Le nuove Zebre che divertono: cinque perle della stagione bianconera

Sotto la guida di Bradley, la franchigia parmigiana è cresciuta notevolmente e sa anche regalare grande spettacolo

 

Ph. Luca Sighinolfi

Ph. Luca Sighinolfi

Che le Zebre Rugby siano una realtà ben diversa rispetto alla scorsa stagione è cosa nota. E non parliamo delle vicende extra rugbistiche e societarie, comunque rilevanti per garantire solidità a squadra e staff tecnico, ma esclusivamente di quanto abbiamo potuto ammirare dai bianconeri da settembre a sabato scorso sul campo. Soltanto un anno fa la squadra ducale appariva abulica e fatalista, e rispettava fedelmente il principio più famoso della legge di Murphy: “Se qualcosa può andar male, andrà male”.

 

Tutto ciò perlomeno fino all’estate scorsa, quando l’approdo di Michael Bradley alla Cittadella di Parma ha rivoltato le Zebre come un calzino e le ha tirate fuori da quella bolla di mediocrità in cui sembravano essere rimaste fin troppo tempo, a dimostrazione di come la gestione  bianconera non fosse soltanto deficitaria a livello economico, ma anche tecnico. Il coach irlandese ha tolto il cospicuo strato di polvere accumulatosi negli anni sugli ottimi talenti presenti in rosa, (pensate alle prestazioni dei vari Fabiani, Castello, Boni, Bisegni, Bellini, Violi e Canna della stagione passata e confrontatele con quelle attuali: la differenza è tutt’altro che ridotta) valorizzando gli innesti di qualità provenienti dall’Eccellenza (il grande impatto di Giammarioli, Licata e Minozzi) e dall’estero, con stranieri finalmente utili alla causa come Sisi e Gaffney.

 

Lavorando sui singoli e sulle loro capacità in parte sopite, Bradley è riuscito a creare attorno a loro un contesto in cui tutti sembrano trovarsi a loro agio e, soprattutto, adatto al livello richiesto dal Pro14 e dalla Challenge Cup (seppur con una rosa davvero competitiva ridotta ad una ventina di uomini). Il cambiamento radicale delle Zebre ha sorpreso anche gli allenatori delle squadre estere, stupiti dall’approccio votato all’attacco dei bianconeri e dalla confidenza con cui i ducali provano a giocare alla mano in ogni zona del campo, cercando spesso anche soluzioni complicate.

 

Quello zebrato, però, non è solo coraggio o spavalderia, ma anche consapevolezza di poter creare in qualunque momento un’occasione pericolosa, sfruttando la velocità, il dinamismo e la notevole tecnica sviluppata in questi mesi. E il numero di mete segnato a questo punto della stagione, rispetto ad un anno fa, è quasi triplicato: 13 contro 34.

 

Pur essendo ancora fragili nella gestione della partita, le Zebre insomma hanno avuto il merito di migliorare diventando pure una squadra divertente e brillante, con sprazzi di rugby a cui il pubblico italiano probabilmente non era nemmeno così tanto abituato. Per riassumere in parte le doti e le importanti potenzialità bianconere, abbiamo deciso di stilare un Power Ranking delle cinque mete più belle segnate dalla franchigia fino ad ora. Poterlo fare già a dicembre (per di più lasciandone fuori anche altre meritevoli di una citazione) è un’ulteriore segnale della naturale propensione degli uomini di Bradley a regalare momenti di spettacolo gradevole. Godetevele.

 

 

5. Tommaso Castello – Zebre vs Pau 

Uno schema semplice, efficace e eseguito alla perfezione: da touche, Canna invita Venditti, nascosto alle spalle, a penetrare nel canale rimasto scoperto dall’ultimo uomo dei francesi partecipante alla rimessa laterale e il primo schierato in linea. L’aquilano fa le due cose fondamentali richieste in questo caso: caricare a testa bassa e riciclare per Castello, facendolo oltretutto con uno splendido offload rovesciato. Il tutto in pochissimi secondi. Il centro è puntuale nel sostegno e marca il 24-7 in una partita poi, purtroppo per i bianconeri, davvero sciagurata.

 

 

 

4. Giovanbattista Venditti – Zebre vs Connacht

Questo splendido contrattacco avrebbe meritato anche una classifica più alta, ma la deviazione del giocatore di Connacht sull’ultimo passaggio di Bisegni verso Bellini smorza l’estetica dell’azione, oltre a ricordarci che la perfezione non esiste. Raccontare questa meta è anche un modo per sottolineare il grande salto di qualità compiuto da Giulio Bisegni (uno dei più migliorati in assoluto) e l’elettricità del diavolo Minozzi, il giocatore più unico nel panorama italiano per il semplice fatto di essere alto 180 cm e di pesare appena 77 kg. Venditti, invece, diventa protagonista un po’ per caso, e il primo cambio di direzione errato (con cui ritorna addosso al difensore) lo dimostra.

 

 

 

3. Tommaso Boni – Zebre vs Pau

Il primo tempo contro Pau è senz’altro una delle pagine di rugby più belle scritte dalle Zebre Rugby dal 2012 ad oggi, il che aumenta i rimpianti su come sia finito male quel match. I francesi hanno accusato il colpo della prima meta di Licata, e si fanno trovare impreparati sul restart successivo. Bisegni, forse stanco di sentirsi dire che O’Shea lo metteva ala solo per la fase difensiva, fa sedere il diretto avversario nell’uno contro uno e dà il via ad un contrattacco micidiale, che passa prima per le mani di Minnie e poi per Boni, puntuale nel seguire l’azione.

 

 

 

2. Tommaso Boni – Zebre vs Gloucester

Nel rugby, un passaggio in mezzo alle gambe fatto alla cieca può essere equiparato al tweener del tennis, ovvero lo spettacolare colpo effettuato dando le spalle alle rete e con la palla fatta passare – per l’appunto – in mezzo alle gambe. In questo senso, sabato contro Gloucester Carlo Canna ha tirato fuori dal cilindro un vero e proprio pezzo di bravura à la Roger Federer. Il beneventano non è nuovo a soluzioni improbabili e azzardate, e questa probabilmente è una delle migliori esibizioni del suo istinto applicato alla palla ovale, anche perché il passaggio per Matteo Minozzi è perfetto. L’estremo poi aggiunge la ciliegina alla torta con un bell’offload, che trova l’onnipresente Boni a sostegno.

 

 

1. George Biagi – Zebre vs Cheetahs 

Quando avvertite un forte pessimismo verso il rugby italiano, oppure quando volete spiegare a qualcuno il cambiamento avvenuto nelle Zebre quest’anno, ricordatevi di questa meta. Non è un contrattacco, quindi una fase di gioco in cui la difesa può essere posizionata male; non c’è stata una fase statica, quindi la possibilità di usare schemi predefiniti e di avere grandi porzioni di campo da esplorare. C’è una difesa schierata e un attacco che deve cercare di manipolarla, per trovare gli spazi e i tempi giusti per affondare il colpo. In quest’azione contro i Cheetahs, le Zebre lo fanno nel miglior modo possibile, sfruttando tutta la larghezza e del campo e aprendosi i varchi a colpi di offload, accelerazioni brucianti e pulizie rapide. Trentuno secondi di grande rugby.

 

 

Daniele Pansardi

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