L’Italia di Gonzalo Quesada spiegata da Gonzalo Quesada: un Sei Nazioni su due binari

Attualità, sensazioni e prospettive del ct degli Azzurri in vista del suo primo Sei Nazioni

L'Italia di Gonzalo Quesada spiegata da Gonzalo Quesada: un Sei Nazioni su due binari

L’Italia di Gonzalo Quesada spiegata da Gonzalo Quesada: un Sei Nazioni su due binari (Ph. Sebastiano Pessina)

Entusiasmo, volontà e chiarezza nelle idee e nei concetti. Le prime cose che colpiscono intervistando Gonzalo Quesada sono queste. Il nuovo allenatore dell’Italia non gioca a nascondersi, anzi: fissa già i suoi obiettivi, pur sapendo quali sono gli ordini di grandezza contro cui scontrarsi e su cui sta già lavorando e lavorerà nel prossimo Sei Nazioni.

Vuole un torneo che faccia vedere un’Italia competitiva, ma che consenta agli Azzurri anche di cominciare ad assimilare delle nuove idee per i prossimi appuntamenti internazionali. Gonzalo Quesada è idealmente pronto a scendere in campo.

Leggi anche, Sei Nazioni 2024: i convocati dell’Italia per Inghilterra e Irlanda

L’Italia di Gonzalo Quesada – Intervista al ct degli Azzurri

Gonzalo Quesada, andiamo verso l’inizio del Sei Nazioni che lei ha già vissuto in parte facendo in passato l’assistente allenatore all’interno dello staff tecnico della Francia. Questa volta però sarà diverso: cosa si aspetta?
“Poter vivere e partecipare al Sei Nazioni, inteso come torneo e appuntamento, è stata sicuramente una delle ragioni per le quali ho accettato questa sfida da capoallenatore dell’Italia. Per me è un onore: so che sarà difficile, perché ci misureremo con cinque squadre che hanno sicuramente più possibilità di noi all’interno del torneo, ma so anche che alleno una squadra giovane che ha molta voglia di fare bene, di crescere e di far vedere che ha un’etica del lavoro importante. Vogliamo competere contro queste squadre facendo vedere sul campo di avere tante armi per stare lì”.

Parola d’ordine “competere” e per farlo, al suo fianco, ci sarà uno staff molto strutturato. Gonzalo Quesada, in particolare, di cosa si occuperà?
“Sono arrivato accettando lo staff presente: ho trovato dall’inizio del 2024 anche Philippe Doussy, che non ho chiesto io, ma che sono contento di avere a disposizione. Ho chiesto invece che German Fernandez, che aveva già un ruolo nella FIR e che conosco bene, potesse unirsi a noi durante il periodo del Sei Nazioni. Penso che siamo pronti per allenare al meglio la squadra.
Personalmente, essendo il capoallenatore, dovrò cercare di coordinare tutte le aree di gioco. Entrando nello specifico posso dirvi che sarò io il responsabile del sistema di gioco strategico e dell’attacco. Marius Goosen invece si occuperà della difesa, Philippe Doussy lavorerà sulle skills, dai passaggi ai calci e al gioco al piede arrivando sino alle ricezioni aeree, German Fernandez si focalizzerà sulle dinamiche intorno ai punti d’incontro, infine Andrea Moretti: lui lavorerà sugli avanti e sulle fasi statiche”.

Il citare il gioco al piede ci porta inevitabilmente a parlare di Tommaso Allan: un giocatore che negli ultimi 18 mesi è stato probabilmente il migliore di tutta la nazionale italiana per rendimento e duttilità. Sarà possibile pensare a lui anche con un ruolo da impact player?
“Tutto è possibile. Allan nel periodo indicato ha molto spesso giocato da titolare, facendo però molto di più l’estremo che l’apertura. Abbiamo tanti giocatori interessanti, che però non sempre hanno giocato da titolari. Dovremo capire come mixarli sul campo. Sicuramente il fatto di poter coprire più ruoli per alcuni di loro, ad esempio Capuozzo, che può giocare estremo o ala, o Garbisi, che può fare l’apertura o il primo centro, è un vantaggio: questo ci dà anche l’idea di avere una panchina forte. La cosa che mi dispiace è che, almeno all’inizio, avremo poco tempo, perché tutti i giocatori che giocano con club esteri arriveranno all’ultimo, sperando che non abbiano problemi fisici o affaticamenti in vista del match contro l’Inghilterra. Come ho detto all’inizio: tutto è ancora aperto sul tavolo delle nostre idee”.

Restiamo sui trequarti, in particolare sul reparto dei centri: Brex e Menoncello sono visti da tutti come sicuri titolari. Alle loro spalle vi sono, con caratteristiche e opzioni profondamente diverse, due profili come Zanon e Mori. Come potranno integrarsi?
“In tutti i ruoli abbiamo deciso di prendere i giocatori che per noi hanno meritato di più. Brex e Menoncello sono quelli che hanno più “esperienza” per partire dall’inizio, ma Zanon e Mori ha disputato sin qui un’ottima stagione: sappiamo cosa ci possono dare e quali sono gli aspetti sui quali dovranno lavorare per sviluppare un determinato tipo di gioco (riferimento all’attenzione difensiva, ndr). Intanto li abbiamo scelti, sono con noi e vedremo cosa sapranno fare, poi capiremo quando impiegarli: quando faccio la formazione insieme al mio staff, nessuno di noi pensa a un giocatore solo in particolare, ma al fatto di mettere insieme una squadra che possa funzionare in maniera performante. Dobbiamo trovare equilibrio pensando a chi inizierà la gara e a chi la potrà finire. Ci servono giocatori in forma e questi quattro centri al momento sono i migliori per l’Italia”.

L’ultima domanda. E’ un’Italia che vuole fondare una parte importante del suo gioco sulla conquista e questo ci porta a parlare della prima e della terza linea, due reparti di cui fa parte un giocatore come il capitano Michele Lamaro e nel quale ci sono tanti potenziali esordienti: è li che si vorrà costruire il cuore della “Nuova Italia”?
“Si, ma non solo. Questo Sei Nazioni dovrà vivere su due binari di obiettivi. Il primo quello di essere immediatamente competitivi, il secondo quello di pensare al futuro iniziando a innestare principi e metodi di lavoro per giovani giocatori che dovranno essere poi pronti a prendersi responsabilità. Sappiamo quali sono gli standard del rugby internazionale: ci saranno elementi pronti da subito ed elementi che invece ci metteranno più tempo. Con l’Inghilterra non ci saranno sperimentazioni, vogliamo entrare in campo con una squadra che ha dei riferimenti e che se la vuole giocare”.

Di Michele Cassano

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