Pro Rugby USA: in America è partito il treno ovale, Filippo Ferrarini ce lo racconta

L’ex Zebra inizia su OnRugby il suo diario a stelle e strisce. Impressioni, notizie e curiosità da un “Nuovo Mondo”

ph. Paul Harding /Action Images

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Ha lasciato la sua Parma da qualche settimana per iniziare un’avventura negli USA che chissà dove lo porterà. Filippo Ferrarini, terza linea di grandi speranze finora frenato da gravi infortuni è in Ohio e terrà per OnRugby una sorta di diario in cui racconterà la sua american way of life. Questa è la prima “puntata”.

 

L’America. L’America è il paese delle opportunità, è il paese dove nei primi del ‘900 si emigrava dall’Italia con una valigia di cartone chiusa con lo spago. Io sono “emigrato in America”, non ho una valigia di cartone ma due scarpette coi tacchetti. Sono convinto che sia una grande occasione per me per vivere una esperienza incredibile, ma sono ancora più convinto che sia un’opportunità enorme per il movimento rugbistico mondiale. Approdare in questo Stato dove si respira sport ovunque, dove non puoi andare a prendere il caffé senza imbatterti in una o più partite sportive alle tv (siamo in America, quindi ogni locale è fornito di una decina di schermi, amano fare le cose in grande qua…) di qualsiasi disciplina e di qualsiasi categoria, dal campionato high school alle più blasonate leghe di NBA e NFL. Cammini per strada e 3 persone su 5 indossano un capo di abbigliamento della squadra della propria città. L’America ama lo sport e sta aprendo le sue braccia enormi verso il rugby.
Io mi trovo a Columbus, Ohio, città che registra 836mila anime, di cui oltre 100mila si sono recate una settimana fa ad  una partita interna della squadra di college locale di football!!! (E se non ci credete, guardate qui…) Il bacino di appassionati allo sport è incredibile e le possibilità di far nascere nuovi appassionati è incalcolabile.

 

Domenica 17 aprile, come ha annunciato lo speaker al calcio di inizio “history start now”, la storia inizia ora. Che in realtà è un po’ una “americanata” ma credo sia la verità, e qui la stanno vivendo così. Con tanta gente che sta facendo tutto il possibile per far sì che l’american dream del rugby si avveri. Le possibilità sono infinite, le strutture sono incredibili e tutti stanno lavorando ad un piano comune mettendo un piede davanti all’altro senza voler strafare ma con una voglia di imparare e fare il massimo che è davvero da ammirare. La mia squadra (Ohio) ha giocato a Denver: temperatura proibitiva e tempesta di neve, sugli spalti 2.750 persone (numeri che -purtroppo – a volte non raggiungiamo nemmeno nelle migliori partite del campionato italiano), pubblico che si è fatto sentire,  è stato coinvolto e ha partecipato, ovviamente in stile americano. Per chi di voi segue l’NBA, sugli spalti sono apparsi quei “faccioni” di cartone che distraggono i giocatori duranti i tiri liberi!

 

Il gioco è un po’ differente, più simile al Seven che al classico rugby europeo, però divertente. Atleti incredibili e una voglia di far vivere la palla che porta anche il più pilone dei piloni a fare un offload simil-SBW (ho detto “simil” perché resta pur sempre un pilone).
Lo stile del gioco è strutturato per fare colpo sul pubblico USA: vogliono vedere mete, passaggi e giocate spettacolari (sono più abituati al rugby a 7), la gente si vuole divertire. Anche le regole sono adattate: non esiste pareggio e in caso di parità sudden death! Nelle mischie, argomento che a molti farà storcere il naso, sono permessi solo due reset, al secondo verrà dato un calcio di punizione indiretto per permettere di velocizzare il gioco.
Gli USA hanno appena obliterato un biglietto in direzione rugby. Non sono sicuro quante fermate effettuerà per arrivare, ma sono certo che è un treno che arriverà a destinazione. Alla prossima!

 

di Filippo Ferrarini

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