Via al Super Rugby, il torneo che ha cambiato per sempre il volto di Ovalia

Antonio Raimondi si veste da storico e ci spiega parecchie cose della competizione che ha portato il professionismo nel rugby

ph. Brandon Malone/Action Images

Venerdì con una prima giornata tutta australiana, inizierà il Super XV 2013. E’ il torneo da sempre considerato laboratorio del rugby dell’emisfero sud, la competizione dove completano la propria formazione i futuri All Blacks, Springboks e Wallabies. La storia del torneo è lunga diciassette edizioni, partendo dal 1996, quando i cinquecentocinquanta milioni di dollari messi sul tavolo dalla News Corp. di Rupert Murdoch, diedero il via al rugby professionale e alla costituzione della Sanzar, la federazione creata dall’accordo tra le Union di Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica.
Per la verità, nel 1986 si giocava un Super Six (detto anche South Pacific Championship) cui partecipavano le australiane News South Wales e Queensland, le neozelandesi Auckland, Canterbury e Wellington, e infine una composita squadra fijana. Nel 1993 il torneo si è trasformato in Super 10 con l’inserimento delle squadre sudafricane, dopo la riapertura per la fine dell’apartheid.

 

A quell’epoca, molto raramente, ci arrivavano le immagini dall’altra parte del mondo. Rimanevano nell’ambito del “sarebbe bello se…”. Le cose però sono cambiate, quasi all’improvviso, dopo un processo che aveva avuto il suo primo annuncio con la nascita della Coppa del Mondo del 1987.  L’annuncio che diede inizio alla trasformazione arrivò durante la fase finale della Coppa del Mondo 1995: l’accordo con NewsCorp. e la nascita di Tri Nations e Super 12. Dal 1996 a oggi le squadre sono diventate quindici, senza soffermarci sui vari passaggi, il calendario è arrivato un impegno di venti week end di regular season (ogni squadra gioca in realtà sedici partite) e il torneo si sviluppa da febbraio alla finale pianificata il due di agosto, con una pausa di tre settimane a giugno. I play off, già dalla stagione scorsa, sono stati allargati a sei squadre.
Abbiamo visto molto in breve la storia del torneo che abbiamo visto crescere, proprio grazie alla televisione, anche perché fin dall’inizio è nato per essere anche un prodotto televisivo, tanto che ormai si va per “cicli” commerciali. L’attuale formula, rimarrà fino al 2015, quando sarà possibile un nuovo allargamento, si parla tanto dell’inserimento della franchigia argentina, dopo l’ammissione dei Pumas nel Rugby Championship, l’ex Tri Nations, ma non solo.

 

Proprio al fine di rendere il torneo più interessante nei tre mercati nazionali, nella formula ora in vigore, sono state implementate le tre “Conference” locali da cinque squadre. Ogni team giocherà partite di andata e ritorno contro le squadre della conference di appartenenza, per un totale di otto partite. Inoltre giocherà altre otto partite, quattro in casa e quattro in trasferta, contro otto delle dieci rimanenti squadre, osservando due turni di riposo. Una formula un po’ cervellotica, che garantisce il 50% di derby e che fa i conti con trasferte intercontinentali. Ogni squadra giocherà solo quattro partite al di fuori del proprio paese.
La vincente di ogni conference accede ai play off, mentre per l’assegnazione degli altri tre posti, così come per i primi due posti che offrono l’accesso diretto in semifinale, si procede attraverso la classifica generale, combinando le tre conference. I primi due vanno alla semifinale che si gioca in una partita, mentre terza e sesta e quarta e quinta si giocano gli altri due posti disponibili per le semifinali.
La nuova formula, stando ai dati diffusi da Sanzar, ha funzionato in termini di presenze allo stadio e davanti alla televisione, rispettivamente un +4% e +16%. In questo torneo, più di ogni altro, c’è attenzione allo spettacolo: altri indicatori positivi del 2012 sono la palla in gioco vicina ai trentacinque minuti per match e le mischie risolte al primo colpo che sono state il 60% + 15% rispetto alla stagione precedente, e infine la prevalenza del gioco alla mano su quello al piede con quarantuno calci di media contro i settantadue del 2009.

