Rugby e formazione: la soluzione semplice e impossibile si chiama scuola

Un ex All Blacks ci spiega la differenza tra i due emisferi. E indica una via che è però una rivoluzione culturale

COMMENTI DEI LETTORI
  1. Stefo 13 Gennaio 2016, 08:44

    Senza dubbio sulla scuola ha ragione Eaton e su queste pagine l’abbiamo scritto in tanti per molto tempo, ma il problema diventa che non e’ una cosa quindi che puo’ semplicemente venir fatta con un progetto singolo di un club o di una federazione, richiede una revisione del sistema scolastico e di come l’educazione fisica e l’attivita’ sportiva non sia considerata parte importante del percorso scolastico. Con due ore di educazione fisica e basta difficile inserire un qualsiasi sport in maniera importante.
    Nell’Europa continentale il discorso dei campionati scolastici e della scuola “come club” non esiste praticamente e perche’ cio’ avvenga servirebbero tempi lunghissimi.

    Bisogna quindi lavorare con quello che c’e’ incuse le carateristiche culturali esistenti che sono quelle del club privato esterno alla scuola. Per fare questo bisognerebbe intensificare i rapporti tra questi club e le scuole, attivita’ di marketing e “propaganda” che porti i bambini dalla sucola al club. Si puo’ organizzare un sistema di penetrazione nelle sucole gestito tramite comitati regionali o i club, che sia col touch o il tag piu’ facili da implementare anche in ambienti come una palestra ma per quelle che sono le caraterisctiche continentali alla fine l’obiettivo deve essere il transfer dalla sucola al club perche’ se si pensa di mettere su un sistema di scuole-club in 4-5 anni si sceglie un percorso destinato al fallimento, ancor piu’ se cio’ non parte da una riforma scolastica assolutament eimprobabile.

    Aggiungo, cosa fondamentale: il sistema dei club privati con una presenza scolastica solo di “aggancio” per portare i bambini ai club in altri sport funziona.
    In NZ tutti giocano a rugby, in Italia o in Francia nei parchi hai piu’ possibilita’ di vedere il papa’ giocare a calcio coi fligli, o nei campetti a basket…Francia ed Italia sono superiori come movimenti e come alto livello alla NZ in questi sport…qindi la rcietta “scuole-club” diventa anche discutibile davanti al fatto che cio’ che pesa e’ la popolarita’ dello sport, di nuovo aspetto culturale di ogni Paese.

    • Appassionato_ma_ignorante 13 Gennaio 2016, 12:08

      Sottoscrivo dalla prima all’ultima lettera. L’Italia non è la Nuova Zelanda. Per essere efficace un approccio deve essere sempre su misura, in base alla scena esistente.

    • xnebiax 13 Gennaio 2016, 13:40

      Concordo con te Stefo.

  2. fracassosandona 13 Gennaio 2016, 08:56

    Sr ciascuno di noi appassionati si facesse ambasciatore portando la propria palla ovale quando va al parco con i figli avremmo già fatto molto.
    Alle feste di compleanno dei bambini. In cortile.
    Penso che il 99, 5 % della popolazione non abbia mai avuto un contatto fisico con la palla da rugby e lo vedano vicino quanto io vedo il baseball o l’hockey su ghiaccio.

    • Stefo 13 Gennaio 2016, 09:15

      fracasso capisco il tuo punto ma secondo me e’ limitato, serve un progetto vero che porti i ragazzini dentro i club, che sia nelle scuole o nelle parrocchie o in entrambe non so ma serve un progetto che costruisca dei ponti che portino da dove i ragazzini sono ai club…la speranza che prima o poi se ne aprli seriamente, e che questa sia una delle cose al centro del dibattito eettorale!

