Essere giovani oggi, tra pochi spazi e tornei che sono delle torri di Babele

Si parte dalla Francia ma si arriva in Italia, passando per Saint-André e la nazionali U20. E tutte le lingue di Ovalia

ph. Marko Djurica/Action Images

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La vogliamo lanciare una provocazione? Tanto lo fanno tutti… Eccola: la Francia (ovale) è come l’Italia di 15-20 anni fa, più o meno. Ottimi talenti indigeni, stranieri di grande livello ma in numero eccessivo, anche e soprattutto nelle serie inferiori.
La stampa transalpina a più riprese ha affrontato la questione negli ultimi anni. Da un lato c’è l’orgoglio nazionalista per le affermazioni continentali dei propri club e per la capacità di attirare  i più grandi nomi di Ovalia ma dall’altro la preoccupazione per il futuro del movimento, una preoccupazione che trova riscontro nei non eccelsi risultati della nazionale, che dopo il 2010 – Sei Nazioni vinto con tanto di Grande Slam – non ha mai convinto fino in fondo, nonostante la finale della RWC 2011, arrivata al termine di un torneo in cui i bleus hanno raccolto più critiche che plausi.

 

Qualche settimana fa Midi Olympique sottolineava che nei campionati amatoriali, ovvero dalla Fédérale 1 compresa a scendere, sono ben 125 le nazionalità rappresentate. Lo scriviamo in lettere: centoventicinque. Certo, non va dimenticato che la Francia è un ex impero coloniale e che è polo d’attrazione per l’immigrazione di persone che arrivano da ogni dove, ma 125 paesi rappresentati sono davvero tanti e si fa prima a dire quelli che non ci sono.
Una situazione, fa sapere il magazine transalpino, che è particolarmente preoccupante in Fédérale 1 dove il tasso di stranieri in questa stagione è aumentato a tassi strabilianti, quasi del 50%: erano 223 un anno fa e sono 360 oggi, con una media di 9 per ogni squadra iscritta al torneo. Un poì meglio vanno le cose in Fédérale 2, dove però le società che non hanno tesserato nemmeno uno straniero sono solo 11 su 80, tasso che in Fédérale 3 sale a 59 club solo “francesi” su un totale di 160. Numeri che poi andrebbero letti anche attraverso la loro collocazione geografica ma che nel complesso danno comunque una visione d’insieme piuttosto completa.

 

Si fa ricorso a tanti stranieri per far fronte alle mancanze di una “produzione” di giocatori che non è più quella di un tempo? Difficile dirlo. Di sicuro il problema di un numero ritenuto eccessivo di stranieri è arrivato anche nel Top 14. Il ct della nazionale bleus Philippe Saint-André ha alzato il problema già nel corso dell’ultimo Sei Nazioni con una dichiarazione che abbiamo già pubblicato a suo tempo ma che vi riportiamo ancora: “Lo scorso anno la nazionale francese U20 ha vinto il Sei Nazioni di categoria con tanto di Grande Slam. Ma tra loro quanti giocano nel Top 14? Camara ha giocato 5 o 6 partite con Tolosa, Jedrasiak tre a Clermont e Serin qualcuna a Bordeaux. Solo in tre hanno messo assieme qualche presenza, gli altri dove sono? Se io devo aspettare d’avere 25 anni per giocare nel Top 14… Io a 17 anni ero in prima divisione e a 22 ero capitano del Clermont”.

 

Un problema tutto francese? In queste dimensioni sì, ma quanti giocatori della nostra U20 hanno buoni minutaggi in un torneo decisamente meno competitivo del Top 14 come è l’Eccellenza? Pochi, quasi nessuno. Il presidente della FIR Alfredo Gavazzi ha spesso avanzato l’idea di far giocare nel nostro massimo campionato nazionale una selezione dell’Accademia “Ivan Francescato”, l’ultima volta a inizio aprile (“L’ impostazione della U20 va rivista: la soluzione che preferisco è quella di avere una squadra in Eccellenza ma ora non è praticabile”). Una cosa magari non semplicissima da realizzare ma i problemi non sembrerebbero insormontabili. L’idea ci pare buona. E la palla l’ha in mano lui.

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