Il futuro dell’Italia secondo Quesada: profondità, Under 20, gli Azzurri fuori dal giro e il Mondiale 2027

Seconda parte dell’intervista al tecnico azzurro: “Nel 2026 il calendario più duro degli ultimi 20 anni. Zarantonello e Gallagher? La porta non è chiusa a nessuno, contano prestazioni e minutaggi nei club. Sui giovani ho già parlato con Di Giandomenico, sappiamo come gestirli”

Il futuro dell’Italia secondo Quesada: profondità, Under 20, gli Azzurri fuori dal giro e il Mondiale 2027

Il futuro dell’Italia secondo Quesada: profondità, Under 20, gli Azzurri fuori dal giro e il Mondiale 2027

L’Italia di Gonzalo Quesada è al giro di boa: dopo 2 anni di gestione e un primo bilancio tracciato ai microfoni di OnRugby, il tecnico azzurro analizza quello che sarà il percorso degli Azzurri verso la Rugby World Cup 2027. Tanti i traguardi raggiunti finora, ma tanti anche quelli ancora da raggiungere per arrivare nel migliore dei modi al Mondiale australiano.

In cosa deve ancora migliorare l’Italia per arrivare pronta al prossimo Mondiale?

“Il primo punto chiave è l’aumento della profondità del gruppo. Siamo già una buona squadra ma abbiamo bisogno di far crescere altri giocatori, trovare ancora più opzioni, soprattutto tra i ragazzi più giovani: per dire, quelli che oggi sono under 20 nell’anno del Mondiale avranno 22 anni. Continueremo ad integrare altri giovani anche l’anno prossimo, anche pensando a un altro fattore chiave: durante i mesi di preparazione al Mondiale purtroppo tutte le squadre perdono dei giocatori, soprattutto nelle amichevoli. Dobbiamo essere pronti anche a questa eventualità: se qualche ragazzo non potrà giocare dovremo essere ben coperti, in qualsiasi ruolo. Sento che in alcuni aspetti manca ancora un po’ di profondità. Dove possiamo migliorare per quanto riguarda il gioco? Oggi attacchiamo bene, difendiamo bene, abbiamo una touche efficace, una mischia che non smette di crescere e pur essendo più leggera dei giganti sudafricani riesce a gestire delle situazioni delicate contro di loro e a dominare spesso contro tutti gli altri. La prossima fase importante del lavoro consisterà nello sviluppare quella che definisco la nostra ‘mentalità collettiva’”.

Cosa intende?

“In alcuni momenti dobbiamo essere più solidi, imparare a gestire meglio i momenti difficili della partita, così come dobbiamo essere ancora più concreti nei nostri momenti positivi, portando a casa ancora più punti: contro il Sudafrica a Torino abbiamo dominato nel primo tempo ma non siamo riusciti a segnare. Ci sono tante situazioni in cui siamo in dominio, abbiamo possesso, territorio, attacchiamo e la squadra avversaria è in difficoltà, ma non riusciamo a segnare perché magari commettiamo errori evitabili o sbagliamo un calcio di punizione. Questi momenti positivi devono essere trasformati in punti, nello stesso modo in cui a volte ci troviamo in difficoltà e dobbiamo essere un po’ più disciplinati, lasciare passare la tempesta, ritrovare l’equilibrio, mantenere il focus sulla disciplina e sul rispetto dei ruoli, senza perdere l’ordine e concedere punti facili. Abbiamo già fatto grandi passi avanti in questo senso, ma dobbiamo continuare se vogliamo davvero competere su 80’ contro i migliori al mondo”.

Ha parlato di profondità. Il Nations Championship in questo senso può essere un “problema”, non avendo più sfide contro Tier 2?

“Magari può essere una difficoltà in più, ma credo che se un giocatore si dimostra performante in URC o contro squadre di Premiership o Top 14, per me è già vicino al livello che serve per esordire a livello internazionale. Per cui, se riteniamo che dei giocatori saranno pronti li considereremo anche se avremo di fronte Nuova Zelanda o Inghilterra: ovviamente vogliamo fare il miglior Nations Championship possibile, ma non perdiamo di vista il nostro obiettivo principale, che è arrivare al meglio al prossimo Mondiale. Come dicevo, abbiamo bisogno di aumentare la nostra profondità, e se vedremo dei giocatori pronti per la Nazionale li useremo senza guardare troppo all’avversario”.

Ci sono giocatori come Zarantonello, Gallagher, Manfredi, Ceccarelli e altri che sono rimasti un po’ fuori dal giro ultimamente. Ci saranno possibilità anche per loro?

“La porta non è mai chiusa per nessuno. La nostra analisi parte sempre dalle prestazioni e dai minutaggi, e da un concetto che ho già espresso: se due giocatori sono di livello simile e uno gioca nelle franchigie e uno in Premiership o Top 14, noi sceglieremo il primo perché possiamo gestirlo meglio e può allenarsi più tempo con noi. Per il resto, i giocatori citati si sono trovati in concorrenza con dei ragazzi che si sono dimostrati un po’ più avanti e che hanno giocato molto bene, quindi abbiamo dovuto fare delle scelte. La decisione dipende al 100% dalle performance in campo e dal minutaggio: se giochi molto poco nel tuo club poi diventa difficile essere preso in considerazione per la Nazionale”.