      • fracassosandona 13 Gennaio 2016, 09:54

        il mio non è un progetto, è la mia risposta alla famosa domanda: “non chiederti che cosa il tuo Paese possa fare per te ma cosa tu possa fare per il tuo Paese”…
        tu non credi che se i nostri club frequentassero di più i parchi, le piazze e anche le nostre fatiscenti scuole, tanti ragazzi potrebbero trovare e toccare un’alternativa alla triade “calcio basket pallavolo”?
        alla fine persino in veneto tanti bambini non hanno mai visto una palla ovale dal vivo…

        • Stefo 13 Gennaio 2016, 10:05

          Cero che lo credo, infatti spero che finalmente si inizi ad affrontare il problema con idee e progetti che pero’ devono essere fatti come si deve perche’ la competizione e’ quella che e’ e si parte da dietro. Cosa intendo servono progetti veri coordinati e gestiti in maniera professionale, detto in passato una delle cose che farei se non altro in alcune zone come progetto pilota per vedere se funziona in Italia (alterove funziona) e’ la creazione di figure come i Rugby development officers del mondo anglosassone…gente che per lavoro 8-9-10 ore al giorno si sbatte per far entrare il rugby nei posti dove ci sono i bambini per poi indirizzarli ai club.

        • xnebiax 13 Gennaio 2016, 13:45

          Anche qui Fracasso hai ragione. Servono più palle ovali a giro per l’Italia, in luoghi pubblici, nei cortili, sulle spiagge, e nelle scuole. Senza quasi contatto, che fa paura e non può essere usato in gruppi eterogenei.

      • western-province 13 Gennaio 2016, 10:21

        i club il lavoro di scouting nelle scuole lo fanno eccome (dove vivo io)
        il problema più grosso è la scarsa (eufemismo) preparazione degli allenatori (persone che +0- hanno giocato a rugby e fanno un lavoro che gli permette di fare altro (i.e. poliziotti, insegnanti ecc)

        a questo potrebbe ovviare la f.i.r. mandando qualcuno in giro per i club a strutturare gli allenamenti, gli obiettivi per età e a formare un po’ meglio gli allenatori

        PS le scuole dovrebbero/potrebbero inserire delle attività sportive obbligatorie pomeridiane gestite da dei club con cui hanno stipulato una convenzione (di vari sport); per fare questo ci vorrebbe un intervento governativo o simili, quindi è impossibile

        • malpensante 13 Gennaio 2016, 15:25

          A scuola lo sport disciplinare non si è mai fatto nelle due ore di ginnastica. C’erano le ore al pomeriggio, si chiamavano “gruppi sportivi” e dipendevano fondamentalmente dal profilo del professore che spesso allenava o aveva allenato ai club. Avvantaggiati, ovviamente, gli sport da palestra.

    • San Isidro 13 Gennaio 2016, 18:39

      @fracasso, non voglio farmi pubblicità per la campagna elettorale della LOV, ma questo io e altri amici già lo facciamo nel grande parco romano di Villa Ada…abbiamo fondato l’Amatori Villa Ada Rugby, squadra di rugby amatoriale aperta a tutti (rugbysti, ex rugbysti, old, amatori, neofiti, ecc), si fissa un sabato del mese e ci si vede, un pò di esercizi con il pallone e spiegazioni per i nuovi, poi partitella (con contatto, ma a ritmi blandi ovviamente) di 30 minuti a tempo…abbiamo fatto così per tre stagioni (e in tutto penso che abbiano partecipato quasi un centinaio di persone, anche se parecchi magari hanno fatto solo una comparsata, altri però che non conoscevano il rugby si sono proprio appassionati), ci siamo poi fermati per un paio d’anni, ma da questo Dicemebre abbiamo ripreso e sabato scorso abbiamo fatto esordire anche il buon @Sergio Martin in un equilibrato 7 vs 7…
      Se c’è qualcuno di Roma che sia interessato non esiti a dirmelo…

  3. mamo 13 Gennaio 2016, 09:08

    Non voglio assolutamente fare il provocatore ma ricordo come AdG insistesse su un aspetto tutt’altro che banale sull’approccio nelle scuole: il touch che si potrebbe praticare senza necessariamente avere quelle strutture che qui da noi sono ahimè inesistenti.
    Anche @fracasso ha dato un ottimo spunto qui sopra per fare del proselitismo semplice e non impegnativo ma per quanto mi riguarda dovrò aspettare di diventare nonno ma l’idea mi fa rabbrividire 🙁

