Ovale Internazionale: con quella faccia un po’ così

L’epopea europea di Nick Evans, che ha deciso di lasciare a fine stagione

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Questa è una storia di un amore, una storia molto personale. Ho incominciato a tifare, o forse meglio, a simpatizzare per gli Harlequins nel momento in cui Nick Evans ha incominciato ad indossare la maglia numero dieci della squadra multicolore.
Da All Black, Evans non mi aveva mai particolarmente impressionato; impareggiabile il confronto con un Carter all’apice della sua onnipotenza ovale. Ma una volta lasciate le patrie sponde per emigrare nel campionato più bello del mondo (opinione personale sulla quale non si accettano discussioni), la fantasia e lo sguardo un po’ malinconico sotto quei riccioli biondi mi hanno conquistato, grazie anche a una squadra dimenticata dal rugby inglese che dopo tanti anni tornava a vedere la luce proprio mentre io cominciavo a seguirne le gesta.
Oggi gli Harlequins hanno pubblicato un comunicato firmato dal mediano di apertura trentaseienne che annuncia il ritiro dal palcoscenico ovale alla fine della stagione, andandosi ad aggiungere a Mike Phillips, Marcos Ayerza, Kelly Brown e, ultimo cronologicamente, Drew Mitchell. Lascia il campo uno dei Preferiti, con la P maiuscola, uno di quelli che con la sua presenza è stato capace di cambiare il volto a una squadra, ingranaggio fondamentale di una macchina che tra alti e bassi ha lasciato il segno nell’ultimo decennio di rugby europeo.

 

From Auckland with love

“Domando genuinamente: c’è mai stato un giocatore che abbia avuto un impatto del genere sul nostro club?” ha dichiarato John Kingston, Director of Rugby dei Quins, ai media in seguito all’annuncio del ritiro di Nick Evans. Non sono solo le 206 presenze per 2217 punti (una media di quasi undici punti a partita) con il club londinese, conditi precedentemente da sedici caps con la Nuova Zelanda, a farne uno dei migliori giocatori australi ad aver calcato il palcoscenico europeo. È lo stile particolare di un giocatore dall’aspetto demodé che ha colpito l’immaginazione con le sue caratteristiche particolari dentro il campo e il suo profilo umile e professionale fuori dallo stesso: uno di quei giocatori che, si capisce lontano un miglio, riescono nelle cose che fanno perché, semplicemente, è col cervello che arrivano anni-luce prima.

 

Video semplicemente epico: Nick Evans e Brian O’Driscoll spiegano una giocata piuttosto semplice, ma ogni parola è una goccia di preziosissima rugiada da non lasciar cadere. A un certo punto, O’Driscoll chiede: “Che cosa guardi di lui? (il difensore esterno, rappresentato dal conduttore)”, Evans: “La situazione ideale è quella in cui riesco a guardarlo negli occhi. E così posso usare il vecchio trucco del finto sguardo dietro, così quando mi vedrà guardare il giocatore alle tue spalle non potrà seguire il taglio, mentre io so esattamente dove sarai”

 

Prima di approdare a Londra nel 2008, Evans aveva tentato la fortuna in patria, riuscendoci con alterne fortune. Dopo essere emerso con North Harbour nel campionato nazionale neozelandese a partire dal 2001, alternandosi fra il ruolo di apertura e quello di estremo, invero rivestito più spesso, Evans riesce ad ottenere un contratto nel Super Rugby a partire dal 2004. Sono gli Highlanders a volerlo, per impiegarlo soprattutto come numero 15, nei tre anni successivi.

È da estremo che, quell’anno, inizia la sua avventura con gli All Blacks, partendo titolare nei test match contro Inghilterra e Argentina. La stagione successiva Evans viene spostato finalmente a numero dieci sia nell’allora NPC che poi nel Super Rugby. Se momentaneamente non viene convocato nuovamente con la nazionale, è perché per il momento dietro al titolare Dan Carter gli viene preferito Luke McAlister. Quando nei test match del novembre 2005 McAlister rimane vittima di un infortunio è Evans a essere convocato, impressionando contro Irlanda e Scozia.
Nel 2006 un infortunio condiziona la sua stagione, ma l’anno successivo è convocato per la coppa del mondo in Francia come principale alternativa a Carter. Parte da titolare nel match contro il Portogallo stradominato dai neozelandesi, segnando 33 punti figli di una meta e quattordici trasformazioni.

