Tribune celtiche ed Eccellenza: quando giocare è la cosa più importante

La crescita dei giovani passa dalla prova dal campo. Un salto che è prima di tutto di maturità

zebre rugby pro12

ph. Luca Sighinolfi

“Il migliore allenamento è sempre la partita, si cresce attraverso i minuti che si passano sul campo da gioco. Per ora ne ho avuti molti a disposizione e questo mi ha permesso di crescere molto. Mi sento un giocatore più maturo”. Parole di Marco Lazzaroni, terza linea classe 1995 in forza alla Benetton Treviso che con la maglia dei Leoni ha collezionato in questa stagione di Pro12 ben 19 presenze e 1323 minuti minuti di gioco. Numeri importanti, che, come lo stesso giocatore ha ammesso, hanno contribuito alla sua crescita tanto da farne una delle note più positive della stagione biancoverde. E la chiamata in Azzurro per il tour di giugno è ora un’ipotesi concreta.

Ma al di là di quanto decideranno Conor O’Shea e lo staff tecnico, scendere regolarmente in campo in partita ha contribuito a migliorare le performance di Lazzaroni. I migliori giocatori della nostra stagione celtica hanno tutti il comune denominatore dell’alto minutaggio: 1240 Ruzza, 802 Padovani (che ha giocato anche con la Nazionale), 939 Bronzini, 1172 Budd. Chiaro che chi gioca bene e non va incontro ad infortuni viene confermato, ma tutto parte dalla continuità e dal testarsi in partita. La domanda è automatica: quanto avrebbero potuto migliorare tutti coloro che militano nelle franchigie ma che trovano, al contrario del flanker ex Mogliano, poco spazio in squadra?

 

 

Meglio un minuto in Eccellenza che la tribuna celtica

Qualunque sportivo si interpelli, la risposta è sempre la stessa: si cresce di più in un’ora di partita che in dieci di allenamento. Certo, non tutti i contesti si equivalgono. C’è una bella differenza tra giocare un Test Match contro una Tier Two e una partita del Sei Nazioni, così come una semifinale di Champions Cup e una partita di campionato di medio/bassa classifica. C’è anche differenza tra una partita di Pro12 e una di Eccellenza, chiaro: ma se le alternative sono tribuna celtica da una parte e ora di gioco nel campionato nazionale dall’altra, la scelta nemmeno si deve porre. E qui le cose possono e devono cambiare.

 

 

Quando Ambrosini ci disse: se non giochi non puoi dimostrare niente

james ambrosini

ph. Ottavia Da Re

“Se sapevo che avrei trovato poco minutaggio sicuramente mi sarebbe servito giocare per una squadra di Eccellenza. Al di là del mio caso, credo sarebbe importante coinvolgere a livello di Eccellenza chi non va in campo con le franchigie, perché si innalzerebbe il livello e i giocatori avrebbero l’opportunità di dimostrare il proprio valore”. Parole queste di James Ambrosini, che abbiamo intervistato a dicembre. Continuava l’ex giocatore della Benetton: “Non giocando non si mostra niente, ci si sente frustrati e arrabbiati. Ricordo che avevo tantissima voglia di poter mostrare il mio valore e mettermi in gioco…Sarebbe stato utile avere una sorta di Benetton A in Eccellenza, come funziona in Premiership con la A-League. Ovviamente non sta a me dire come e in che modo: la mia è semplicemente la testimonianza di un giocatore”.

Il come, resta chiaramente l’aspetto più difficile con cui fare i conti. Ma un modo per coinvolgere almeno i più giovani (diciamo Under 23?) in Eccellenza quando non convocati con le franchigie (chiaramente non per motivi fisico/atletici), deve essere trovato. E a quanto pare così accadrà una volta legata un’Accademia a ciascuna franchigia, come ci ha spiegato Stephen Aboud.

 

 

Ma forse, la difficoltà maggiore non è nemmeno il come.  Un simile “salto” costringe tutte le parti coinvolte, in primis allenatori e Presidenti di Eccellenza, a mettersi attorno a un tavolo e discutere. Costringe a mettere da parte un po’ del proprio interesse per la crescita dell’intera piramide: cresce il giovane con pochi minuti nelle franchigie che non resta fermo in tribuna, cresce la squadra di Eccellenza che accoglie un atleta di livello superiore per metà settimana. La questione insomma, sembra non riguardare solo aspetti formali come la modifica del tesseramento, ma coinvolge la sostanza intera del movimento. Un salto di maturità, né più né meno.

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