Veni, vidi, vici: l’Europa del rugby ai piedi di Maro Itoje (e dei suoi 10 trofei)

Erudito, dominante, vincente. Il fuoriclasse inglese e dei Saracens è già diventato un’icona

ph. Action Images/Henry Browne

ph. Action Images/Henry Browne

È il minuto 54 di Italia-Inghilterra, seconda giornata del Sei Nazioni 2016. Sul punteggio di 9-18, con la meta di Joseph nata da un banale errore degli azzurri in fase di uscita dai propri 22 che di fatto indirizza la partita, Eddie Jones rompe gli indugi e manda in campo l’uomo più atteso da media ed appassionati inglesi durante tutta la settimana, praticamente dal momento in cui il ct australiano aveva annunciato la formazione e le riserve: a 21 anni, 3 mesi e 17 giorni, Maro Itoje fa il suo esordio con la Nazionale dalla maglia con la Rosa sul petto.

 

Per molti dei 70.000 spettatori dell’Olimpico il nome di Itoje probabilmente avrà detto ben poco. Oltremanica, al contrario, non si parlava d’altro (o quasi). La concezione che i giornali avevano del ragazzo, del resto, sembrava andare ben oltre la classica etichetta di ‘next big thing’ del rugby. Per gli inglesi Itoje era già big, era il predestinato per eccellenza. Prima del suo esordio sul palcoscenico internazionale, Itoje trascendeva già ogni discorso relativo ad eventuali promesse da rispettare o aspettative da mantenere, d’obbligo quando si parla di un grande talento in rampa di lancio. Per Maro, semplicemente, era tutto diverso, tanto da essere considerato senza mezzi termini il futuro capitano dell’Inghilterra e dei British & Irish Lions, nonché un giocatore di cui a fine carriera si avrà un ricordo leggendario al pari di Martin Johnson e di Paul O’Connell. Il tutto con zero minuti giocati al di fuori dal contesto del club, i Saracens.

 

L’unico a cercare di smorzare i toni, sebbene nella conferenza stampa precedente al match di Roma Itoje fosse l’argomento principale, era Eddie Jones: “Ha molto da imparare se vuole essere considerato un giocatore di classe mondiale – dichiarò l’australiano – Ora è come una Vauxhall Viva rosa, vogliamo che diventi una BMW”. Con il senno di poi, resta difficile capire quanto il commissario tecnico credesse alle sue stesse parole, ma i 26 minuti giocati da Maro contro gli azzurri due giorni dopo quelle parole, al primo cap della carriera, lo avranno convinto perlomeno di una cosa: i termini di paragone automobilistici dovevano essere visti al rialzo. E di parecchio. A fine partita, Itoje avrà messo in mostra tutto il suo repertorio: capacità di prendere la linea del vantaggio palla in mano, sensibilità nel riciclare il pallone, atletismo in difesa e grande conoscenza del gioco nel breakdown. Poteva andare peggio, insomma. Avrebbe potuto saper piazzare.

 

La tecnica con cui sposta Pratichetti ed effettua il grillotalpa è da manuale. 

 

Una rivoluzione culturale

Se in campo Itoje si dimostra l’archetipo del rugbista moderno, è la sua dimensione fuori dal rettangolo di gioco ad estasiare ulteriormente e a renderlo così unico. La sua grande cultura è nota (durante i Mondiali Under 20 cominciò addirittura a scrivere poesie), così come la sua facilità nel discorrere abitualmente di temi come il femminismo, la politica internazionale, le religioni e l’assistenza nei Paesi africani.

 

Da un’intervista al Telegraph del novembre 2015: “Gli aiuti stranieri, nella sua forma attuale, portano più danni che benefici ai paesi in via di sviluppo in Africa. Generano dipendenza. Rendono l’economia inefficiente, e non le permettono di diventare indipendente e autonoma. Si sono formate tante idee sbagliate sugli aiuti esteri […] Il Regno Unito sostiene un Paese A inviando cibo perché la gente muore di fame, ma piuttosto che aiutare l’economia di quel Paese, inondano il mercato con prodotti importati a basso costo. Quindi l’economia viene danneggiata sul lungo periodo, perché non può competere con quelle importazioni”. Sembrerebbero le parole di un politico navigato, ma sono soltanto quelle di un 21enne iscritto ad un corso di laurea in scienze politiche alla School of Oriental and African Studies di Londra.