Quella pazza partita dei quarti di finale contro la Francia, dove gli viene preferito uno zoppicante Carter, e dove Evans quando entra in campo sembra poter dare una svolta ma si infortuna a sua volta, rimarrà la sua ultima presenza con gli All Blacks. Una sconfitta per 20 a 18 che ha lasciato un segno nel rugby neozelandese, ma che probabilmente rese chiaro a Evans che sarebbe sempre stato all’ombra di uno dei migliori di sempre, Dan Carter.
Dopo un’ultima stagione di Super Rugby, stavolta con i Blues di Auckland, Evans non viene convocato per il Tri Nations dopo aver confermato di aver firmato un contratto dall’altra parte del mondo, destinazione Londra.

 

Arlecchino

Nel 1870 i membri dell’Hampstead Football Club non sono più solamente i locali, il club è riuscito ad ampliarsi e c’è la necessità di trovare un nuovo nome, mantenendo però il monogramma HFC.
La metà dei soci voterà per il nome Harlequin Football Club, dopo che la parola Harlequin venne letta da un dizionario presente al club. L’altra metà dei soci decise di scindersi, fondando un nuovo club londinese: sarebbero poi diventati i London Wasps.

Difficile trovare una squadra con una storia così importante e profonda nella palla ovale inglese, eppure una storia che nell’ultimo decennio è tornata a brillare dopo un breve periodo di oblio. Sebbene il nuovo millennio fosse iniziato all’insegna della doppia vittoria della Challenge Cup nel 2001 e nel 2004, nel 2005 il club subì la retrocessione dalla prima divisione inglese.
Tornati prepotentemente in Premiership la stagione successiva, gli arlecchini ricominciano un percorso di crescita grazie a un roster che si fonda sulla presenza di diversi internazionali come Nick Easter, Danny Care, Mike Brown e con l’ascesa di Chris Robshaw.

Dopo un sesto posto nella stagione 2007–2008, la proprietà decide di fare un massiccio investimento e portare in arlecchino, per la stagione successiva, il centro argentino Tiesi, il tongano Epi Taione e Nick Evans dai Blues. La squadra ha una marcia in più e chiude seconda in campionato, finendo la propria corsa in semifinale contro i London Irish.

 

Lo Stade Français è una delle vittime preferite di Nick Evans e degli Harlequins. Qui nel finale del match decisivo del passaggio del girone, dopo innumerevoli fasi, l’apertura neozelandese decide con un drop

 

È l’anno dell’exploit anche nella Heineken Cup. Dopo essere passati alla fase ad eliminazione diretta vincendo il proprio girone con una spettacolare vittoria sullo Stade Français all’ottantaquattresimo minuto grazie a un drop di Evans, già diventato uomo di punta della squadra londinese, gli Harlequins incappano nella corazzata Leinster.
Un momento alto nella storia della squadra si trasforma in uno dei più bassi dell’intero movimento ovale a causa del Bloodgate: per rimettere in campo l’infortunato Evans al fine di calciare una punizione che avrebbe potuto dare la vittoria agli Harlequins, l’ultima riserva della squadra, Tom Williams, morde una fiala di sangue fingendo di dover uscire per suturare la ferita.Una brutta storia che finirà per avere però ripercussioni solamente su Dean Richards, l’allenatore della squadra, e il medico sociale, non sui giocatori. L’addio forzato di Richards alla fine della stagione successiva, quando lo scandalo esplonde, porta un nuovo coach sulla panchina dei Quins: Conor O’Shea.

 

O’Shea e la squadra inagurano il nuovo corso con una discontinuità di prestazioni: la squadra non ingrana in campionato e chiude settima, ma la Challenge Cup 2011 è cosa loro: 19 a 18 contro la vittima prediletta Stade Français in finale, e i Quins diventano la squadra ad aver vinto più Challenge Cup in assoluto.
Con l’aiuto di un Robshaw formato maxi, la stagione successiva Nick Evans calcia fra i pali 20 punti per conquistare la finale della Premiership contro i Leicester Tigers con il risultato di 30 a 23.

Il coronamento di un progetto sportivo di crescita che ha messo al centro il talento di un parco giocatori invidiabile, che la società è riuscita a tenere insieme nel corso del tempo. Fra questi, guida della squadra e artefice principale dei successi, Nick Evans da Auckland, che ha deciso di appendere gli scarpini al chiodo alla fine della stagione, chiudendo con questa decisione un’intera epoca per il club con le maglie a quadri.

 

di Lorenzo Calamai
Ovale Internazionale

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