    • Stefo 13 Gennaio 2016, 09:10

      mamo quella del touch o del tag lo dicono in tanti da mo’…

      • mamo 13 Gennaio 2016, 09:24

        Lo so Stefo e l’avevi ripetuto anche tu nel tuo commento ma la mia voleva essere una sorta di pubblicità subliminale perché continuo a dispiacermi dell’assenza di AdG ma nel contempo non volevo stizzire nessuno.
        Approfitto per condividere il tuo post ma, per l’ennesima volta, credo sia giusto sottolineare come spesso i rapporti club privati-scuola si traducano in un avvilente artificio per far tesserare gli studenti (necessario per la copertura assicurativa) e così gongolarsi dei numeri raggiunti.
        La mia non vuole essere una sterile critica ma solo una testimonianza (indiretta) di ciò che a volte accade. Poi, per carità, sempre meglio di niente o di un calcio nei coglioni.

        • Stefo 13 Gennaio 2016, 09:29

          Gianni Amore proponeva questo 4 anni fa:

          l progetto scuola avrà la sua attuazione a partire, dalle scuole elementari.
          Usando una metafora, il rugby dovrà cogliere i suoi frutti dall’albero e non da terra dopo che sono caduti. Il reclutamento nelle scuole medie, ci costringe a “ripiegare” tra bambini che hanno già fatto delle scelte sportive (difficilissimo convincerli a migrare da uno sport ad un altro), che hanno abbandonato in seguito per vari motivi.
          Il progetto applicato nelle Elementari ci permetterà di essere in vantaggio con le altre discipline, perché, per mia esperienza personale, il rugby è la disciplina sportiva che più piace ai bambini, essendo la più semplice da imparare specialmente nelle categorie U6 – 8 – 10 – 12, per merito delle pochissime regole da applicare durante il gioco. Altro motivo per il quale il rugby piace ai bambini è perché per sua natura, è uno sport trasgressivo, permette loro di fare tutto ciò che i loro genitori vietano: spingere, correre, buttarsi per terra (fare la lotta), mettere i piedi nell’acqua ecc. ecc.. Per semplificare l’accesso nelle scuole faremo in modo di firmare un protocollo d’intesa col MIUR nel quale la FIR si offrirà di fornire, a costo zero, tramite le società, istruttori e/o insegnanti, laureati in scienze motorie, debitamente istruiti per operare con i bambini delle scuole primarie.
          Il costo degli insegnanti non sarà a carico delle società ma della FIR. Questo progetto ci farà reclutare maggior numero di atleti, anche quelli che vengono tradizionalmente coinvolti in altre discipline che intercettano da anni i ragazzi prima di noi. Si continuerà a reclutare nelle scuole Secondarie, ma con meno affanno poiché molti piccoli avranno già giocato nelle scuole primarie. Ogni anno, i Delegati Provinciali, in ogni provincia, organizzeranno un torneo delle scuole elementari e al tempo stesso, in ogni regione, a carico della FIR si effettuerà un torneo U12 (Vºelementare) delle scuole che avranno partecipato ad un numero di concentramenti scolastici indicati dalla FIR.

          Vediamo cosa verra’ proposto sto giro, se verra’ proposto qualcosa in manera dettagliata e non un “revisione del progetto scuola” che vuol dire tutto e niente.

          • mamo 13 Gennaio 2016, 09:40

            ok

          • Pesso 13 Gennaio 2016, 17:56

            Questa era la cosa più intelligente che si era sentita in tutta la scorsa campagna elettorale e tristemente nessuno ne ha più parlato da allora.

        • boh 13 Gennaio 2016, 10:32

          Beh, speriamo, che il defenestramento di AdG abbia sortito l’effetto positivo, che in alternativa alla sua presenza costante su questo sito scoglionandoci continuamente sulle sue presunte alte conoscenze del nostro mondo, dando elegantemente a destra e a manca degli ignoranti a tutti, occupi il tempo risparmiato nel mettere in pratica il suo pensiero sul campo….Se invece è tornato a criticare gli operai dell’ ASM sui cantieri per strada, allora….

          • Hrothepert 13 Gennaio 2016, 11:29

            @boh, perdonami se mi permetto, ma l’ attaccare così un utente impossibilitato, in manirta coercitiva…peraltro, a poter replicare a me pare, non dico da vigliacco, ma quantomeno…inelegante.

