Presente e futuro del professionismo, le sfide del rugby italiano: intervista a Matteo Barbini

Post carriera, permit player e tutele. Facciamo il punto con il Presidente di GIRA

COMMENTI DEI LETTORI
  1. boh 6 Marzo 2017, 09:03

    Son curioso di vedere quanti saranno gli interventi su questi interessantissimi argomenti.

  2. franzele 6 Marzo 2017, 10:39

    Colpisce per lucidità e competenza. Non si possono non condividere molte delle cose che dice

  3. filo 6 Marzo 2017, 11:56

    Interessante, però usciamo da un equivoco.
    In Italia il rugby non è riconosciuto tra gli sport professionistici.
    Infatti le società non versano nessun contributo previdenziale, tfr, annessi e connessi!!!
    Questo deve essere chiaro a tutti, ragazzi, giocatori e famiglie.
    E’ un aspetto che troppo spesso viene dimenticato.

    • Huxley Boyd 6 Marzo 2017, 14:28

      Concordo. Intervista molto interessante e mi pare che i giocatori siano ben rappresentati. Una sola osservazione, che non e’ ne’ critica ne’ polemica: pare che lo status di giocatore professionista con garanzie e tutele si consideri come un esito assoluto, pur se ancora conquistare(il riferimento al post agonismo come alternativo allo studio o alla carriera in altro settore, a me piacevano i tempi dei rugbysti minatori, agricoltori, medici, avvocati, studenti). Verrà prima l’uovo (lo status di professionista) o la gallina (società italiane professionistiche)?

      • giomarch 6 Marzo 2017, 17:06

        Bella domanda..
        Questo il vero nodo da sciogliere..
        Ma a questo punto la palla non e’ certo alla GIRA ma alla FIR..

  4. Danthegun 6 Marzo 2017, 14:23

    Bellissima intervista.

    Segnalo un punto che avevo già riportato nei miei commenti. Come un giocatore dell’eccellenza viene prestato ad una franchigia, anche una franchigia dovrebbe poter prestare giocatori alle squadre di eccellenza.
    A pieno regime una franchigia ha giocatori che non giocano mai con continuità e spesso non fanno parte nemmeno dei 23 convocati. Questi dovrebbero poter giocare in eccellenza all’occorrenza per non perdere il ritmo del gioco.
    Ancora di più andrebbe fatto per giocatori reduci da lunghi infortuni ai quali gioverebbe riprendere confidenza con il gioco e il campo ad un livello più basso che il pro12.

  5. dieg 6 Marzo 2017, 14:58

    Nel Midi Olympique di questo lunedi, due pagine che parlano della situazione attuale del rugby italiano, con una intervista in particolare di Jacques Brunel.

  6. 6nazioni 6 Marzo 2017, 15:19

    ottimo articolo da leggere e rileggere molte volte, sopratutto i ragazzi,genitori,
    e tutta la carovana del rugby salamella.

    a- 40 milioni di euro non sono bruscolini

    b- ci vuole una dirigenza competente x amministrare tutti sti piccioli

    c- presidenti datevi una svegliata non si puo’ continuare questo andazzo
    sulla pelle dei ragazzi.

    d- per i ragazzi ci vuole molta ma molta passione x giocare il rugby in italia

    e- dopo aver letto questo articolo i piccioli bisogna investirli sulla base e
    chiudere la mangiatoia delle (*).

    f- non e’ possibile avere (10*) seguire 300 ragazzi,sceglierne 30 con
    4.5 milioni di euro all’anno, x poi avere dei rugbisti in pro12
    e non percepire neanche lo stipendio E’ UNA VERGOGNA TUTTA ITALIANA

    g- i stipendi dei dirigenti F.I.R. al mese? lo stipendio del presidente?
    i stipendi degli allenatori,preparatori dell (*)? SONO SEGRETI DI STATO?

    • Lazzaro 6 Marzo 2017, 15:32

      “Oggi c’è un sistema di Accademie molto forte, ma non dimentichiamoci che il cammino che ha portato il rugby italiano a questi livelli, è fatto di investimenti nei club”

      Ho sostenuto il sistema Accademie sin dagli albori, forse spaventato dal fatto che destinare soldi ai Club poteva significare perdere il controllo di importanti investimenti, che sarebbero stati utlizzati per scopi diversi.

