La rinascita di Jacopo Trulla: “Nel 2020 non ero pronto, ora sì. Brunello ha portato qualcosa di unico alle Zebre”

L’estremo della franchigia di Parma a OnRugby: “Abbiamo dato anima e corpo e seguito semplicemente il piano di gioco. La Nazionale? Forse non ero abbastanza maturo, ma ringrazio Smith per avermi lanciato, e con Quesada mi trovo benissimo”

La rinascita di Jacopo Trulla: "Nel 2020 non ero pronto, ora sì. Brunello ha portato qualcosa di unico alle Zebre" (ph. Giulia Ragni/Zebre Rugby)

La rinascita di Jacopo Trulla: “Nel 2020 non ero pronto, ora sì. Brunello ha portato qualcosa di unico alle Zebre” (ph. Giulia Ragni/Zebre Rugby)

Un’impresa? Forse sì, o forse solo la conseguenza del duro lavoro fatto in queste settimane da Massimo Brunello, il suo staff e da tutti i giocatori. Il valore del successo delle Zebre su Munster va oltre i semplici 5 punti – comunque fondamentali e conquistati contro una squadra di altissimo livello – ma rappresenta una vera e propria rinascita per una franchigia che sta vivendo una fase complicatissima della sua storia. Inoltre, è stata l’ennesima conferma della grande crescita di Jacopo Trulla, che dopo un periodo di alti e bassi si è ripreso di forza sia la maglia da titolare alle Zebre, sia un posto in Nazionale disputando un bel tour estivo. Proprio l’estremo delle Zebre e dell’Italia ha raccontato a OnRugby da dove arriva questo successo e soprattutto da dove arriva la sua crescita, dal rapporto sempre positivo con tutti gli allenatori alla carica positiva che deriva dalle critiche.

Guarda anche: URC: gli highlights dell’entusiasmante vittoria delle Zebre col Munster

Jacopo Trulla a OnRugby: “Abbiamo seguito il piano di gioco e ci siamo fatti un c**o così”

“Sapevamo che sarebbe stata una partita molto complicata, visto il valore dell’avversario, ma ogni volta scendiamo in campo per vincere e sabato siamo arrivati al match sicuri di poter applicare al meglio il lavoro di preparazione che avevamo svolto benissimo in settimana. Abbiamo semplicemente seguito il piano di gioco, quello che Massimo (Brunello, ndr) e Mattia (Dolcetto, ndr) ci avevano detto di tenere bene a mente, ognuno ha fatto ciò che doveva fare e il resto è venuto da sé. Poi è chiaro, ci siamo fatti un c**o così in partita, abbiamo dato anima e corpo e questa vittoria significa veramente tanto: ne avevamo bisogno da tempo, soprattutto contro una squadra del genere contro la quale in pochi potevano aspettarsela”.

Ci sono state tante partite simili al primo tempo di Zebre-Munster, anche nel recente passato: Zebre che partono bene e poi vengono rimontate da una squadra sulla carta più forte. Sul 28-15 per gli irlandesi cosa è cambiato?

“Quando siamo andati all’intervallo sotto di 13 punti Massimo e Mattia ci hanno fatto capire che questa partita si poteva davvero portare a casa e dovevamo decidere se volevamo provare a vincerla o se fare la stessa fine di tante altre partite. Lì ci siamo sbloccati mentalmente, siamo entrati in campo azzerando tutto e consapevoli di avere una grande opportunità. Poi magari c’è stata anche un po’ di fortuna, ad esempio la palla che mi sono trovato io in mano (l’intercetto della meta del 20-28, ndr) o altre cose, ma alla fine è andato tutto per il verso giusto”

L’intercetto è una giocata che hai nelle tue corde, del resto…

“Sì, anche se ultimamente la provo di meno. Prima lo forzavo molto di più e questo mi faceva uscire spesso dai meccanismi difensivi. Questa volta però me la sono trovata in mano, ho detto ‘finalmente’ e sono andato” (ride, ndr)

Cosa c’è di diverso in queste Zebre rispetto al passato?

“Senza nulla togliere alle stagioni precedenti credo che Massimo Brunello e Mattia Dolcetto, insieme a coloro che c’erano già come Aldo (Birchall, ndr) ed Emiliano (Bergamaschi, ndr), abbiano portato delle cose diverse. Si respira un bel clima di fiducia tra gruppo e allenatori, ed è la cosa che ci mancava, ancora di più che a livello tecnico. Hanno portato qualcosa in cui crediamo e apprezziamo davvero tanto”.