          • malpensante 13 Gennaio 2016, 15:28

            Tranquilli, da una settimanetta è risparito ma non mancherà per molto.

  4. socceria 13 Gennaio 2016, 09:31

    Già se ci fosse più visibilità Tv, e non parlo solo di partite ma anche documentari e simili (ieri sera ce ne era uno molto interessante su’Inghilterra anni ’90 su SPLITTV), i bambini verrebbero sicuramente più invogliati a portare la palla ovale al parco o la chiederebbero al proff a scuola!

  5. davo 13 Gennaio 2016, 09:37

    Ho vissuto il sistema Australiano in prima persona e non posso che concordare. Li’ il rugby a XV ha forse meno diffusione degli altri 3 codici (anche il calcio ormai lo ha passato). Pero’…riescono ad essere sempre li’ esattamente per il discorso fatto sopra.
    Ho avuto tantissimi compagni di squadra che a scuola giocavano il league e poi si son spostati sullo union. Alcuni giocavano ancora entrambi visto che a livello amatoriale gli allenamenti e le partite di club league/union erano a giorni alterni.

    per quanto riguarda l’europa, un mio collega mi ha segnalato questa bella iniziative in UK dove si inizia già a 3 anni con il rugby:

    https://www.rugbytots.co.uk

  6. Thunderstruck 13 Gennaio 2016, 09:37

    Gli oceanici in generale vivono di pane e rugby. Non c’è praticamente altro. Normale che sia permeato nel tessuto culturale/sociale a tal punto da andare ben al di là della semplice attività agonistica da scegliere nelle scuole o da provare da adulti.
    Nel vecchio continente non è così. C’è una possibilità di scelta enorme e che quasi mai ricade su uno sport caratterialmente formativo ma strapieno di regole, troppo “fisico” per essere accettato dalle famiglie e soprattutto che vive all’ombra del calcio. Immaginiamoci un bambino al mare con chi mai giocherebbe o socializzerebbe con una palla ovale…
    Finchè ci sarà una pluralità di scelta, trovo comprensibile che il rugby non sia al primo posto tra le opzioni, se non per dei bimbi/ragazzi con un padre ex giocatore o cose simili e che li induce a quell’attività così di nicchia.
    E che rimarrà sempre tale, è bene farsene una ragione, con i risultati a larga scala e ad alto livello che ne conseguono…

    • Stefo 13 Gennaio 2016, 09:40

      Quidni gettiamo la spugna e non pensiamo neanche a come provare a renderlo piu’ “popolare” e farlo crescere?

      • Thunderstruck 13 Gennaio 2016, 09:53

        No Stefo. Semplicemente credo che se uno sport con centinaia di anni sul groppone, nel corso della storia in certi posti si sia insediato ed in altri no, un motivo c’è e non c’è verso di modificarne più di tanto la diffusione e quindi consequenzialmente anche le ragioni culturali sulla sua pratica.
        In Italia se non è praticato non è perchè non lo si conosce. Puoi spargere volantini o biglietti gratis da un aereo su tutto il territorio nazionale senza ricavarne molto. Anche a me piace il cous-cous ma se lo facessi assaggiare a tutti gli altri 60 milioni non otterrei una nazione golosa di cous-cous…
        L’unica possibilità è alzare un pò il livello di quei pochi a cui riesci a ficcargli tra le mani un ovale. Stop. Il resto è mera illusione.

        • Stefo 13 Gennaio 2016, 10:06

          Thunder per me invece si puo’ migliorare la situazione, non dico rivoluzionare ma migliorare si, bisogna pero’ investirci e lavorare.

    • mamo 13 Gennaio 2016, 10:03

      In effetti, Thunder sei esageratamente pessimista.
      Faccio un esempio che conosco: il Galles.
      Fino a 10/15 anni fa il soccer era considerato uno sport minore e il rugby imperava indisturbato. Ora (ahimè) è diverso; non dico che i numeri si sono invertiti ma quasi.
      Negli ultimi anni il fenomeno Bale ha fatto disastri, quelli che in passato non avevano fatto nemmeno Charles e dopo Rush.
      Questa è la prova inversa che le cose possono cambiare.

