Champions o Challenge Cup? Un dilemma dalla risposta non scontata

Per una squadra italiana andare in Champions che vantaggi dà? Siamo proprio sicuri che la Challenge non sia meglio?

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Benetton Treviso punti 18, Zebre punti 15. Sabato si parte da qui. Alle 16 le dodici squadre di Guinness Pro12 scenderanno in campo in contemporanea per giocarsi gli ultimi 80 minuti di stagione regolare e in classifica c’è chi vuole a piazzarsi il meglio possibile per giocare le semifinali in casa propria (Ospreys, Glasgow, Munster e Ulster sono già qualificate ai play-off. Le prime tre partono da quota 70 punti mentre la squadra di Belfast è a 69) o per conquistarsi un piazzamento che porta in Champions Cup.
Le due squadre italiane ambiscono a quest’ultimo obiettivo. Fino a un paio di anni fa non ci sarebbe stata gara, perché l’Italia aveva due posti garantiti nella più importante competizione continentale per club, poi con la fine di ERC e la nascita di EPCR che ha decretato la morte dell’Heineken Cup e la sua sostituzione con la Champions i posti per l’Italia si sono ridotti a solo uno, in virtù dei suoi (non) risultati sportivi e conseguente perdita di peso politico.
Un anno fa la situazione era la stessa, con le nostre due selezioni sempre ad occupare gli ultimi due posti della classifica, e alla fine la spuntò il Benetton per un solo punto: 30 a 29.
Zebre e Treviso oggi sono sempre ultimi e penultimi ma con un bottino di punti – come abbiamo visto all’inizio di questo articolo – ben inferiore. La squadra più vicina, quest’anno i Cardiff Blues, viaggia invece sempre a quota 30-35 punti. Le Zebre partono quindi dietro ma vanno proprio all’Arms Park della capitale gallese, un impegno più semplice di quello che attende il Benetton che invece ospita al Monigo gli Scarlets che hanno bisogno di punti per andare in Champions Cup.

 

Sabato alle 18 circa conosceremo tutte le sentenze, ma oggi vogliamo porre una domanda: siamo davvero così sicuri che correre per un posto in Champions Cup sia meglio che andare in Challenge Cup? Non parliamo della FIR, perché è chiaro che da un punto di vista anche solo brutalmente politico la Champions ha tutto un altro peso, ma per Benetton e Zebre siamo sicuri che la coppa più importante sia allo stesso tempo quella che ti garantisce una crescita migliore? Nemmeno un dubbio?
Qualche dato: quest’anno il Benetton era inserito in un girone con Racing Metro, Northampton Saints e Ospreys. I veneti hanno totalizzato 5 sconfitte, una vittoria, 62 punti fatti e 246 subiti. Treviso ha superato all’ultima giornata gli Ospreys già tagliati fuori dalla corsa alla qualificazione ottenendo la prima affermazione nel torneo dopo due anni (ed anche nel 2013, sempre all’ultima giornata, erano stati gli Ospreys a soccombere).
Le Zebre, nei due anni in cui hanno preso parte alla Champions, hanno messo assieme solo un punto mentre in questa stagione in Challenge ne hanno totalizzati 8 vincendo due partite.
Intendiamoci, non è che le nostre due squadre sono andate in giro per l’Europa a prendere solo schiaffi e hanno anche giocato ottime partite, Treviso soprattutto ha sfiorato in alcune occasioni risultati importanti, ma diciamolo chiaro e tondo: l’Heineken/Champions Cup è un pianeta troppo lontano per noi, con squadre più strutturate e più abituate a giocare e a vincere a certi livelli. Una competizione che non permette di abbassare mai la guardia per 80 minuti in ogni partita, ché la differenza punti e il numero delle mete marcate possono significare il passaggio ai quarti.

 

Questo lungo preambolo per dire cosa? Che forse finire in Challenge Cup non è una cosa così malvagia. Che il livello dello squadre è più che buono e che poter pensare di arrivare ai quarti di finale non è cosa impossibile. Perché è vero che si migliora giocando con i migliori ma è anche vero che solo vincendo puoi costruire una mentalità vincente.
Provate a pensarci: chi del gruppo azzurro oggi sa davvero cosa significa vincere? Martin Castrogiovanni è il nostro giocatore che di gran lunga ha ottenuto più trofei in carriera, spesso da protagonista. Poi? Sergio Parisse? Giocatore straordinario, ma non ha vinto molto. E gli altri stanno tutti dietro, anche quelli con tanti caps. I nostri giovani non sanno proprio che cosa significhi vincere, cosa che spesso non hanno fatto nemmeno nelle selezioni juniores.
E provate ora a riflettere: la nazionale azzurra che a forza di risultati portò l’Italia nel Sei Nazioni da chi era formata? Da un gruppo di grandi giocatori, certo, che erano però abituati a vincere con i loro club nel campionato italiano, che allora era di livello. Un caso? Non ci scommetteremmo.

 

E allora ben venga la Challenge Cup, tanto più che da un punto di vista economico e della logistica (trasferimenti e viaggi. Ok, quest’anno ci sono i russi per la prima volta, ma andare a Galway o a Newport non è poi così molto più comodo) non presenta nessun minus per i club. I contributi infatti li incassa la FIR che poi li gira a Zebre e Benetton, quale che sia la competizione che si trovano ad affrontare.
Qualcuno dirà che francesi e inglesi prendono la Challenge Cup sottogamba. Vero, accade anche questo. Però vanno sottolineate almeno un paio di cose: che per esempio andare a vincere in Francia o in Inghilterra male non può farci e che Zebre e Benetton Treviso a differenza delle formazioni di Premiership e Top 14 non hanno un problema-retrocessione da affrontare nel corso della stagione. E scusate se è poco.

 

Il Grillotalpa

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