Giocare con e contro Jonny Wilkinson: ce lo spiega Matt Giteau

L’australiano racconta un punto di vista inedito sul fuoriclasse inglese

AFP PHOTO/GEOFF CADDICK (Photo by GEOFF CADDICK / AFP)

Jonny Wilkinson visto con gli occhi di Matt Giteau, prima da rivale e poi da compagno di squadra al Tolone. Il punto di vista privilegiato dell’internazionale australiano che, in un’intervista al talk show ovale House of Rugby, ha raccontato il modo di giocare della leggendaria apertura inglese.

Da avversario
Salto indietro alla Rugby World Cup 2007 in Francia, l’Inghilterra detiene il titolo di campione del mondo dopo aver battuto proprio l’Australia nel 2003. Il duello si ripropone quattro anni dopo in terra transalpina, questa volta però ai quarti di finale, ma l’esito finale (12-10, con tutti i punti britannici messi a segno proprio da Wilkinson) non cambia: “E’ un giocatore irreale – rivela Giteau con ammirazione – quando sei in Australia in realtà, a causa del fuso orario, non hai molto tempo per guardare il Sei Nazioni o le coppe europee, ma alla Coppa del Mondo 2007 lo ricordo bene: tutti mostravano gli highlights del suo drop di quattro anni prima. In quell’occasione ci batterono a Marsiglia. In una situazione fuori dai 22 provò a pescare all’ala Paul Sackey con un calcio, ma ne usci un calcio piatto che uscì e io dissi (in tono provocatorio): “Si, calciare era l’unica cosa che potevi fare”, poi sono scappato via. Ricordo poi di aver letto il suo libro: si faceva riferimento alla sfida con noi. Era improntato sul gioco al piede e fu con quello appunto che ci superò insieme ai suoi compagni”.

Da compagno
Sono i “Galacticos” a riunire sotto lo stesso cielo Giteau e Wilkinson: “A Tolone sapevo che lui era visto come un re, ma probabilmente avevo sottovalutato quanto fosse duro come giocatore. Le abilità che aveva e il modo di controllare e gestire le fasi del gameplan per me erano perfette. In quegli anni probabilmente ho giocato un po’ di più come vedendo cosa succedesse davanti ai miei occhi. Se avessi seguito il gameplan per 80′ questo mi avrebbe portato, a livello mentale, a una battaglia interiore.
Ci fidavamo ognuno delle chiamate dell’altro, Jonny aveva la gestione, le cose si incasellarono da subito nel modo giusto”.

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