      • Thunderstruck 13 Gennaio 2016, 10:22

        Noi il nostro Bale rugbystico ce l’abbiamo avuto e, a dire il vero, l’avremmo tutt’ora da anni. Tanto da essere inserito costantemente nel 15 internazionale ideale. E lo conoscono praticamente tutti. Eppure…
        Hai idea mamo della diversa difficoltà di far prendere piede al dio calcio in quello che era il fortino del rugby nonchè l’ultimo baluardo di resistenza (Galles) rispetto al rugby in nazioni in cui il calcio (come quasi ovunque) la fa da padrone assoluto? Pensa solo al fatto che i nostri discorsi e i nostri desideri li hanno paro paro gli appassionati di volley, basket, hockey etc…che in questo preciso momento stanno scrivendo su altri forum confrontandosi sulla stessa cosa e facendosi le stesse domande.
        La torta è sempre la stessa, mamo, è sempre quella va spartita. Considerando che il calcio se ne prende 3/4, le briciole suddividile come vuoi tu, ma sempre di quelle si sta parlando e parlerà. Non è pessimismo, è realismo puro, sedimentato dopo anni di illusioni e, poi, di disillusioni.

        • mamo 13 Gennaio 2016, 10:47

          Thunder mi piacerebbe riscontri con un laconico “Ma noi siamo rugbisti e non ci arrendiamo mai” ma mi rendo conto che sarebbe riduttivo perché il tuo discorso da un lato regge benissimo.
          Da un lato, dicevo, perché a mio parere non tieni sufficientemente in considerazione quanto possa essere positivamente invasiva una politica di Marketing fatta come dio comanda.
          Se poi mi rispondi che qui da noi responsabile del Marketing è Checchinato beh, allora capisco tutto il tuo pessimismo.

      • Mr Ian 13 Gennaio 2016, 10:31

        Considera pure il Galles qualificato ai prossimi europei di calcio, nonchè Swansea e Cardiff quasi sempre presenti in Premiership.
        A differenza del rugby, il calcio unisce anche tifosi di differenti regioni, ne conosco diversi tifosi degli Scarlets che vanno a vedere lo Swansea in casa, questo sta diventando un problema quando il rugby e calcio entrambe giocano in casa

    • gsp 13 Gennaio 2016, 10:45

      Thunder, anche nell’emisfero sud ci sono sport che competono, come modelli e come soldi, e sono sempre gli stessi. Cahill ha fatto soldi che neanche Carter vedra’ mai. Roy e Robbie Keane hanno fatto soldi che BOD non fara’ neanche in 3 carriere. Warburton ed il piu’ scraso giocatore del swansea guadagnano lo stesso.

      Per me la differenza e’ che la stessa persona pratica molti piu’ sport, ma soprattutto e’ formata a livello atletico e poi sceglie quello che gli pare, o quello che capita.

      • Thunderstruck 13 Gennaio 2016, 11:13

        Ok. Ti seguo.
        Sempre per semplicità, rimaniamo con gli esempi di realtà già citate. Italia… (non Nuova Zelanda ma nemmeno Lichtenstein. Parliamo pur sempre della quinta/sesta nazione ovale europea. Mica pizza e fichi).
        Diamo almeno per scontato che, per ovvi motivi, nelle scuole il rugby non entrerà MAI, se non in casi eccezionali (e già qui il giusto discorso di Eaton crolla). Ok? Bon.
        Formiamo perlomeno sportivi, dici. Poi si indirizzerà dove vorrà. Giusto.
        Ma un ragazzino fisicamente formato e che vuole scegliere una disciplina, con che criterio selezionerà il da farsi secondo te? Parlo non di quello col vecchio padre rugbysta ma quello che sceglie in modo laico, non influenzato e che ha già avuto la forza di mandare affancubo l’ansia ed il protezionismo dei genitori che non lo vorrebbero veder gonfio di botte…
        Che domande si farà? Come sarà il suo approccio innanzi tutto mentale ad una scelta, prima ancora di interrogarsi su che sport si attagli maggiormente al suo fisico?
        Leggerà giornali, immagino. Guarderà la tv. Parlerà con amici. Credo tiferà già qualcosa (e chissà che cosa…). Magari bazzicherà uno stadio (e chissà che stadio…). Vorrà pure provare a fare qualcosa con degli amici, giusto per fare due risate (e chissà che cosa…). Io stesso ho fatto per assurdo una scuola media superiore in cui c’era una piccola realtà scolastica di rugby (con relativo campo) e mi son trovato a fare tutto tranne che quello.
        Oggigiorno poi… Soldi, wags, media, notorietà, tifo che acclama… Fattori più o meno importanti, più o meno superficiali ma che hanno sempre maggior peso su una scelta. Chi si immola ad altro, rinunciando d’amblè a tutto ciò, è un fesso ed un eroe al contempo.
        Quanti desidereranno di voler essere alternativi?

