La risposta di World Rugby sulla proposta di abbassare l’altezza legale dei placcaggi

Il governo mondiale non esclude in futuro una sperimentazione, ma ricorda le modifiche già apportate al regolamento

ph. Sebastiano Pessina

World Rugby ha diramato un comunicato in risposta allo studio del Professional Rugby Injury Surveillance Project (PRISP), un’indagine sulla salute dei giocatori commissionata dalla Federazione inglese (RFU), dall’associazione dei giocatori e dalla Premiership Rugby Limited, l’ente che gestisce il massimo campionato oltremanica.

Il governo mondiale, in particolare, ha risposto nel merito di una delle conclusioni tratte dal PRISP, ovvero la richiesta di abbassare l’altezza legale di un placcaggio al di sotto della linea delle spalle. Una misura che World Rugby per il momento non sembra voler adottare, pur non escludendola in futuro come possibile sperimentazione, poiché reputa già efficace la modifica al regolamento apportata ad inizio 2017 che riguardava una maggiore severità sui tackle alti.

Secondo World Rugby, infatti, l’incremento delle sanzioni funzionerebbe da deterrente e abbasserebbe da sé l’altezza media dei placcaggi. L’obiettivo è quello di influenzare il comportamento del placcatore (giudicato come il giocatore più “a rischio”), evitando dunque delle limitazioni dirette all’altezza legale dell’intervento.

Nel 2017, riporta World Rugby, i calci di punizioni per alti placcaggi sono aumentati del 64% rispetto all’anno precedente, mentre i cartellini gialli del 41% in media ma con un’eccezione: la Premiership, dove le ammonizioni per placcaggio alto sono diminuite del 36%. Un dato che richiede ulteriori indagini, come raccomandato dal report PRISP, sul rapporto tra il mancato rispetto delle direttive sui placcaggi alti e le concussion all’interno del gioco.

World Rugby comunque riconosce che la strategia per ridurre le concussion non passa soltanto dall’incremento di sanzioni, ma anche da un approccio combinato con la migliore tecnica possibile per i placcaggi. Abbattere il numero degli infortuni alla testa è infatti tra le priorità per il massimo organo di controllo internazionale, il cui impegno nella ricerca e nel monitoraggio dei trend che si sviluppano nel corso delle stagioni resta al centro del proprio lavoro.

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