Il nuovo DNA azzurro secondo Franco Smith: imprevedibilità, etica del lavoro e impatto fisico

Il CT ha affrontato diversi temi nella prima puntata dei FIRTalks, appuntamento sui profili social della federazione

Franco Smith (ph. Sebastiano Pessina)

Nella prima puntata dei FIRTalks, una nuova rubrica online – si dipanerà, settimana dopo settimana, attraverso una serie di confronti tra tecnici, preparatori e altri professionisti del panorama rugbistico nazionale, ed il pubblico -, disponibile sui profili social (facebook e youtube) della federazione italiana rugby, un ospite d’onore come Franco Smith, capo allenatore della nazionale maggiore, ha aperto le danze della trasmissione, trattando diversi temi d’interesse.

Leggi anche: Dalla conferenza di Bill Beaumont: il Sei Nazioni non cambierà, nonostante la Nations Cup

Qui potete rivedere l’intera puntata:

Alcuni dei temi principali trattati

Gruppo Azzurro e DNA

“Nella costruzione del gruppo in questo Sei Nazioni abbiamo cercato di creare una compagine equilibrata. Da un lato abbiamo rinfrescato la rosa, con l’inserimento di alcuni giovani, dall’altro abbiamo mantenuto alcune figure di grande esperienza come Dean Budd ed Alessandro Zanni. Avevo troppo poco tempo a disposizione per ponderare realmente tutti gli elementi a disposizione, soprattutto quelli che non avevano un grandissimo storico in Pro14. In questa prima fase, ad ogni modo, l’obiettivo era mettere in chiaro quale sia il sistema a cui affidarci. Abbiamo mostrato ai ragazzi cosa vogliamo, ora dovremo metterci in moto per raggiungere i nostri traguardi.

Prima di far entrare giocatori giovani, tanto per farli entrare, penso sia fondamentale formare giocatori secondo quello che deve essere il nostro DNA, sin dalle categorie giovanili, secondo tre caratteristiche fondamentali: impatto fisico, imprevedibilità ed etica del lavoro, dentro e fuori dal campo.

Vorremmo essere fisicamente più presenti, più efficaci in Mischia, in maul, più esplosivi in accelerazione andando a contatto. Più presenti in difesa, vincendo sempre le collisioni sul placcaggio. Ed essere molto più imprevedibili: nessuno dovrebbe sapere cosa stiamo per proporre nella nostra offensiva. Vogliamo tenere viva la palla decisamente di più, giocare velocemente calci di punizione e contrattaccare alla mano con imprevedibilità anche da molto lontano rispetto all’area di meta. Queste caratteristiche vanno sicuramente sviluppate sin da piccoli”.

Giovanili

“Nelle categorie giovanili, i ragazzini dovrebbero pensare a cosa fare quando hanno la palla. Non a come avere la palla. Da piccolo alleni le skills primarie, cosicché da grande, ad un certo livello, potrai lavorare bene su quelle secondarie. Quando allenavo in Sudafrica – dove i ragazzini fino ai 13 anni corrono scalzi, aspetto molto importante per crescere a livello motorio -, ad un certo punto iniziarono ad esserci grandi critiche sulla nazionale, perché a un certo punto eravamo senza confidenza.

Tante palle perse a contatto. Roba non da livello internazionale. Problemi la cui genesi era ed è da ricercare nella gestione dei settori giovanili. Purtroppo, anche nella Rainbow Nation, per un allenatore, vincere era troppo importante, anche per i coach di under 9 ed under 12. Tutti puntavano alla vittoria di una partita o di un torneo, invece che a sviluppare le abilità. Paradossale, visto che è l’età decisiva per innestare il DNA sportivo corretto in un atleta”.

Diversi motivi dislivello tra i risultati delle selezioni giovanili e quella seniores

“Quando si passa da giovanili a seniores c’è sempre un margine errore inferiore. Lo spazio in campo è minore, così come il tempo per prendere una decisione. Se parliamo degli avanti, poi, tanti giocatori che possono essere prima/seconda/terza linea, in Under 20, non hanno il livello fisico tale per il Pro14. Se giochi in Under 20 avrai di fronte esclusivamente ragazzi della tua età. A 21 anni, invece, ti ritrovi catapultato contro quelli di 35, con un’esperienza ed uno skills set diverso. Abbiamo iniziato a lavorare su un percorso per questi ragazzi di qualità che consenta loro di mantenere fiducia ed autostima anche negli anni immediatamente successivi al termine della carriera Junior”.

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