Il cambio tecnico si sta diffondendo nella palla ovale. Ce ne parla Andrea Masi
Risultati, pressione ed esoneri lampo: il mestiere di allenatore nel rugby moderno
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Ma nel mondo dell’impresa (che funziona) non mi risulta si facciano scelte precoci e prive di competenze adeguate a valutare le conseguenze. Mi spiego meglio: non credo abbia molto senso condannare la presenza maggiore di investimenti e l’ingresso nel mondo ovale di soggetti con interessi economici. Direi che in alcune squadre è stato adottato un approccio nevrotico e pretenzioso che non avrebbe dato risultati in nessun ambito.
Per quel che riguarda l’uso del risultato come criterio di valutazione credo sia l’unico modo per impedire autoreferenzialità. A tanti farebbe gola il modello statale di lavoro: ansie zero qualsiasi cosa fai conservi il posto ..nSemmai si tratterà di definire criteri di valutazione dei risultati che possano funzionare nel rugby che siano diversi dai banali vince/perde. Ad esempio per molti è evidente in Italia il lavoro superlativo di Connor al quale va data fiducia per altri 2-3 anni. Mio suocero che di rugby non segue che il risultato finale il nuovo O’Shea è identico a Brunel…
Mi pare che l’articolo individui un punto critico: la disparità di velocità tra la crescita economica del rugby e l’adattamento, adeguamento istituzionale, ordinamentale degli organi di governo delle società, dei giocatori e tecnici. Mi pare una crisi di crescita che merita attenzione perché se non governata seminera’ morti e feriti sul campo. Naturalmente non vale per l’Italia dove I destini del rugby professionistico sono appesi a una delibera del CONI del 1988.
Buongiorno,
Caro Andrea Masi per quanto l’articolo riporti come sempre notizie e considerazioni preziose, la conclusione a mio parere è piuttosto allucinante se mi passi il termine eccessivo
Non vi può essere paragone tra giocatore (che va in campo) e allenatore (che sta in tribuna).
E in estrema sintesi perchè non voglio annoiare i lettori, le uniche garanzie per gli allenatori sono i contratti e le clausole che sottoscrivono come professionisti.
E anche assai strano non conoscere ai tempi moderni il contenuto di questi contratti (riguardo costi, compiti, obiettivi, risultati, penali o premi, ecc..) tanto che l’opinione pubblica non può sapere se e il perche si interrompe un rapporto, lo ripeto “professionale” e giudicare da quale parte sta la ragione (pensiamo a Fir e tecnici passati epresenti, tanto che personalmente lo sto chiedendo spesso su questo blog con la frase “Conor sostengo ma voglio conoscere”)
In conclusione se abbiamo deciso di passare al professionismo non possiamo invocarlo solo quando ci fa comodo, questo il mio punto di vista
Il punto di vista di un vecchio appassionato di rugby al quale qualcuno sta cercando di uccidere (con strumenti tipo soldi, staff stellari ed inutili ruoli, robot in campo, tatticismo noioso allo sfinimento, media solo polemici, rugby come lavoro esclusivo, bei fighini in campo, dirigenti manageriali più che veri amanti del rugby,biglietti e birra da mutuo ventennale, ecc…ecc.. )la bellezza e l assoluta particolarità del puro dilettantismo di una volta.
Pazienza ma….
Cordialità Andrea
Ps altre due infingarde considerazioni…riguardo a Lancaster, nel professionismo un manager che sbaglia un obiettivo cosi importante, forse dovrebbe cambiare mestiere ? E inoltre stando in Italia sembra che gli allenatori del Campionato Nazionale siano da anni sempre 5-6…dai su torniamo indietro il professionismo è una bella bufala 😀 e pur mettendo il faccino sorridente delle epoche moderne sono estremamente serio e un po’ alterato
delipe, invochi anche tu la decrescita felice?
Come in ogni ambito professionale, l’aggiornamento continuo è fondamentale, studiare e andare “a scuola” da quelli bravi, fa la differenza. Poi è chiaro che non tutti sono portati x certi mestieri
In ogni caso, Andrea era prezioso in campo e continua ad esserlo anche fuori