 

Sull’istruzione, del resto, papà Efe è sempre stato piuttosto chiaro: “Gli ho detto fin dall’inizio che se avesse avuto un calo nei voti a scuola, avrebbe salutato il rugby – ha dichiarato al Daily Mail in un’intervista di un anno fa – Gli dissi di prendere una decisione. Se avesse deciso di giocare a rugby non avrei avuto nulla da dire, ma gli avrei dichiarato guerra se fosse calato a scuola!“. Da ragazzo prodigio qual è, Itoje non ha solo sviluppato un fisico da decatleta poi rifinito per il rugby, ma ha anche acquisito la forma mentis di un diplomatico/esperto in relazioni internazionali/attivista politico. Che, in certe situazioni di gioco su un campo da rugby, non fa poi così male, specie se hai a che fare con energumeni di 130kg in mischia chiusa.

 

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Se non avesse scelto lo sport, insomma, il futuro di Itoje sarebbe probabilmente a Westminster, o nell’ambasciata inglese in Nigeria, il Paese da cui provengono i suoi genitori. Fortunatamente, il presente e il futuro (per almeno una quindicina di anni) di Super Maro sono indissolubilmente legati alla palla ovale. La sua naturale predisposizione allo sport lo ha portato a praticarne diversi, come basket, calcio, atletica e getto nel peso (per il quale ha rappresentato a livello Under 17 la nazionale) in cui probabilmente non avrebbe avuto problemi ad emergere.

 

La scelta finale è ricaduta però sul rugby. Con il passare degli anni, in Inghilterra hanno intuito come l’impatto di Itoje sullo sport dalla palla ovale potesse essere quello di un meteorite pronto a schiantarsi sulla Terra, con cui si spiega l’incredibile entusiasmo generato da Maro al momento del suo esordio internazionale. Anche perché Itoje non era semplicemente il più forte di tutti, ma dai racconti di chi gli ha gravitato intorno sembrava essere anche il più educato, il più sensibile e naturalmente il più erudito. La sua grande applicazione sui libri di scuola lo rendeva un leader by example naturale, proprio per la sua capacità di unire lo studio a delle prestazioni sensazionali in campo. “Era sempre l’ultimo a lasciare il centro d’allenamento, continuava a chiedere consigli per provare ad imparare sempre di più – ha dichiarato al Daily Mail il suo ex coach all’Academy dei Saracens, Rory Teague – Non mi ha sorpreso di vederlo diventare un giovane leader, per il modo in cui si è applicato fin da ragazzino”.

 

L’influenza esercitata da Itoje sulle proprie squadre è enorme fin dai tempi dell’Under 20. È solo un caso che, nel Sei Nazioni di categoria 2014, a vincere sia la Francia. Maro segna una meta in ogni partita giocata, ma non vince. Poco male, visto che dovrà attendere soltanto qualche mese. A giugno, in Nuova Zelanda, si giocano i Mondiali Under 20 (quelli in cui scrive le poesie, per intenderci) e l’Inghilterra verrà trascinata dal suo capitano fino al successo finale. È l’inizio dell’inesorabile scalata, che lo ha portato oggi a conquistare tutto quello c’era da conquistare sulla sua strada, oltretutto più di una volta. Nell’ordine:

– 1 Anglo-Welsh Cup
– 2 Premiership
– 2 Champions Cup
– 2 Sei Nazioni
– 1 Grande Slam
– 1 European Player of the Year
– 1 Man of the Match in una finale di Champions
– 1 convocazione nei British & Irish Lions

 

A 22 anni, Itoje ha un palmarès invidiato dalla maggior parte dei suoi colleghi, confezionato con prestazioni sempre sopra le righe e mai banali. Dopo quei venti minuti a Roma, Eddie Jones non lo toglie più dal campo, eccezion fatta per i test match dell’ultimo novembre in cui il 22enne è infortunato. Alla terza presenza – la seconda da titolare – con l’Inghilterra, viene nominato Man of the Match nella vittoria contro il Galles per 25-21, dimostrandosi già superiore alla concorrenza e in grado di reggere la pressione di un Sei Nazioni.

