I problemi dell’Italia quando bisogna marcare

Contro l’Australia ce ne sono stati diversi. Ne abbiamo raccolti alcuni tra i più importanti, che hanno segnato la partita degli azzurri

COMMENTI DEI LETTORI
  1. brd_fab 22 Novembre 2018, 09:08

    rivedendo queste situazioni il giramento di balle per l’occasione persa raggiunge velocità da ventilatore

  2. geo 22 Novembre 2018, 09:19

    Mamma mia quanto è vero quello che dici. meglio che non riveda la partita. Articolo sempre molto interessante.

  3. aries 22 Novembre 2018, 10:07

    Mi guardo sempre volentieri queste analisi dei particolari, nell’enfasi della partita me li perdo regolarmente, saranno anche le birre probabilmente!
    Direi che ľimmmagine del ventilatore in mezzo alle gambe, rende bene ľidea!!

  4. Mich 22 Novembre 2018, 10:09

    Articolo molto interessante, che però non mette di buon umore purtroppo.
    Stando a quanto scritto e dimostrato, nonchè constatato da sportivo seduto sul divano, siamo all’ABC, nonostante la voglia contro l’Australia fosse davvero tanta. Sta di fatto che una pessima Asutralia ha comunque battuto e tenuto a distanza una buona Italia.
    Fra le tante cose, ne rilevo una e cito “Castello e Canna sono schierati troppo piatti e non offrono profondità”. Francamente io questo difetto l’ho riscontrato non solo in questa occasione ma spesso, e non solo in questa partita ma sempre. Sembra che i nostri ricevitori, molto statici e troppo vicini alla linea del vantaggio, partano di fatto da fermi e non potendo contare su grandi individualità, si infrangano inesorabilmente contro le difese avversarie o, peggio, si fanno stringere in anticipo. Ora, se questa fosse una tattica per asfissiare ed assorbire la difesa, dovrebbe seguirne una serie di passaggi veloci ad allargare o passaggi di mano a nascondere la palla, oltre che a sostegni e pulizie veloci e chirurgiche. Invece restiamo lì a farci asfaltare.

    • LiukMarc 22 Novembre 2018, 11:53

      Non saper usare la profondità e (next level) la seconda linea di attacco sono una delle cose più penalizzanti per noi nel gioco in campo aperto. Partire da fermi da un vantaggio enorme alle difese organizzate come quelle di tutte le squadre contro cui giochiamo

      • Mich 22 Novembre 2018, 12:14

        Esattamente.
        Vivendo noi in quell’eterno limbo che ci vede primi fra gli ultimi e ultimi fra i primi, le difese contro le quali giochiamo sono inevitabilmente forti, asfissianti, avanzanti e reattive. Tenere la nostra prima linea di attacco così piatta, così prossima alla linea del vantaggio, con uscite da ruck lente e spesso prevedibili e sostegni tardivi, non può che comportare stasi e sterilità in attacco, quando ci va bene. Nella peggiore delle ipotesi invece, e si è verificato, ci forzano il turn over o ci costringono all’errore di handling.
        Concordo che ad esempio che quella di Tito è meta 100 volte su 100, ma nasce da un’iniziativa individuale, ben pensata e messa in atto con precisione talmente chirurgica da indurre l’arbitro in errore. Sarebbero auspicabili però maggiori tentativi di costruzione corale, azioni di concerto anche semplici, che allo stato attuale mancano per testa e non per carenza tecnica, a mio avviso.
        Mi permetto di commentare perchè questa volta ho creduto se non in un risultato diverso, quantomeno in una buona prestazione e perchè ho finalmente visto una partita nella quale abbiamo si perso, ma giocato tutto sommato bene relativamente al nostro attuale livello.
        Touche e maggiore dinamismo in attacco avrebbero forse dato qualcosa in più, se non in termini di risultato finale almeno sotto il profilo motivazionale.

        • LiukMarc 22 Novembre 2018, 12:41

          L’hai detto tu (esattamente), giocato bene per quello che è il nostro livello. Purtroppo è questo e la differenza di cilindrata è sempre e comunque troppo alta per prestazioni molto superiori (qualcosa di meglio si potrebbe fare comunque).
          In attacco io sono un grande fan degli incroci e inserimenti delle ali (che con gente non solo di corsa come Bellini ma anche di fisico come Venditti sarebbero anche cosa molto utile), ma noi il passaggio all’interno o il cambio rapido di direzione di gioco manco sappiamo cosa siano, eppure anche ai 5-10 metri possono fare tanta differenza.

  5. gian 22 Novembre 2018, 12:02

    direi che avete colto molti dei problemi, certo che c’è gente nello staff che dovrebbe fare lo stesso lavoro, trovo strano non si portino delle correzioni, dato che non è la prima volta che si notano queste deficienze.
    aggiungerei anche il continuare sempre sul verso, che ci ha portato troppe volte a finire nei 5 mt e dover rincominciare il lavoro dall’altra parte per ritrovarci chiusi all’angolo sul lato opposto, non è pensabile che una volta arrivati sui 15 non sia prevista una linea di corsa all’interno per riguadagnare spazio, sbilanciare la difesa ed aprire una diversa opzione

  6. Giorgio Brera 22 Novembre 2018, 12:14

    Grazie pregevole Pansardi, bell’articolo. Solo che l’uso indiscriminato di “momentum” comincia un po’ a fracassare gli zebedei :-))

  7. Maggicopinti 22 Novembre 2018, 14:00

    Ormai le situazioni come la prima descritta le riconosco 2-3 secondi prima, tanto sono frequenti. “Occhio arriva il tenuto” …Tenuto. Capitano spessissimo quando siamo in velocità e qualcuno fa più di 4-5 metri in avanzamento, magari perché trova un buco. Il resto della squadra sembra quasi sorpreso dal fatto che il buco sia stato effettivamente arrivato, e rimane impalato; i sostegni perdono quel secondo decisivo, il placcatore lascia il nostro ad allungarsi un pochino di più sul terreno, bello sdraiato e con l’ovale davanti, così il pocock di turno è favorito e i sostegni ancora più lontani, e pam, fallo.

    • Mich 22 Novembre 2018, 14:27

      Esatto. Hai centrato in pieno. “Il reto della squadra sembra quasi sorpreso”, cito da te.
      Ogni cosa preziosa, rara, che riusciamo a confezionare si perde nello stupore generale, un pò come i sottomano di Parisse dei tempi d’oro finivano a terra contro il busto del compagno sorpreso in corsa. Ne ricrdo più di uno. In tal senso non è la tecnica che mi preoccupa, quanto la mentalità.

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