Nel mondo di Jacopo Trulla

Intervista a 360° all’estremo azzurro che ci ha tracciato la mappa dei suoi obiettivi per il futuro

jacopo trulla rugby italia under 20

Jacopo Trulla in azione ph. Luca Sighinolfi

Ha addosso l’etichetta del predestinato Jacopo Trulla, eppure sentendolo parlare sembra sapere che nulla arriverà fra le sue braccia e nelle sue gambe se non con alcuni elementi necessari: il lavoro, la crescita e l’ambizione.

In questa intervista lo abbiamo stimolato su diversi temi: dal Pro14 con le Zebre alla nazionale italiana, in particolare col pensiero rivolto al prossimo 8 Nazioni, senza dimenticare Calvisano e il Top12, con una spruzzata di riferimenti alla sua giovane vita ovale.

Jacopo, buongiorno: la prima cosa che vogliamo chiederti riguarda le sensazioni che ti sono rimaste dentro rispetto al derby che hai vissuto domenica scorsa con la maglia delle Zebre
“Dentro di me percepisco ancora un mix di sensazioni. Esordire in Pro14 in una partita del genere è stato qualcosa, per certi versi, di indescrivibile: una cosa che vorrei riprovare nella mia vita per quello che mi ha portato. A livello formativo mi ha permesso di avvicinarmi a tutti quei giocatori che di solito fanno parte dell’Italia, o che sono stranieri di alto livello: definirei il tutto con la parola entusiasmante”.

Ti sei avvicinato, come hai detto tu, a quel gruppo di atleti che di solito formano l’ossatura dell’Italrugby, però non dobbiamo dimenticare che ormai anche tu sei prossimo a entrare nel giro azzurro: ti senti ancora un po’ distante da quegli standard?
“Non mi sento nè vicino nè lontano. Ho già avuto un approccio con la sfera del rugby internazionale, ma al momento devo ancora dimostrare di poterci stare dentro”.

Che valore avranno quindi per Jacopo Trulla i prossimi giorni a Parma con la nazionale?
“Dev’essere un momento di conferma. Lo staff tecnico mi sta dando una chance. Per un ragazzo della mia età son cose che non capitano tutti i giorni: sono un po’ emozionato”.

Leggi anche: Jacopo Trulla – rugby – Nazionale Under 20 – Italia

In vista di quello che per comodità chiameremo l’8 Nazioni tu ti vedi nel gruppo, in particolare nel reparto degli estremi con Hayward e Minozzi?
“Solo a nominare questi due giocatori, mi entusiasmo. Sono due fenomeni, uno meglio dell’altro. Sarei felicissimo di essere fra di loro. Il mio obiettivo, arrivato a questo step, è quello di puntare a fare parte del gruppo che sosterrà i Test di novembre. Passo dopo passo, non voglio affrettare i tempi, ma se non ci credessi non sarei qui”.

Continuiamo a toccare il tema degli estremi, facciamo un minigioco. Ci dici una qualità che vorresti “rubare” a Hayward e a Minozzi? E ci dici quali sono i tuoi idoli ovali nel ruolo?
“A Hayward vorrei “rubare” il gioco al piede: rispetto al mio è molto meglio ed è li che devo migliorare. A Minozzi invece “ruberei” la rapidità, ma è una cosa su cui si può lavorare. Come idoli ovali invece vi dico Kalyn Ponga, un giocatore del Rugby League che ha due anni in più di me e fa cose eccezionali, e Stuart Hogg che ha una fisicità allucinante”.

Torniamo invece alle “cose domestiche”: come ti immagini il tuo 2020/2021 fra Zebre e Calvisano?
“Per arrivare a mettere insieme molti minuti con le Zebre, il mio target, non posso che pensare a fare bene sin da subito col Calvisano. E’ chiaro che il Pro14 è una realtà più importante, ma non posso pensare di svalutare il lavoro che farò con la maglia del mio club in Top12, anzi: è da li che passerà tutto”.

Capitolo allenatori: hai già avuto modo di confrontarti con Gianluca Guidi?
“Non ci ho ancora mai lavorato assieme, ma ho avuto modo di parlarci. Sul campo non lo conosco, posso dirvi però che mi ha fatto una grande impressione per la sua determinazione e per il modo in cui tiene alle cose”.

Con il coaching staff delle Zebre invece? Parti un po’ avvantaggiato perchè conosci Roselli e Moretti, che hai avuto come allenatori nell’Under 20, ma Mike Bradley che tecnico è?
“Anche lui dà molto valore a tutte le cose e la sua filosofia di gioco mi piace moltissimo: è un allenatore che tende a farci giocare palla in mano anche nei nostri ventidue. Accetta il rischio, senza magari liberazioni continue o altro, se non è esagerato: lo stile delle Zebre è riconoscibile, mi piace molto l’idea di cercare di tenere il pallone per far giocare meno gli avversari”.

L’ultima domanda che ti poniamo è questa: in tutti questi mesi, vissuti dallo stop al ritorno in campo, passando per l’incertezza, il lavoro a casa e gli allenamenti prima da soli e poi in gruppo, cosa è rimasto di più al Jacopo Trulla rugbysta?
“Il valore del lavoro, il concetto di allenamento e di dedizione. In un momento come il lockdown ho capito quanto fosse importante cercare di mantenersi in forma. Un singolo o una settimana di allenamenti possono fare la differenza. Non bisogna posticipare le cose quando si ha la possibilità di farle”.

Di Michele Cassano

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