      Oggi, visto cosa mettono in campo le società di Eccellenza e delle serie minori posso tranquillamente ammettere di esserrmi sbagliato. Le migliori società continuano per la loro strada, e la mangiatoia delle Accademie ha solamente creato dei campioncini presuntuosi, oltre ovviamente ad aver garantito stipendi “pubblici” a personaggi che nel “privato” non avvrebbero avuto futuro…

  7. delipe 6 Marzo 2017, 17:29

    Buonasera,
    Prima di tutto un grazie ad Onrugby per la qualità ed interesse di alcuni articoli. Noto un sensibile miglioramento da qualche mese.
    Molta carne al fuoco e a me piace soffermarmi molto brevemente su un aspetto.
    Cioè che ho sempre cobsiderato, e indicato come esempio, la differenza tra rugbisti (ma per amor del cielo anche in altri sport minori) e calciatori.
    Direi che i giovani rugbisti hanno, anche oggi con lo sparuacchio del professinismo, sempre in testa l’alternativa a questo sport come conduzione di vita.
    Cioe studio, formazione, apprebdimento di professioni, ecc ecc..perche sanno perfettamente che a 35 anni la vita non può bloccarsi, anzi ricomincia piu forte e con le esperienze vissute anche nello sport.
    Mediamente, spiace dirlo ma e una verita incontrovertibile, il giocatore rugbista (a livello ibternazionale e qui da noi, e culturalmente più preparato del calciatore medio che viene soesso cullato e vive nella bambagia del guadagno e dei media, salvo poi ritrovarsi a dover costruire qualcosa così d improvviso
    Non vorrei generalizzare, offendere e dilungarmi molto…ma credere in un orofessionismo assoluto, come dice qualcuno sopra, può essere un errore e una utooia
    Giustissime le tutele sanitarie, ed economiche ma nulla ti tutela di più delle tue scelte di vita gia fin da ragazzo, della tua volontà anche superiore in quanto impegnato anche e molto nello sport.
    Questo io credo sia l’input che dobbiamo dare e mantenere a ragazzi che iniziano questo percorso.
    Io la vedrei cosi
    Grazie Onrugby e cordialità

    • delipe 6 Marzo 2017, 17:33

      Spiace constatare che i commenti sono pochi su argomenti e servizi importanti.
      In questo modo la diamo vinta a media assurdi come i giornali che parlano poco e male del rugby e vanifichiamo gli sforzi di chi ogni tanto e spero sempre più deduca tempo a servizi più rilevanti come questo.
      Peccato !

  8. rugby3 6 Marzo 2017, 19:50

    Penso che il miglior modo per stimolare tante persone a leggere e a commentare sia anche di condividere su Facebook questi articoli interessanti !

  9. ginoconsorsio 7 Marzo 2017, 08:50

    Per la parte assicurativa, so che anche le franchigie si sono mosse, non solo per gli infortuni ma anche per tanti altri aspetti, rimasti nel tempo trascurati. È evidente però che se si nomina il caso Manici, si ritorna a strumentalizzare una situazione personale e clinica di un giocatore che, suo malgrado ha subito un forte danno. Qui la società non c’entra, anzi, ne è la prima danneggiata; avendolo perso come giocatore di valore e continuando a pagare un emolumento molto importante!

  10. Charlie 9 Marzo 2017, 12:03

    Articolo lucido e realistico, farei due appunti:
    Uno: Italia non é un paese del rugby professionistico…
    Due: non condivido che …”La nostra Federazione ha una profonda storia e tradizione, ma di fatto è entrata nell’élite ovale con l’ingresso nel Sei Nazioni.”

    Rispondo: l’elite non si trova solo nel 6 Nazioni, anzi,…siamo entrati come una
    probabile potenziale squadra di elite futura senza esserlo ne averlo successivamente provato…stiamo ancora tentando e imparando…il record storico dei cucchiai di legno sono il prezzo fa pagare…oggi esiste un dibattito per allargare il 6 a 7 Nazioni con la Georgia, oppure sostituire l’Italia con la Georgia,
    in mezzo ci sono alti interessi di sponsors e diritti TV che vogliono una coppa
    con piu equilibri nei confronti e risultati…tutto qui, semplice, realistico.

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