        • Thunderstruck 13 Gennaio 2016, 11:30

          Vorrei aggiungere la motivazione sul perchè ho fatto tutt’altro.
          Un mio amico che ci giocava mi ha fatto il filo per mesi implorandomi di provare. Andai a guardarlo giocare. Ci capii pochissimo sul funzionamento del gioco ma, al di là di quello, il contesto mi ributtò. Mancava di quei fattori fondamentali che sono l’attraenza e l’immediatezza comunicativa, anche se lo spirito era nobile e le gesta quasi epiche. Capii i vero, grande, unico, supremo, impareggiabile valore del rugby (grande volano di persuasione) quando oramai veleggiavo oltre la trentina e mi rimaneva giusto qualche touch con amici (a trovarli…).
          Morale: il rugby ho capito essere uno sport meraviglioso. Ma tardi. Tardissimo. Ti persuade con i suoi valori, la sua lealtà, il suo coraggio… Tutti concetti che a 15 anni, soprattutto nell’agiata società di oggi, si apprezzano poco o nulla.

          • Scrovat 13 Gennaio 2016, 11:54

            @Thunderstruck proprio su questo vorrei intervenire avendolo sperimentato di persona.
            Premetto che ho “solo” 20 anni, ho giocato per lungo tempo a calcio salvo stancarmi 3anni fa e, piano piano, innamorandomi del rugby.
            Ricordo però come alle medie avevo una professoressa di ed.f. fanatica di rugby, che aveva fatto modo di fa provare la disciplina a chi voleva.
            Io fui uno di quelli che manco provarono, attaccato com’ero al calcio e alle amicizie che avevo formato lì.
            Ora me ne pento tantissimo, ma nel frattempo quella stessa persona ha da pochi anni creato un club che, stando a quel che ne so, sta richiamando anche molti bambini tra le sue file-
            Io sapendo ciò, so che le possibiltà ci sono, basta che le strutture vengano create ed è per questo che condivido il pensiero di @stefo in toto.

          • Eva P. 13 Gennaio 2016, 22:53

            Non è a 15 anni che devi persuadere un ragazzino con lealtà e coraggio e bla bla, parlandogliene (a 15 anni, manco ascoltavo quando parlava mia madre, qualunque cosa stesse dicendo).
            E’ quando ha 5 anni che glieli devi MOSTRARE, facendogli VIVERE la realtà del SOSTEGNO, della SQUADRA, del TUTTI INSIEME (scusate il maiuscolo, non sto urlando, sto esclamando con assertività 😉 )

        • Hrothepert 13 Gennaio 2016, 11:35

          Infatti Bale giocava a Rugby e poi è passato al calciopalla.

