Protagonisti mondiali: Will Jordan è pronto per entrare nell’Olimpo

Nella scia di Kirwan, Lomu, Rocokoco: un altro grande trequarti ala pronto a lasciare il segno alla Rugby World Cup

Will Jordan – ph. Patrick Smith / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP

John Kirwan, Jonah Lomu, Joe Rocokoco, Doug Howlett, Julian Savea. È una sorta di successione ereditaria, che non passa dal sangue, ma dalla maglia indossata: ogni squadra degli All Blacks che è andata alla ricerca della conquista di una Rugby World Cup ha avuto un trequarti ala fenomenale.

Nel 1987 Kirwan e Craig Green segnarono 6 mete rispettivamente in 6 e 5 partite giocate, in una lista di marcatori che vide cinque neozelandesi occupare le prime cinque posizioni dei migliori marcatori di mete del mondiale.

Nel 1995 Lomu ne segnò 7 in 5 partite, così come il collega Marc Ellis, e poi ne segnò 8 in 6 gare nel 1999. Nel 2003 Rocokoco ne segnò 6 in 5 partite, ma venne battuto da due compagni di reparto, Doug Howlett e Mils Muliaina, che ne segnarono entrambi 7 in altrettante gare disputate.

Howlett e Rocokoco furono tra i migliori marcatori anche nel 2007, segnando due mete a partita. Savea segnò 8 mete in 7 partite per guidare la carica verso la seconda Rugby World Cup consecutiva nel 2015.

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Il prossimo giocatore a voler entrare in questo club di fenomeni è William Thomas Jordan, nato 25 anni fa a Christchurch. Il suo ruolino di marcia è di buon auspicio: fino a qui, nella sua carriera internazionale, ha segnato 23 mete in 23 partite.

Ma non è solo quello che ha fatto con la maglia nera ad essere rilevante, perché depositare il pallone oltre la linea bianca è un po’ la cosa che lo contraddistingue, inesorabilmente: ha segnato 19 mete in 11 partite nel campionato scolastico nel 2015, nel 2019 ha segnato una doppietta nella finale che ha regalato la prima Mitre 10 Cup ai Tasman Mako, nel 2020 ha segnato una doppietta alla sua seconda presenza con gli All Blacks e cinque mete alla terza contro Tonga. Per lui schiacciare l’ovale in meta è un po’ come respirare: un gesto naturale, un riflesso involontario.

Jordan è uno di quegli sportivi professionisti che parlano attraverso la loro eccezionalità sul campo, senza dar particolare mostra di sé al di fuori di esso. È designato come erede della tradizione delle grandi ali neozelandesi, in particolare alla Rugby World Cup, ma al tempo stesso è una sorta di versione aggiornata al presente di Ben Smith, ala/estremo degli All Blacks tra il 2009 e il 2019.

Non è un caso, infatti, se nel 2019 gli Highlanders provarono a strapparlo ai Crusaders per sostituire proprio Smith, che se ne andava a giocare in Giappone.

Come Smith è un giocatore che si esprime attraverso le azioni sul campo. Come Smith ha un fisico tutto sommato normale, ovviamente preparato per il lavoro che deve fare in campo, ma non è il più alto, né il più pesante, né il più esplosivo. Come Smith possiede però tre caratteristiche fondamentali: è incredibilmente elusivo, con corse curve ubriacanti; ha una tecnica individuale molto raffinata e completa, che non eccelle solo nelle abilità specifiche del ruolo; ha un quoziente intellettivo rugbistico molto alto, che gli permette di leggere le situazioni di gioco come Neo Anderson è capace di leggere il Matrix nel momento in cui si trasforma nell’Eletto. Vede il rugby, gli scorre dentro, appare come se gli fosse connaturato.

Nel 2021 Will Jordan è stato premiato come Breakthrough Player of the Year, uno dei premi assegnati da World Rugby alla fine dell’anno, per aver segnato 15 mete nell’anno solare, come non accadeva da 18 anni. Nel 2022 ha vinto il Super Rugby Pacific segnando 10 mete in 14 partite e ha vinto il Rugby Championship con gli All Blacks. E fin qui è stato il suo anno più quieto, quello dove non è apparso una cometa imprendibile. Il 2023 è ricominciato con uno stato di forma nuovamente iperuranico, tirato a lucido giusto in tempo per il palcoscenico più importante. Quello che ancora, nella sua giovane carriera, non ha affrontato. Quello che promette di metterlo là, nella lista delle icone con la maglia nera.

Lorenzo Calamai

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