 

 

 

Prototipo di un nuovo ruolo

Il suo ruolo intanto diventa sempre più centrale sia negli schemi di Eddie Jones che in quelli di Mark McCall per i Saracens. Definirlo soltanto una seconda linea è quanto di più limitante si possa dire sul suo conto: i 116kg distribuiti su 196cm non intaccano la sua straordinaria mobilità e il suo impareggiabile atletismo, che Itoje sa sfruttare perfettamente per mettersi al servizio dei compagni. La dimostrazione più evidente è arrivata durante l’ultimo Sei Nazioni, in cui Eddie Jones ha dovuto impiegarlo come terza linea a causa dell’emergenza infortuni: un cambio di posizione ininfluente per il ragazzo di origini nigeriane, mai sottotono nel corso del torneo. Ma c’è di più. Nell’ultimo anno, oltre alle grandi qualità nel portare avanti il pallone, nel riciclare il pallone con offload e nel cacciare il pallone a terra, Itoje è diventato un maestro anche in rimessa laterale, affinando le letture sulle touche avversarie in maniera sensibile.

 

Non sa cacciare il pallone solo a terra, ma anche direttamente dalle mani degli avversari.

 

Da questa stagione, inoltre, Itoje colpisce anche per l’impressionante capacità di giocare con la linea del fuorigioco. Lo stile di gioco dei Saracens ne sta esaltando questa caratteristica, che gli ha permesso di diventare l’incubo dei mediani di mischia nel breakdown grazie alla velocità con cui Super Maro riesce a fiondarsi sul malcapitato di turno in una frazione di secondo. Un modo di giocare aggressivo, a tratti al limite del regolamento, talvolta anche oltre; un modo di fare per certi versi simile a Richie McCaw, tant’è che il pubblico più ‘attento’ non ha mancato di farlo notare a più riprese sui social media. Del resto, a grandi poteri non corrispondono soltanto grandi responsabilità, ma anche qualche hater con cui convivere.

 

 

Il prossimo passo

Sembrerebbe difficile andare oltre quanto fatto da Itoje in questi ultimi due anni (che sarebbero anche i primi della sua carriera ai massimi livelli). Proprio per questo il suo inizio di carriera ha assunto dei contorni quasi epici, ma allo stesso tempo in linea con quanto ci si aspettava da un talento del genere. Itoje non sembra aver bruciato le tappe; semplicemente si sta prendendo il posto che la storia gli stava conservando, un po’ come LeBron James in NBA. Un’ascesa naturale, impossibile da intralciare.

 

Il prossimo capitolo da scrivere (Premiership esclusa) è anche quello più affascinante, più denso di emozioni e di aspettative: il tour dei British & Irish Lions in Nuova Zelanda contro gli All Blacks. Al momento, una selezione britannica senza Maro Itoje nel XV titolare pare impronosticabile viste le caratteristiche dell’inglese, e Warren Gatland si è già lanciato in alcuni precisi avvertimenti sui possibili scenari tattici in campo: “Mi aspetto che brilli, ma potrebbe essere messo nel mirino, mi interesserà vedere come risponderà. Potrebbero vederlo come una chiave per i Lions e provare a dominarlo fisicamente. Imparerà molto”. Per Itoje sarà una sfida inedita, contro una squadra mai affrontata finora e in un contesto slegato da quello dei Saracens e dell’Inghilterra in cui ha spadroneggiato finora, ma tra le loro qualità i vincenti annoverano quella di saper alzare sempre l’asticella. Ed è il caso di Itoje: rugbista ma innanzitutto atleta, poeta ma soprattutto erudito.

 

di Daniele Pansardi

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