Gli arbitri, l’Italia e le altre: un metro di valutazione “variabile”

“Rugby Paper” e le mete di Vunipola e Youngs contro di noi: non andavano concesse. E si chiede: a parti inverse le avrebbero date?

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Times a parte, tra tutte le stampe estere colleghe di Sei Nazioni, quella dove si alzano diverse voci a nostro favore nella querelle Italia si-Italia no nel torneo è certamente quella inglese. La quale già nei giorni scorsi tramite autorevoli giornali (Telegraph) e autorevoli speaker (Lancaster e Cipriani) ha speso parole di conforto nei confronti degli Azzurri e della loro partecipazione al torneo più antico di Ovalia. Al coro si aggiunge ora un’altra voce, ultima in ordine di tempo ma assolutamente non meno importante e prestigiosa. Nell’ultimo numero di The Rugby Paper Jeff Probyn dedica un’intera pagina alla “questione Italia”, affrontandola da un’angolazione particolare: quella del, chiamiamolo così, trattamento arbitrale.

 

Già dall’attacco è chiaro cosa Probyn, ex pilone inglese, pensi della questione: “L’Italia ha perso le prime due partite contro le uniche squadre che ancora non è riuscita a battere. Mancano tre match, e parlare di Wooden Spoon è un po’ prematuro”. Non solo, contro l’Irlanda il turning point del match è arrivato in inferiorità numerica, mentre a Twickenham… Beh a Twickenham le cose per noi sono state rese molto più complicate da una chiamata “completamente sbagliata” (parole sue) del TMO sulla meta di Vunipola e da una cattiva interpretazione del regolamento sulla marcatura di Youngs da quick tap: non tutti i compagni al momento di battere veloce si trovavano in posizione onside (non in fuorigioco), e quindi andava fermato il gioco.

 

Poco male, penserete voi e scrive lui, “ma cosa sarebbe successo se quelle chiamate fossero state fatte contro l’Inghilterra?”. Ed è qui che l’articolo si fa parecchio intrigante.  “Per squadre come l’Italia, che cercano di ridurre il gap con le migliori, queste decisioni tagliano le gambe“. La questione è forse più delicata di quanto non sembri ad una prima lettura, e gli spunti che Rugby Paper offre sono molteplici. A parti invertite, ci avrebbero concesso la meta? Probabilmente no. Esiste una sudditanza psicologia nei confronti delle grandi squadre e che va a discapito delle “piccole”? Anche in questo caso no. Piuttosto, talvolta con certe squadre si ravvisa la maggior inclinazione a fischiare una determinata situazione rispetto ad altre squadre. Per fare un esempio, se i sudafricani continuano l’azione dopo il fischio sono provocatori di esperienza, se lo fanno isolani o georgiani vanno puniti.

 

O forse Probyn, chiedendosi cosa sarebbe accaduto se la meta di Vunipola fosse stata assegnata a noi, inconsciamente afferma che, nel dubbio e per non “tagliarci le gambe”, certe situazioni dubbie andrebbero risolte a nostro favore per tenerci in gara e non abbatere il nostro morale. Ecco, tra tutte le ipotesi questa è quella che ci piace meno. Succedeva da piccoli al campetto che una squadra partiva già sul 3-0 per manifesta inferiorità. Dopo quattordici anni di Sei Nazioni e vagonate di Euro investiti, sarebbe davvero triste e deprimente essere considerati i cugini sfigati dei grandi…

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