L’analisi di Italia-Canada: il rugby è uno sport brutale

La partita si è decisa sulla collisione, e nonostante un’eroica difesa azzurra non c’è stato nulla da fare: resta però il rimpianto per le occasioni sprecate

L'analisi di Italia-Canada: il rugby è uno sport brutale

L’analisi di Italia-Canada: il rugby è uno sport brutale (Ph. Fiona Goodall – World Rugby/Getty/Federugby)

Prima battuta d’arresto per l’Italia alla Coppa del Mondo di rugby in Nuova Zelanda, sconfitta per 22-12 dal Canada nella seconda giornata. Le nordamericane hanno dominato le azzurre dal punto di vista fisico, logorandole minuto dopo minuto fino a prendere il largo tra il 50′ e il 55, con due mete che di fatto hanno chiuso la partita.

Partite come questa riportano la memoria a ciò che è l’origine e l’essenza del rugby: è uno sport brutale, punto. In partite così dure dal punto di vista dell’impatto fisico, chi vince la collisione porta a casa il match, e così è stato anche nel pomeriggio di Auckland.

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Contro una squadra fisicamente logorante, oltre che forte, le azzurre hanno fatto la loro partita, provando a muovere il pallone e cercando di fare il proprio gioco a prescindere dall’avversario che avevano di fronte. Una difesa eroica ha permesso all’Italia di restare attaccata alla partita fino all’ora di gioco, come dimostrano anche le statistiche difensive: Giordana Duca ha messo insieme il 100% di placcaggi riusciti (18) così come Valeria Fedrighi e Vittoria Vecchini (13) e Michela Sillari (12). Ottimi numeri anche per Turani (17 placcaggi su 20), Seye (15 su 18), Sgorbini (15 su 17) e Franco (14 su 15). Proprio la prima linea di Calvisano è stata la sorpresa del match: partita per la prima volta da titolare al posto dell’infortunata Gai, su di lei gravavano le aspettative e la pressione di dover tenere duro in un ruolo delicatissimo, visto l’avversario, gestito però con una prestazione matura e competente.

Effettivamente, l’unica meta nata da un placcaggio sbagliato e quindi potenzialmente evitabile – soprattutto per come l’Italia stava giocando il match – è stata la prima. Per il resto, le azzurre hanno preso due mete da una rolling maul straripante (la seconda e la quarta) e una, la terza, arrivata dopo 10 minuti di assalto con una serie di multifase infiniti e logoranti, dove se non sei Inghilterra o Nuova Zelanda difficilmente riesci a resistere.

La chiave del match va ricercata nelle fasi precedenti: quella di conquista e quella offensiva. Il problema non è stato resistere nei propri 22 contro una squadra votata all’assalto all’arma bianca – cosa che l’Italia ha fatto egregiamente – ma l’aver concesso a loro troppi possessi a metà campo, e soprattutto aver sprecato tante occasioni in attacco. Più volte le azzurre hanno trovato il break in situazioni di gioco rotto, per poi sprecare tutto con un passaggio troppo forzato o con una scelta non ottimale.

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Tutto sommato, 22 punti contro il Canada non sono tantissimi, ma questo significa anche che nonostante la superiorità fisica delle avversarie, questa partita poteva essere portata a casa con una maggiore efficienza offensiva. Come sottolineato anche da Andrea di Giandomenico in conferenza stampa, alcune situazioni di gioco potevano essere gestite meglio, e in particolare il finale di partita – in superiorità numerica – ha visto le azzurre costruire e poi sprecare delle occasioni importanti per riaprire quantomeno i giochi per il punto di bonus.

Eppure, finire un match contro una squadra così con la consapevolezza di poter fare ancora di più, significa non solo avere la mentalità giusta, ma anche le carte a livello tecnico e tattico per potersela giocare con tutti. Se anche ai quarti dovesse arrivare la Francia, l’Italia sarà in grado di giocarsela per 80 minuti.

Certo, le assenze di Gai e Tounesi hanno pesato. In particolare l’apporto a partita in corso della seconda linea delle Sale Sharks sarebbe stato fondamentale per reggere l’assalto canadese e poi provare a reagire, ma siccome con i se e con i ma non si va da nessuna parte, l’Italia deve prendere tutto ciò che di buono ha fatto in questa partita (ed è tanto) e riproporlo in quella che sarà la sfida decisiva del girone, contro il Giappone.

Francesco Palma

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