Ryan Jones, l’ex capitano del Galles: “Ho una forma di demenza precoce. Non so cosa sarà di me”

Il racconto di chi sta lottando contro una malattia che gli sta portando via tanto se non tutto

Ryan Jones - ph. S. Pessina

Ryan Jones, l’ex capitano del Galles: “Ho una forma di demenza precoce. Non so cosa sarà di me” – ph. S. Pessina

A 41 anni la vita di Ryan Jones, ex capitano del Galles, terza linea da 75 caps con i Dragoni e 3 caps con i British & Irish Lions, è arrivata al momento più difficile.

Il britannico infatti ha parlato al Sunday Times di quello che gli sta succedendo, in un racconto tanto drammatico quanto commovente per schiettezza e realtà delle cose.

Ryan Jones, l’ex capitano del Galles: “Ho una forma di demenza precoce. Non so cosa sarà di me”

“Mi è stata diagnosticata una forma di demenza precoce – ha detto – e ho paura: sento che il mio mondo sta andando in pezzi. Ho tre figli e tre “figliastri”: vorrei cercare di essere un padre splendido”.

Poi ha aggiunto: “Non so cosa mi riserverà il futuro. Ho vissuto 15 anni – si riferisce alla carriera – da supereroe, anche se non lo ero. Sono sempre stato abituato a vivere con le persone, a fare gruppo e ora non posso fare nulla di tutto questo. Vorrei solo vivere una vita tranquilla”.

“Mi è stato portato via qualcosa e non posso farci niente. Non posso più allenarmi e non posso neppure più fare l’arbitro delle partite dei ragazzi quando giocano a rugby, perchè in alcuni momenti non ricordo le regole del gioco”.

“Il mio futuro è incerto, questi momenti di dimenticanza non so quanto durano, a volte una, due o tre settimane e non so come e quanto progredirà la malattia. La paura ormai è dentro di me, non riesco più a scrollarmela di dosso”.

“Tutto sta diventando difficile, dalle piccole cose quotidiane al rapportarsi con le persone nelle relazioni. Vorrei capire come far rallentare la malattia, ma non si può”.

Infine ha così concluso: “Non baratterei mai le mie esperienze col Galles per quello che mi è successo. Non so se ciò che mi stia succedendo è legato ai traumi subiti mentre giocavo, tuttavia il rugby in generale deve fare di più per la tutela dei giocatori aumentando le misure preventive. La situazione è spesso catastrofica dopo che si smette di giocare, le Federazioni non devono chiudere gli occhi su queste cose”.

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