Non sono stati anni facili per te. L’esordio precoce in Nazionale, le critiche, alti e bassi, poi nell’ultimo periodo un miglioramento costante fino al ritorno in Nazionale. Come li hai vissuti?

“Magari da fuori si poteva percepire in maniera differente, ma in realtà io sono sempre stato sereno e ho sempre cercato di non farmi condizionare troppo da tutto quello che succedeva all’esterno e da quello che magari potevano dire le persone al di fuori dell’ambiente. Ho lavorato tanto, sto lavorando tanto e voglio continuare a farlo, questo è ciò che devo fare nella speranza di ottenere risultati importanti”.

Che rapporto hai con le critiche?

“Sono dell’idea che ognuno possa esprimere la propria opinione e che nel momento in cui lo fa in maniera educata e civile vada sempre rispettata, anche se non la pensi allo stesso modo o se vieni criticato. Certamente non fa piacere leggerle, ma sono anche dell’idea che non bisogna darci troppo peso, perché solamente tu sai ciò che stai facendo, come lo stai facendo e quali sono i tuoi obiettivi personali. Solo tu sai la vera realtà di ciò che stai vivendo. Personalmente le vivo come uno sprono a fare meglio, cerco di trasformarle sempre in energia positiva: mi caricano, mi ricordano che forse non mi sono espresso al meglio e mi danno una motivazione”.

Facciamo un posso indietro, a quella prima chiamata in Azzurro nel novembre 2020 e all’esordio in Italia-Scozia a Firenze. Cosa ricordi di quel periodo? A posteriori pensi fosse troppo presto per esordire?

“Sicuramente ero meno pronto. Avevo fatto molti allenamenti con Franco (Smith, ndr) e il gruppo della Nazionale alla fine avevo fatto qualche partita alle Zebre da permit player e un po’ di partite a Calvisano, dove però non ero nemmeno sempre titolare. Non ero sicuramente pronto per fare un salto del genere e giocare a quel livello, chiaramente però quando ti arriva la chiamata non stai nella pelle e non stai nemmeno a ragionare su queste cose. Non pensi se sei pronto o meno: ero felicissimo e pensavo soltanto a godermi il momento e a dare il massimo nelle occasioni in cui avrei potuto scendere in campo. Semplicemente giocavo a rugby, ascoltavo quello che mi diceva Franco che mi stava tanto dietro e poi vivevo il gruppo con tanti compagni con cui sono cresciuto come Paolo (Garbisi), Gianmarco (Lucchesi), Chico (Mori, ndr). Ero semplicemente felice, forse non ero abbastanza maturo per pensare che un esordio così potesse essere prematuro, per dirla con un gioco di parole. Adesso mi sento sicuramente un giocatore e una persona molto più matura, molto più consapevole di quello che sono. Alla fine quell’esordio mi ha aiutato, per quanto acerbo, perché oggi mi ritrovo con un’esperienza che altrimenti non avrei avuto e che mi aiuta. So di avere ancora tanto da fare e di dover crescere ancora, però siamo sulla strada giusta. Mi hanno aiutato e mi aiutano tante persone che mi vogliono bene, ci sono tutti i mezzi per esprimersi al meglio”.

Hai citato Franco Smith: in Nazionale hai avuto lui, Crowley e adesso Quesada? Cosa ti hanno dato?

“Ho sempre apprezzato Franco per il suo essere schietto e sincero e ho sempre apprezzato la sua filosofia del duro lavoro, mi piaceva perché ero giovane e l’idea di essere spronato a lavorare duro mi piaceva. Purtroppo ha ottenuto meno risultati di quelli che meritava, perché tanti ragazzi giovani che oggi sono parte di questo gruppo li ha lanciati lui, è partito tutto da lui. Purtroppo con Crowley ho fatto solo un tour estivo, quindi ci siamo visti poco, ma è uno che ne sa tantissimo di rugby e del resto quello i risultati che ha ottenuto sia al Benetton che all’Italia parla da sé. Una persona silenziosa, pacata, tranquilla, e un grande allenatore. Con Gonza (Quesada, ndr) c’è un rapporto più ‘giovanile’. Mi trovo veramente bene. Anche lui è uno che sa tantissimo di rugby, ci tiene ad instaurare un bel rapporto con il giocatore e con la persona, mi ricorda un po’ Massimo Brunello in questo”.

