stupì che si prese quella responsabilità, perché è sempre stato un giocatore coraggioso, un esempio per tutti.”

Tutto il repertorio

Stade Français v Cardiff Blues, Stade Jean Bouin, Parigi – Champions Cup 2017/2018

Nella stagione 2017/2018, per decidere la ventesima squadra qualificata alla Champions Cup, viene tenuto un barrage, già nel maggio 2017, tra una squadra francese, una inglese e due provenienti dall’allora Pro12. Lo Stade Français di Sergio Parisse, vincitore della precedente Challenge Cup, ospita al primo turno i Cardiff Blues di Josh Navidi e Gareth Anscombe.

I gallesi combattono, ma sembrano destinati a soccombere. Poco dopo l’ora di gioco il punteggio è di 36-21 per i padroni di casa, con gli ospiti disperatamente all’attacco per provare a riaprire il match. Il mediano di mischia Lloyd Williams raccoglie dalla base e, dopo mezzo passo, sceglie di passare al primo giocatore in piedi con una superiorità di circa 6 uomini contro uno al largo.

Intuendo in anticipo lo svolgimento dalla giocata, Parisse, che è l’ultimo disperato difensore, esce fuori forte dai blocchi e intercetta l’ovale. Prende in controtempo Ellis Jenkins e va in fuga in campo aperto. Mentre tutta la squadra avversaria gli torna sotto come un alveare di api sull’intruso, lui mette in mostra tutto il suo repertorio tecnico: non solo il classico intercetto, ma anche la pennellata con il destro a tagliare il campo, colpendo i Blues dove sono scoperti.

Ai compagni rimane il solo compito di portare il pallone sotto i pali, ai commentatori della tv francese di esclamare: quelle panache!

L’ultima pennellata

Tolone v Benetton, Stade Felix Mayol – Challenge Cup 2022/2023

Il finale di carriera di Sergio Parisse gli è calzato a pennello. Dopo aver lasciato lo Stade Français, il numero 8 è riuscito a ritrovare una casa nello spogliatoio di Tolone, dov’è diventato immediatamente centrale, pur nei limiti fisici del suo finale di carriera.

Con i rossoneri è riuscito anche ad alzare un trofeo, infine. Per farlo, è dovuto passare sopra il metaforico cadavere della squadra che gli ha dato il battesimo nel rugby professionistico, il Benetton. Una partita carica di significato anche per la sua vicinanza alle convocazioni dell’Italia per la Rugby World Cup, con già nell’aria il presagio della sua assenza.

Parisse, nella parte finale della carriera, ha perso buona parte del suo straripante atletismo, ma ha affinato in maniera iperuranica la sua già superiore lettura delle situazioni di gioco. L’assist per Duncan Paia’aua è degno di un grande mediano di apertura per decision making ed esecuzione, mentre lui, per il resto della partita, continuerà a gestire la rimessa laterale, a pulire punti d’incontro, a portare avanti il pallone nello stretto. In questa combinazione di capacità, la sintesi finale di un giocatore capace di fare tutto.

Lorenzo Calamai 

 

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