Scozia-Italia, una sconfitta senza “se” e con qualche “ma”

Uno schiaffone tanto duro quanto meritato, ma il ko di Edimburgo non è come le altre sconfitte a cui siamo abituati. Ecco perché

ph. Sebastiano Pessina

Sgombriamo subito il campo da ogni equivoco: il ko di Edimburgo è stato netto, inequivocabile. Il divario numerico del risultato finale (34 a 10 per i padroni di casa)  ci sta tutto. Come recita il titolo di questo articolo è una sconfitta senza “se”.
Quali i “ma” allora? Sono sostanzialmente due e sono importanti, perché rendono questa caduta in qualche modo diversa dalle tante simili a cui eravamo/siamo (purtroppo) abituati.
1) L’Italia spesso ha perso senza dare l’impressione di poter fare molto di più di quanto concretizzato in campo. Eravamo abituati a tirare una linea, scavare una trincea cercando di far sì che fosse la più profonda possibile e poco altro. Quando avevamo la palla in mano non sapevamo che farne. Bravi a difendere, a placcare, a stare in mischia, ma poi? Se c’era qualche invenzione personale bene, altrimenti… Le poche vittorie ottenute erano tutte riassumibili nell’assunto “io devo fare una partita perfetta e loro devono sbagliare tutto”.
Oggi non è più così. L’Italia è una squadra che gioca a rugby. Che difende e che attacca, che quando ha il possesso del pallone ha in testa una o più idee, ha un gameplan. Poi queste cose possono riuscire o meno, il piano di gioco può essere più o meno efficace, ma questo è un altro discorso. Gli azzurri in Scozia hanno perso perché hanno trovato davanti a loro una squadra meglio organizzata, che ha “semplicemente” giocato meglio. Nello sport capita. Però l’Italia a Edimburgo a giocare (sottolineamo: a giocare) ci ha provato. La vittoria dell’Olimpico sulla Francia, abbiamo detto in tanti, non è come le altre vittorie, il ko di sabato per quanto netto non è come le altre sconfitte. Dietro rimane comunque lo scheletro di una squadra vera.

 

2) Il secondo “se” riguarda l’approccio mentale alla partita. Non siamo stati “cattivi” al punto giusto, non come gli scozzesi, ma nessuno può dire che gli azzurri siano scesi in campo scarichi o ancora ebbri del trionfo sulla Francia. Due anni fa dopo la vittoria sui galletti del Flaminio andammo a Edimburgo e finì 21 a 8, ma quella era una squadra che staccò la spina dopo nemmeno mezz’ora di gioco, svuotata e sazia del trionfo di una settimana prima. Sabato l’Italia ha sempre provato a costruire. Certo i risultati non sono arrivati e alla fine le partite le vinci con quelli, ma l’impressione che ha lasciato la Banda Brunel è che il Galles tra due sabati dovrà faticare parecchio.

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