Jacques Brunel, bilancio di un anno azzurro

Intervista esclusiva al ct della nazionale. Cosa rimane dopo 10 mesi in sella all’Italrugby e cosa ci aspetta a partire da novembre

ph. Pino Fama

OnRugby.it non poteva chiedere di meglio per iniziare: una bella chiacchierata con Jacques Brunel, ct azzurro da quasi un anno. Una occasione per fare un po’ il punto della situazione, guardando l’acqua che è già passata sotto i ponti e cercando di capire come sarà quella che ci aspetta nei prossimi mesi, a partire dai tre test-match di novembre.
Quella che vi proponiamo oggi è la prima parte dell’intervista, tutta legata al mondo azzurro. Domani la seconda parte.

– Dieci mesi fa prendeva in mano la nazionale azzurra: quale il bilancio dopo quasi un anno?
“I bilanci in realtà sono due. Il primo è che ho avuto dieci mesi per conoscere o per cercare di conoscere meglio il rugby italiano, a qualsiasi livello. Sono andato un po’ ovunque: accademie, Eccellenza, franchigie. Sempre in giro per capire meglio e conoscere più giovani possibile.
Poi c’è il bilancio del campo. Gli azzurri hanno giocato 8 partite, ne abbiamo vinte 3, potevano essere una o due in più. Penso ovviamente all’Inghilterra e all’Argentina. Potevamo avere un bilancio migliore, possiamo avere un bilancio migliore. Abbiamo iniziato una nuova strada, dobbiamo avere più convinzione e fiducia in noi stessi. C’è tanto lavoro da fare, ma la direzione è quella giusta”.

– L’attende un lavoro più tecnico o psicologico?
“Tutti e due. Una cosa facilita l’altra, sono strettamente collegate. Dobbiamo avere l’ambizione di crescere e di sfidare chiunque. L’approccio è stato buono quasi sempre, ma – ad esempio – nel tour di giugno abbiamo avuto delle deficienze tecniche (le definisce proprio così, ndr), abbiamo perso troppi palloni, sia contro l’Argentina che contro Canada e USA. Anche quando abbiamo vinto non sono rimasto soddisfatto delle nostre prestazioni”.

– E’ vero però che è stato un tour particolare: tanti nuovi giovani e buona parte del gruppo veniva da una stagione lunghissima, iniziata addirittura dal luglio precedente…
“Volendo possiamo aggiungere il fatto che in quel tour si sono aggiunti un tot di infortuni, a cominciare da Bortolami. Ma la verità è che non abbiamo tempo”.

– Quando si è insediato ha detto che il suo obiettivo era quello di portare l’Italia nel giro di tre anni a potersi giocare il Sei Nazioni, quantomeno ad entrare nel novero delle possibili pretendenti. Dopo un anno di lavoro lo ritiene ancora raggiungibile?
“Sì, certo, è possibile raggiungerlo. Abbiamo fatto buone gare, abbiamo migliorato le nostre abilità tecniche partita dopo partita, dalla sfida con la Francia in poi. Ci sono stati anche dei passi indietro, come il secondo tempo con l’Irlanda, ma alla fine in quasi tutti gli incontri siamo stati vicini ai nostri avversari. Dobbiamo fare l’ultimo passaggio, l’ultimo livello prima del salto di qualità vero e proprio. E’ di sicuro il più difficile da fare, ma ci siamo vicini”.

ph. Pino Fama

– Ora arrivano i test di novembre: Tonga, All Blacks, Australia. Una gara alla nostra portata, da vincere, e due difficilissime. Tenendo presente che quella di novembre è l’ultima finestra internazionale buona per migliorare il proprio ranking prima dei sorteggi del 3 dicembre per la RWC 2015
“Non è solo novembre. Quest’anno giocheremo 11 partite contro squadre davanti a noi nel ranking mondiale. Il bilancio lo tireremo a fine giugno, dopo il trittico con Sudafrica, Samoa e Scozia (si tratterà di un minitorneo, ndr). Tonga è alla nostra portata? Sì, ma dobbiamo fare attenzione. Un anno fa al Mondiale hanno battuto la Francia, sono fisici e imprevedibili. Ma noi dobbiamo avere l’ambizione di vincere contro tutti, superando i nostri limiti, anche con Australia e Nuova Zelanda. Dobbiamo fare come l’Argentina, giocare con quello spirito, mettere il dubbio nella testa dei nostri avversari. E’ quello il modo di mettere in difficoltà anche gli All Blacks”.

– Ci saranno novità nelle convocazioni di novembre? Vedremo l’inserimento di nuovi giovani così come già avvenuto nei mesi scorsi?
“La novità ci sono state soprattutto a giugno. A novembre potrebbe esserci spazio per qualcun altro. Io continuo a girare. Giovedì sono andato a Narbonne a vedere Furno. Poi ci sono Fuser, Minto, Morisi, Benettin. Sono tanti quelli che tengo d’occhio. Ci sono diversi giovani che sono già nel giro ma che devono confermare il percorso che hanno iniziato, altri che possono iniziarlo. C’è comunque lo spazio per uno o due nuovi inserimenti”.

– Questa estate le nazionali azzurre, esclusa la maggiore, hanno cambiato guida tecnica. C’è stata una sua supervisione o una qualche sua indicazione?
“No, non è il mio lavoro, ma quello della federazione. E’ vero che ho proposto e indicato Gajan per le Zebre, così come ho voluto che Troncon andasse alla franchigia perché non aveva mai allenato in un club ed è un’esperienza che credo possa rivelarsi interessante e molto utile per la sua crescita. Ma per U20, Emergenti e le altre nazionali non ho dato indicazioni o suggerimenti”.

A QUESTO LINK LA SECONDA PARTE DELL’INTERVISTA

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