Il Top 14 si prende l’Europa a suon di moneta sonante

Il salary cap della lega nazionale francese è del 40% più alto rispetto alla Premiership, e gli effetti si vedono

Wenceslas Lauret del Racing 92, una delle squadre più ricche del Top 14 – ph. ALAIN JOCARD / AFP

Dopo aver vinto il Sei Nazioni 2022, la Francia della palla ovale sembra essere pronta a prendersi anche l’Europa. Nello scorso fine settimana cinque squadre di club francesi hanno vinto il loro quarto di finale di Challenge e Champions Cup e giocheranno le semifinali del prossimo weekend.

Sei su sedici erano le squadre qualificate ai quarti di finale europei, e solo il Montpellier è stato eliminato, peraltro unica squadra ad essere abbinata con un’altra francese, La Rochelle. Negli altri casi, i club francesi hanno avuto la meglio contro Munster, Sale Sharks, Glasgow Warriors e London Irish.

Dopo aver perso per 41-22 a La Defense di Parigi contro il Racing 92, l’allenatore di Sale Alex Sanderson ha detto: “Non abbiamo i soldi per mettere sotto contratto i giocatori di qualità di cui abbiamo bisogno per fronteggiare squadre del genere.”

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Una affermazione paradossale per una squadra con in campo 11 giocatori internazionali provenienti da 4 paesi diversi, ivi compresi due campioni del mondo (Faf de Klerk e Lood de Jager) e un finalista dell’ultima edizione (Manu Tuilagi), oltre che il simbolo di un certo modo di costruire le squadre attingendo in maniera massiccia dai bacini di altri movimenti, in particolare quello sudafricano (12 su 31 giocatori).

Eppure il discorso di Sanderson condivisibile se si guarda al quadro generale, piuttosto che allo scontro specifico tra i parigini e gli inglesi di domenica pomeriggio: dopo aver vinto 4 delle ultime 5 edizioni della Champions Cup, il rugby inglese sembra aver perso il primato in Europa, cedendo il primato alle squadre francesi.

Grazie a un salary cap in continua crescita a partire dal 2010, e nonostante i tagli recenti e del prossimo futuro, le squadre del Top 14 possono spendere fino al 40% in più rispetto agli omologhi inglesi: le due divisioni professionistiche francesi hanno infatti un tetto ingaggi fissato a 10 milioni di euro, mentre quelle di Premiership si fermano a poco meno di 6.

I club d’Oltremanica hanno il vantaggio di poter affrancare due giocatori dal conteggio del salary cap, ma dalla prossima stagione anche questa eccezione verrà ristretta a un solo atleta.

La decisione ha già comportati alcune reazioni a catena: i Wasps si sono dovuti liberare di Malakai Fekitoa, il fortissimo ex All Black che alla fine della stagione lascerà Coventry per accasarsi al Munster.

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La maggiore disponibilità economica delle squadre francesi ha creato un situazione di squilibrio che per il momento è risultata virtuosa per un certo numero di contesti: ne hanno beneficiato in primis le squadre francesi per arrivare a migliori risultati, ne hanno tratto vantaggio i tanti giovani francesi di qualità che popolano il Top 14 e il ProD2 (proprio il succitato Racing 92 aveva in campo nei quarti di finale di Champions Cup il mediano di mischia classe 2002 Nolann Le Garrec, solo per fare un esempio), ne conseguono un beneficio parziale anche i movimenti rugbistici emergenti, che hanno la possibilità di esporre i propri giocatori ad un livello più alto di quello domestico (non ultimi i giocatori italiani, ma anche spagnoli, portoghesi, olandesi, sudamericani).

Il Top 14 e il ProD2 sono i primi due campionati ad annoverare giocatori da ogni parte del mondo: europei, americani, africani, asiatici. Un sistema veramente rivoluzionario per gli equilibri di un gioco che vuole trasformarsi in uno sport globale.

Tuttavia è una situazione che, sul lungo periodo, potrebbe depauperare gli altri movimenti. Nuova Zelanda e Australia patiscono già da anni le conseguenze di contesti economicamente più potenti, perdendo i propri migliori talenti del rugby domestico. Insomma: se non sei un All Black, ma comunque un ottimo giocatore di Super Rugby, dopo qualche stagione prendi l’aereo per l’Europa o il Giappone.

Il Sudafrica e l’Argentina finora sono riusciti a far fronte nel modo migliore alla diaspora dei propri migliori talenti all’estero, ma che cosa succederebbe se anche le squadre anglosassoni cominciassero a perdere sempre più rilevanza per la concorrenza di un movimento economicamente molto più potente?

La lungimiranza non è mai stata uno dei tratti distintivi della gestione del rugby professionistico, ma la pura legge del libero mercato potrebbe non essere presto la più adeguata per gestire il futuro del rugby di club.

Lorenzo Calamai

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