E alle Zebre con prima con Bradley e poi Roselli?

“Mike (Bradley, ndr) è una persona bellissima, a livello umano si capiva quanto ci tenesse a tutto il contesto: la squadra, la lingua, il Paese, i giocatori. Sapeva davvero tanto di rugby e mi è dispiaciuto non averlo per molto tempo perché è andato via un anno dopo il mio arrivo dopo aver fatto il permit. Con Fabio Roselli ho un rapporto speciale: mi ha cresciuto fin da quando ero in Under 20. Ovviamente mi dispiace sia andato via, però purtroppo è una cosa che non posso controllare e fa parte di un percorso. Sembra facile dirlo a posteriori, ma quando un allenatore crede così tanto in te e ti spinge sempre è sempre tutto più facile, lui ci ha sempre creduto, mi ha sempre seguito con grande oggettività: è stato rigido quando serviva e mi ha fatto i complimenti quando lo riteneva giusto. Mi ha aiutato tanto anche come persona: quando vedeva che qualcosa non andava, sia a livello rugbistico sia personale, ti portava a fare due chiacchiere, a prendere un caffè, a parlare di quello che stava succedendo. Ho avuto l’occasione di rivederlo nell’amichevole contro Glasgow e abbiamo fatto due chiacchiere, gli auguro davvero il meglio e ovviamente resteremo in contatto”.

Leggi anche: Zebre, Massimo Brunello: “Chi viene a Parma deve sapere di non avere punti facili a disposizione”

Adesso come ti stai trovando con Brunello?

“Devo dire che in generale mi sono sempre trovato bene con tutti gli allenatori. Con Massimo ci conosciamo da tanto perché l’ho avuto a Calvisano: è sempre stato sincero e oggettivo con me, mi ha affiancato persone esperte come Chiesa e Van Zyl per farmi crescere e quando pensavo di poter giocare un po’ di più lui mi ha sempre detto “lavora sodo che l’occasione arriva”, e aveva ragione lui perché poi le occasioni sono arrivate davvero. Ho sempre apprezzato la passione e l’impegno che mette nell’allenare e nel portarci ad esprimere in campo tutto quello per cui abbiamo lavorato in settimana: il credo che lui e Mattia Dolcetto hanno portato è qualcosa di veramente unico. A livello umano è una persona tranquillissima, non parla moltissimo ma dice sempre le cose giuste, non mette molta pressione in campo e osserva tanto”.

Come cambiano le aspettative sul futuro di questa stagione?

“Ne abbiamo parlato con lo staff e con Danilo (Fischetti, il capitano, ndr) e ci siamo già messi la partita con Munster alle spalle. Sicuramente è un match che non dimenticheremo mai e che ci dà una grandissima carica verso le prossime sfide, ma siamo già concentrati sugli Stormers, una squadra dello stesso livello degli irlandesi che quindi sarà altrettanto difficile da affrontare. Abbiamo già cominciato a studiare il match, sappiamo quanto siano fisicamente prestanti e che ci saranno tante botte da darsi. Speriamo ci sia ancora più gente a Parma dopo la vittoria contro Munster, perché per noi il pubblico è fondamentale”.

Nell’ultimo anni la concorrenza nell’Italia, soprattutto nel tuo ruolo, si è allargata notevolmente. Sono arrivati Lynagh e Gallagher, è tornato dall’infortunio Odogwu e poi tornerà anche Pani, oltre a quelli che c’erano già. Come la vivi, soprattutto ora che hai ritrovato la maglia azzurra?

“Me la vivo bene. La competizione mi piace ed è sempre stata una spinta in più, l’ho sempre vista come qualcosa di sano, sia alle Zebre che in Nazionale. Avere una base più ampia e fondamentale per competere ad alti livelli, poi gioca chi sta meglio e chi per forma al meglio, è giusto così. Mi trovo bene con tutti i ragazzi e abbiamo un bel legame: ovviamente quando vengo scelto sono felice, ma sono felice anche quando scendono in campo i ragazzi che meritano di più e sono più in forma”.

Francesco Palma

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