Da Roma al Brasile, un applauso alla normale anormalità di Ludovico Nitoglia

La migliore ala italiana degli ultimi 10 anni dice addio al rugby giocato. E per noi rimane un grande cruccio azzurro

ludovico nitoglia benetton rugby

La notizia è passata un po’ sotto silenzio, seguita solo dalla stampa trevigiana, dalla parte più ovale del web (ma anche qui nemmeno molto, OnRugby compreso) e poco più: lo scorso fine settimana Ludovico Nitoglia ha giocato la sua ultima partita al Monigo con la maglia del Benetton Treviso. Tra qualche giorno lo vedremo in campo a Dublino in casa del Leinster per la giornata conclusiva della regular season di Guinness Pro12 e poi lui appenderà gli scarpini al chiodo a nemmeno 33 anni (li compirà ad ottobre). Non ci sarà per lui un futuro rugbistico come tecnico o dirigente, o almeno non è previsto: andrà a vivere in Brasile con la donna che gli fa da compagna ormai da alcuni anni.

 

Per lui un saluto discreto ma ricco di amore da parte del suo pubblico e lui ha ricambiato così: “Sabato ho visto tanto affetto, spero veramente di aver trasmesso qualcosa di positivo – ha detto a La Tribuna – in verità se ne vanno anche altri, la festa era per tutti. E comunque non ero commosso. È stata una partita come le altre, ancora non mi rendo conto che era l’ultima a Monigo: contentissimo di come è finita, era da parecchio tempo che ci provavamo e finalmente la giornata speciale è arrivata. Sono certo che anche con tutte le sconfitte di quest’anno siamo riusciti a creare qualcosa di buono: ora bisognerà girare pagina per fare una squadra forte; il Connacht due anni fa era come noi, guardate dov’è oggi”.

 

Piccoli flash che ci raccontano un uomo schivo, che non ama essere al centro dei riflettori (per la sua ultima gara ha ricevuto numerose richieste di intervista, compresa quella di questo sito: la risposta per tutti è stata un “no”) in un’epoca in cui l’ego è una misura importante della popolarità. Caratteristiche queste che hanno fatto breccia nel cuore dei tifosi biancoverdi e non solo. Se “Ludo” è uno dei giocatori più amati non è un caso, per nulla.
E poi c’erano le sue qualità tecniche, enormi. Perché Ludovico Nitoglia è stato la migliore ala italiana degli ultimi 10 anni almeno. Tecnica, potenza, velocità e cambio di passo erano quelle richieste dall’alto livello del rugby internazionale e Nitoglia apparteneva a quella classe lì.
Chi scrive lo ha sempre ritenuto un po’ atipico per il panorama del nostro movimento, ma forse la prospettiva non è corretta: forse Nitoglia è stato un’ala assolutamente ortodossa per i livelli internazionali di cui sopra e sono invece le nostre altre ali a non aver raggiunto quella capacità tecnico/tattica. “Ludo” diventa così una sorta di mosca bianca al contrario. Forse.

 

Nato a Roma da famiglia rugbistica, la formazione nella Primavera Rugby, l’approdo alla Lazio, poi Calvisano dove vince due scudetti, una stagione a L’Aquila e quindi il trasferimento a Treviso dove finora ha messo assieme 1020 presenze, 115 nel torneo celtico.
E c’è la nazionale. I caps per lui sono 17, con presenze al Sei Nazioni 2005 e 2006, salta il Mondiale 2007 perché ancora alle prese con i postumi di un infortunio. Poi succede qualcosa e Nitoglia decide che per lui quella azzurra è un’avventura chiusa. Mallett proverà a convincerlo, Jacques Brunel chiederà a Vittorio Munari (l’uomo che lo aveva fortemente voluto al Benetton) di smuoverlo dalle sue posizioni ma la sua risposta non lascia spazio a fraintendimenti: “Non ho sentito Brunel e comunque la Nazionale non mi interessa. Fa piacere sentire che potrei essere utile, ma non ho cambiato idea”.
Cosa è successo? Cosa lo ha portato a una presa di posizione così netta: la vulgata più o meno infiorettata a seconda dell’aedo di turno parla di un commento molto sprezzante nei suoi confronti da parte dell’allora presidente FIR Dondi, ma nessuno conosce la verità perché Nitoglia non l’ha mai rivelata. Mai un titolo strillato, mai un commento fuori posto o del semplice sarcasmo. Niente. Ha preso la decisione che riteneva giusta ed è andato avanti per la sua strada.

 

Infine il suo impegno sociale, testimoniato anche nell’ultima sua partita al Monigo: “La mia dedica è per Celeste Carrer, la bambina affetta da SMA e per la quale abbiamo organizzato una raccolta fondi, assieme ad Alessandro, non vedente e Carlo Alberto, ragazzo down: loro sicuramente mi hanno fatto crescere molto come uomo”. Tante le campagne di cui Nitoglia si è fatto portavoce, cosa per lui normale e naturale e che a Treviso ha trovato terreno fertile in molti compagni di squadra che si sono subito aggregati a lui.
Ci mancherà Ludovico Nitoglia. Tanto. Ci mancherà la sua presenza/assenza con cui divideva e bilanciava il campo e i media. Ci mancherà la sua normalissima anormalità. Quella che anni fa fece dire a un altissimo dirigente FIR che “quel ragazzo è strano, non ha nemmeno il cellulare”. Ma forse anche questa è una leggenda. Forse.

 

Il Grillotalpa

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