 

Da sempre il Super Rugby è stato campo per le sperimentazioni in ogni area . Per una volta, anche a causa del ciclo delle stagioni e dei tempi di decisione dell’International Board, arriva per ultimo. In questa edizione vedremo per la prima volta l’applicazione della sperimentazione del TMO potenziato, con possibilità di andare a controllare le due fasi precedenti la marcatura di una meta, nel sistema utilizzato in Currie Cup, approvato dall’International Board ed esteso a tutto il mondo. Poi c’è anche quel cartellino bianco, che non caccia dal campo temporaneamente, ma segnala al “citing commissioner” che c’è un episodio non chiaro da riguardare con attenzione.
Mentre è al via la nuova stagione, già si parla delle modifiche che il torneo potrebbe subire dalla stagione 2016. C’è apertura, perché si cercano nuovi mercati. Come già sottolineato l’Argentina è lo sbocco più naturale e credibile, ma non solo, perché si guarda all’America del nord, dove anche l’Inghilterra ha visto un territorio interessante, oltre a oriente, dove già c’è concorrenza, se pensiamo che anche il campione del mondo Richard Kahui, che ha soltanto ventisette anni, al termine di questa stagione si trasferirà in Giappone.

 

Proprio recentemente il Presidente della federazione neozelandese Steve Tew ha dichiarato di essere aperto a nuove prospettive, mettendo tuttavia delle condizioni non negoziabili: a) non aumentare l’impegno dei giocatori, b) non diminuire il valore commerciale e la forza del torneo internamente, c) il torneo deve rimanere competitivo.
Il tema dell’utilizzo dei giocatori è tenuto in alta considerazione dalla federazione neozelandese, che vuole preservare la forza degli All Blacks. Ad esempio in questo 2013 non è previsto il quarto test, fuori dalla finestra IRB di novembre, quello che i tutti neri giocavano per fare cassetta. Il nuovo sponsor, che ha violato la maglia degli AB, garantisce entrate sufficienti, per risparmiare le energie dei giocatori. Per intenderci, nel 2012, il quarto test di novembre (che si è giocato in dicembre) è stato quello perso dalla Nuova Zelanda a Twickenham contro l’Inghilterra.

 

Nel corso degli anni, soprattutto dall’emisfero nord, sono arrivate critiche sul Super Rugby, per la ricerca, a volte esasperata, dello spettacolo. Dalla volontà di incoraggiare il gioco d’attacco è arrivato il sistema dei punteggi con bonus. Nato nel 1995 per il campionato neozelandese, fin dalla prima edizione è stato adottato dal Super Rugby professionistico. Il grande confronto è con l’Heineken Cup e non c’è dubbio che siano due modelli differenti, che pure sviluppano (e usurano) i giocatori in modi differenti.
I campi, prevalentemente asciutti, dell’emisfero sud favoriscono il gioco di corsa, dando spazio a quel rugby positivo, promosso prima di tutti dal coach campione del mondo Graham Henry. Un gioco capace di sviluppare le qualità atletiche e la tecnica individuale, mentre sui campi pesanti e più lenti dell’emisfero nord, è più facile sviluppare le qualità di combattimento, di corpo a corpo, anche se ultimamente, anche in Europa, c’è una generale ricerca del gioco e dello spettacolo, ne è testimonianza il campionato inglese.

 

I principali tornei dei due emisferi esprimono caratteristiche che sono il frutto delle differenti strutture organizzative e di controllo, che alla fine evidenziano anche problemi di gestione differenti: ne sa qualcosa la Francia che sta faticando nel Torneo delle Sei Nazioni a trovare equilibrio tra il rendimento dei giocatori nel campionato e con la Nazionale; ne sanno qualcosa Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica, che sempre più spesso vedono partire i loro giocatori migliori per l’Europa o il Giappone.
Il Super Rugby è per i giocatori l’ultimo gradino di crescita per giocare con una delle prime tre nazionali del ranking mondiale. Sempre più torneo per giovani, piattaforma, oltre che per la Nazionale, per i guadagni che soltanto i club più ricchi d’Europa possono garantire. Un ricambio che in pratica va di pari passo con il ciclo della Coppa del Mondo.
Resta però il torneo nel quale si può apprezzare il rugby più spettacolare, dove magari l’errore non ha un peso specifico esagerato, ma proprio per questo permette ai giocatori di osare, qualche volta sprecare, ma molte altre di farci vedere qualcosa di straordinario.

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