Cosa pensare del campionato italiano?

Alcune riflessioni sul Top 12, a poche ore dal fischio d’inizio della nuova stagione per il massimo torneo nazionale

petrarca calvisano

Un’azione di gioco da Petrarca-Calvisano, le due finaliste dello scorso campionato (ph. Ettore Griffoni)

È pur sempre il nostro campionato. Bistrattato dai media, mal gestito da una Federazione poco lungimirante, privato di un valore proprio per assecondare il sistema verticistico italiano, impoverito economicamente e tecnicamente, secondo alcuni anche di intralcio alla crescita dei giovani usciti dal percorso dei Centri di formazione e Accademia, trattato in poco modo professionale dai club stessi.

Negare certe evidenze sarebbe piuttosto difficile, ma la passione che muove migliaia di persone da settimane – considerando pure tutta la fase di preparazione – e le muoverà nei prossimi mesi non può (non deve) essere sminuita troppo facilmente. Del resto, i club sono e resteranno il motore immobile del movimento, le emanazioni di tante identità diverse tra di loro in cui c’è chi ancora ritrova un senso di appartenenza, una tradizione o un legame con il proprio territorio. Tutto questo non si può ignorare. Nemmeno in un contesto profondamente disagiato come il Top 12 (per carità, non sarà il nome più consono possibile, ma qualunque cosa sarebbe stata meglio del suo confusionario predecessore).

Lo Scudetto conta ancora qualcosa, insomma: per dubbi e chiarimenti, domandate al Petrarca di Alberto Saccardo o di un tifoso speciale come Mattia Bellini, singhiozzante ai microfoni di The Rugby Channel nel post partita della finale; o perché non al Rovigo, dove una vittoria quest’anno rappresenterebbe l’estasi viste le tante tribolazioni degli ultimi mesi. Calvisano, invece, vorrà riprendersi il suo posto in vetta dopo la finale persa. E le Fiamme Oro? Per i cremisi, uno Scudetto coronerebbe un progetto che ha attirato non poche critiche.

C’è chi vorrebbe sovvertire queste gerarchie, anche se forse non ha le potenzialità per farlo: Viadana, Medicei, Valorugby, San Donà, Verona… E chi, invece, affilerà le armi e si chiuderà in trincea per evitare la retrocessione in Serie A: Mogliano, Lazio e Valsugana su tutte, ma anche una delle sopraccitate qualora le cose non dovessero andare per il meglio. Potremmo vedere un gioco meno aperto o meno spettacolare in alcune partite, ma con una salvezza da raggiungere sarebbe impensabile vedere le ‘piccole’ adottare uno stile figiano, soprattutto se la lotta – come ci auguriamo noi, da fuori – si dovesse protrarre fino all’ultima giornata. L’aupiscio, in ogni caso, è che l’eventuale conservatorismo non si tramuti in distruttività e anti-gioco.

Per una volta, inoltre, il campionato sembra essere davvero “il più interessante degli ultimi anni”, come spesso è stato ripetuto ad ogni inizio stagione. Di seguito qualche considerazione sparsa in merito:

  • ventiquattro ragazzi su trenta dell’ultima nazionale Under 20, quella arrivata ottava ai Mondiali e vittoriosa due volte al Sei Nazioni, giocheranno nel Top 12, molti dei quali si presuppone anche con un corposo minutaggio;
  • il torneo si è arricchito della presenza di giocatori di spessore internazionale e molto apprezzati in Italia come Francesco Minto, Lorenzo Cittadini e Michele Rizzo, o di atleti capaci di fare la differenza a questo livello come Matteo Zanusso e Samuela Vunisa;

  • la classe media si è oggettivamente rinforzata sul mercato, ad eccezione forse del San Donà che ha ceduto diverse pedine importanti. I Medicei se ne sono accaparrate alcune, più Minto e De Marchi; il Valorugby si è assicurata Junior Ngaluafe (ex Fiamme Oro) e Cardiff Vaega, giocatore dal curriculum importante, ma anche Mirko Amenta e Emilio Fusco; a Viadana sono arrivati Di Marco, Ruffolo, l’ex Jaguares Guillemain di cui si parla molto bene e l’enorme Criff Tupou, fratello del Wallabie Taniela; Verona, pur essendo una neopromossa, ha aggiunto giocatori come Buondonno, Bernini, Delfino, Salvetti, Mortali e Zanini già abituati alla categoria, più Cittadini e tanti elementi di spicco già presenti in rosa;

  • la lotta salvezza si annuncia molto affascinante, con le tre squadre già citate coinvolte in primis. Ma la cosa eccezionale, dateci retta, è avere la possibilità di vederla, una lotta salvezza;

  • si giocherà molto di più, senza eccessive pause che rischiano di far cadere in un momentaneo dimenticatoio il campionato. Ci si fermerà a fine novembre, in concomitanza dell’Italia, una a fine dicembre, una a fine febbraio, una per le squadre non impegnate nella finale di Coppa Italia a fine marzo e un’altra nel weekend del 20 aprile;

  • gli stranieri reclutati dall’Italia non hanno quell’appeal tale da richiamare allo stadio persone in più, ma nessuno di loro arriverà nel nostro Paese per svernare, visto che dei 21 giocatori arrivati dall’estero (escluso Vunisa, che in Italia ci era già stato), solo in tre superano i trent’anni, tra l’altro di poco: il terza linea della Lazio Rodrigo Bruno, il seconda linea del Valsugana Geronimo Albertario e il mediano d’apertura del Mogliano Mark Jackman. Qualcuno potrebbe non adattarsi al meglio, certo, ma vista la carta d’identità tutti – sia chi è nel suo prime, sia i più giovani – arrivano con la voglia di dimostrare qualcosa e di cominciare magari un nuovo percorso in carriera.

È sufficiente per considerarlo più interessante rispetto allo scorso anno? Senza timore, diciamo di sì. È sufficiente per guadagnarsi maggiori spazi e considerazioni al di fuori del pubblico già affezionato al rugby domestico? No, ovviamente.

In attesa di capire quale valore aggiunto potrebbe portare l’eventuale Lega di club del futuro, il monito da seguire dovrebbe essere quello del presidente delle Fiamme Oro, Armando Forgione, in una dichiarazione rilasciata di recente: “[…] Ritengo che anche i vertici del nostro sport debbano fare qualche sforzo in più per far sì che la palla ovale italiana, non solo quella che indossa la maglia azzurra o quella delle franchigie, sia un prodotto sempre più appetibile alle masse. Insieme, sono convinto che potremo farcela”. C’è un problema, però: a sforzarsi non dovrebbe essere la sola Federazione, ma anche tutti i club con maggiore professionalità, spesso sconosciuta. E insieme.

L’attesa continua. Intanto, godiamoci il nostro campionato, per quanto possibile.

Daniele Pansardi

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