  7. Canino 13 Gennaio 2016, 10:11

    E’ tanto che non commento, ma il tema è davvero interessante e voglio raccontare la mia esperienza positiva rugby-scuola.
    Quando ero piccolo, avevo 10-11 anni (20 anni orsono) nella mia città furono organizzati dei raduni in orario scolastico, dove ai ragazzini e ragazzine di tutte le scuole cittadine venivano insegnate le basi del rugby(touch) anche tramite esercizi e giochi propedeutici e dove poi si giocavano dei minitornei. Fu un’esperienza entusiasmante che purtroppo, se non ricordo male, non ebbe seguito negli anni successivi e alcuni iniziarono a giocare a rugby grazie a quelle giornate(io iniziai più tardi ahime). Non so poi quanti di questi continuarono, ma sicuramente si trattò di una ottima iniziativa, sia per il “reclutamento” che per la crescita sportiva e sociale dei bambini. E’ stato l’unico sport che ha proposto questo genere di iniziativa e, credo, anche per il fatto si partisse quasi tutti da zero (senza i campioncini), fu un grande successo. Alle superiori poi, quando giocavo anche al club, con alcune scuole e di concerto con il club fu organizzato un torneo di rugby a 7 con il campo ridotto, dove parteciparono rugbisti e non. Dopo diversi allenamenti si giocò il torneo e fu un grande sucesso anche lì, qualcuno, anche se grandino, iniziò a giocare e molti si appassionarono al rugby.
    E’ indubbiamente un sistema eccezionale per la promozione dello sport e per l’avvicinamento delle famiglie. Guarda caso proprio in quegli anni iniziarono molti ragazzi che tutt’ora giocano e hanno fatto anche percorsi di buon livello.
    Alla fine trovo assurdo che non si riescano ad organizzare, come diceva qualcuno sopra, a livello regionale-federale, iniziative e percorsi di questo genere che hanno un ottimo risultato ed un basso costo.
    Comunque anche se svolte solo a livello cittadino si tratta di iniziative pregevoli e feconde sotto vari punti di vista.

    • Canino 13 Gennaio 2016, 10:14

      Forse ho ripetuto un pò di volte il termine iniziativa? 🙂

    • Canino 13 Gennaio 2016, 10:23

      Aggiungo che in questi contesti si mette in evidenza la base estremamente ridotta del movimento rugbystico, infatti ragazzi che giocano da più tempo, ma che magari non hanno capacità di coordinazione e abilità psicomotorie o qualità atletiche di buon livello, vengono superati in breve tempo da altri che sono nuovi al rugby e che magari praticando altri sport dove c’è maggiore maggiore competitività oppure solo per il fatto di aver iniziato uno sport o un’attività fisica da più piccoli hanno sviluppato meglio le suddetè capacità.

      • malpensante 13 Gennaio 2016, 15:43

        Inutile che ti spieghino quanto sia bello giocare a rugby, l’unico modo è che provi a giocarlo. Se sei a posto fisicamente, soprattutto se giochi a un altro o ad altri sport, puoi cominciare tranquillamente a quindici anni e diventare più buono di uno che ci gioca dal concepimento. Funziona con l’amico dell’amico del fratello della morosa che ti ci porta, ma funziona molto meglio se hai occasione di prendere la palla in mano con iniziative strutturate e che non ti facciano sentire la mosca bianca, come spesso accade al neofita “grande” nel club, dove tutti o quasi hanno cominciato da anni e anni e sei davvero l’eccezione. I campionati studenteschi di mosche bianche ne portavano tante, e tutti gli anni, per cui anche i club erano più preparati a gestire ragazzi a digiuno di fondamentali e fisicamente ben strutturati, ma senza le specifiche qualità richieste per il rugby.

  8. Mr Ian 13 Gennaio 2016, 10:25

    Secondo me uno degli aspetti principali che non dovrebbe essere tralasciato, anche Eaton ne parla, è l aspetto legato alla visione del rugby, far vedere ai ragazzi le partite, magari introdurlo anche come allenamento nelle giornate più brutte. I nostri ragazzi devono vedere rugby in tv, di alto livello ancora meglio, il gesto sportivo altro non è che emulazione di un atto motorio.
    Se molti calciofili della mia generazione sono cresciuti imitando la punizione alla Baggio, così i piccoli rugbisti di domani devono crescere imitando le movenze di Milner-Skulder o il grillotalpa di Hooper.
    Riguardo il discorso scolastico, secondo me si sta andando verso una battaglia persa, in quanto ormai quasi tutti gli sport sono tagliati fuori dalle scuole…

  9. gsp 13 Gennaio 2016, 10:35

    condivido quello che dice stefo su. ovviamente sarebbe ideale fare sport a scuola, e non solo il rugby, atletica, nuoto ginnastica.

    ma non si fa e non e’ fattibile in tempi brevi, ed ho l’impressione che stia diventando un alibi per troppi.