Come verranno gestiti i giocatori ancora nel giro dell’Under 20? Todaro e Opoku, ad esempio, hanno già esordito in azzurro, ma sono ancora convocabili per le giovanili…

“Oltre a Edoardo ed Enoch in questi mesi abbiamo tenuto d’occhio altri due giocatori anche senza convocarli: Malik Faissal e Roberto Fasti. Ho parlato con Andrea di Giandomenico, a cui faccio i complimenti e che ritengo una scelta eccellente per allenare l’Under 20, e ci siamo trovati pienamente d’accordo su come gestire i ragazzi: saranno convocati con la maggiore solo quelli che sappiamo con certezza o quasi di schierare nei 23 per la partita. Non avrebbe senso convocare un ragazzo solo per preparare le partite per poi non farlo giocare e impedirgli quindi di scendere in campo anche in Under 20. Se chiameremo qualcuno, sarà perché avrà reali possibilità di entrare nei 23”.

C’è qualche giocatore che non ha ancora ottenuto il primo cap e le piacerebbe far esordire nei prossimi due anni?

“Mi piacerebbe dare un’opportunità a Damiano Mazza, perché ha delle belle qualità, è stato con noi a novembre e si è dimostrato un esempio di lavoro e umiltà. Dipenderà tutto da lui e dalle sue performance, ovviamente, ma fa parte di quelli che mi piacerebbe far esordire. Tutti quelli che pensavamo meritassero un’opportunità l’hanno avuta, e sarà sempre così. Nel prossimo Sei Nazioni schiereremo sempre in campo i giocatori che riterremo i migliori e i più in forma in quel momento”.

Un Sei Nazioni in cui confermarsi, e poi un National Championship dove bisognerà confermare i recenti successi con Australia e Giappone. Quali saranno gli obiettivi?

“Credo sia il calendario più duro degli ultimi 20 anni dell’Italia! Oltre alle tre partite fuori casa nel Sei Nazioni contro Irlanda, Francia e Galles, andremo in Giappone, dove abbiamo vinto l’ultima volta facendo 40 punti, contro una squadra che è in seconda fascia come noi al Mondiale e non può più permettersi di perdere in casa contro di noi. E poi affronteremo in trasferta Australia e Nuova Zelanda, prima di ospitare a novembre Sudafrica, Argentina e Fiji: è difficile trovare un calendario più duro. Ho già parlato con i ragazzi e lo ribadirò all’inizio del prossimo raduno: il 2026 sarà una prova e una sfida gigantesca. Saranno tutti grandi avversari e quasi tutti davanti a noi nel ranking, ma abbiamo fiducia in noi e nel nostro lavoro, giocheremo tutte le partite con l’ambizione di vincere, di crescere, di continuare a migliorare. Non abbiamo fissato obiettivi di risultati, non lo facciamo mai, ma ancor meno possiamo farlo quest’anno con un calendario così difficile. Ci concentreremo prima di tutto sul Sei Nazioni, dove abbiamo la Scozia alla prima giornata. Poi da lì affronteremo le altre partite una dopo l’altra con la stessa voglia, la stessa energia e lo stesso entusiasmo di sempre”.

La stuzzico un po’: sulla carta sembra che l’Italia debba fare la corsa contro il Galles per quanto riguarda la classifica…

“Lo capisco, a volte leggo articoli e commenti a riguardo, ma spesso da fuori è difficile immaginare il modo in cui approcciamo le cose. Noi prepariamo ogni settimana la partita successiva cercando di utilizzare tutti i mezzi a nostra disposizione per vincere, contro tutti gli avversari. Chiaramente gli ultimi risultati ci danno molta fiducia, sappiamo che se ci prepariamo individualmente e collettivamente con molta intensità e attenzione ai dettagli, se mettiamo in campo ciò a cui lavoriamo durante la settimana abbiamo la possibilità di vincere, e proveremo a farlo sempre. Non è questione di finire davanti al Galles, alla Scozia, alla Francia o a chiunque altro: al Sei Nazioni si parte tutti da 0, e ce la giocheremo contro tutti, consapevoli del livello altissimo degli avversari, ma anche fiduciosi nelle nostre capacità di poter essere sempre competitivi.

La terza linea è sempre stato il reparto più “bloccato” per quanto riguarda la concorrenza, con tanti giocatori inamovibili. Oggi però sappiamo che Vintcent non ci sarà e che Negri deve ancora recuperare dopo tanti infortuni, quali giocatori sta tenendo d’occhio?

“La speranza è quella di riuscire a recuperare Seb Negri, un giocatore di qualità, ma forse non sarà pronto per il Sei Nazioni. Teniamo sempre sotto controllo Izekor, e poi guardiamo molto attentamente le terze linee delle Zebre: Ferrari, Odiase, Stavile, Locatelli, Ortombina, Licata, sono tutti giocatori che abbiamo identificato come possibili alternative, e tutti possono giocarsi l’opportunità di essere convocati. Mi aspetto una grande progressione di questi ragazzi per avere ancora più profondità in vista del Sei Nazioni”.

Francesco Palma

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