    C’e’ la parte iniziale dell’articolo che invece e’ applicabile anche oggi pomeriggio. Giocare tutti, a tutte le eta’, giocare sempre, per divertimento, senza contatto. queste sono cose che i club possono fare gia’ oggi, e molti lo fanno gia’. su questo blog si legge di genitori gia’ preoccupati delle accademie gia’ prima che i bambini facciano 4 anni. Non esiste. Per vedere come si gioca a tag e touch basta andare su youtube, idem i tutorials tecnici. che altro serve? e cosi’ si entra anche nelle scuole.

    • San Isidro 14 Gennaio 2016, 01:58

      sono d’accordo, il touch è molto propedeutico, ma anche un pò di contatto non guasterebbe per i ragazzi…

  10. cassina 13 Gennaio 2016, 11:47

    Loro sono concentrati con il rugby come in Italia lo siamo nel calcio, io penso che la soluzione migliore è quella multidisciplinare ovvero far fare ai ragazzi più sport possibile però come si è detto tante volte in Italia ci si scontra con il problema impianti (è un po difficile che ti venga voglia di giocare a rugby se i campi da rugby ce ne sono pochini, ai miei tempi il rugby era il gioco dei ragazzi che vivevano vicino a Lambrate…)

    cioa ciao

    • Thunderstruck 13 Gennaio 2016, 12:41

      Ciao cassina.
      Il punto è proprio quello: CHI “fa fare ai ragazzi più sport possibili”?
      Una scuola che pensa sempre più ad altro, non ha più nemmeno gli occhi per piangere e che comunque, per motivi di spazi, strutture, costi di materiali, filosofia organizzativo-logistica etc… è costretta a fare una scelta su poche e certe attività?
      O dei genitori che, pur oramai lavorando entrambi, dovrebbero sbattersi per portare i figli rimbalzando di scuole in scuole di vari sport per testare gli umori del figlio e vedere se la cosa gli garba o no, spesso ricevendo mugugni e frignate, in un paese in cui sempre più spesso è pratica comune piazzarli davanti a Sky con un tablet a fianco?
      Cioè: CHI fa quello sforzo enorme di conoscenza e sperimentazione, prima ancora che di formazione?
      Altra cosa: dopo aver eventualmente aver avuto la bravura, la fortuna ed il privilegio di provare più sport, si è giunti ad un’età in cui, fatta finalmente una scelta, è troppo tardi perchè possa essere professionistica. Nella stragrande maggioranza dei casi se vuoi formare un atleta di alto livello, devi farlo prestissimo. Questo anche se lo Chabal di turno ha visto per la prima volta una palla ovale a vent’anni etc etc etc…

  11. Rabbidaniel 13 Gennaio 2016, 12:24

    Come ha scritto Stefo, il problema è a monte. Vale a dire: lo sport a scuola sono 2 ore di educazione fisica, fatta bene o male a seconda della volontà dell’insegnante e/o delle strutture a disposizione.
    Andrebbe ripensata in primis l’educazione fisica a scuola, fatta nel pomeriggio. Poi si potrebbe parlare di progetti seri.
    Già quando ero io al liceo veniva una volta l’anno un allenatore della mia società. Abbiamo fatto anche i giochi della gioventù. Risultato? 0 “conversioni”.

  12. Katmandu 13 Gennaio 2016, 12:27

    Ha ragione ma le differenza tra noi e loro non è solo la scuola, va ricordato che comunque viene da un paese in cui è il primo sport
    Quando leggevo che loro giocano dappertutto e a qualunque età mi son guardato attorno e ho pensato la stessa cosa col calcio da noi, non servono porte o un campo, basta una palla, io stesso prima di entrare in classe giocavo a calcio con una palla di carta

  13. andrease 13 Gennaio 2016, 12:47

    Provocatoriamente dico: non è che ci voleva un AB per farci scoprire l’acqua calda.
    Da quando seguo questo blog (ma lo pensavo anche prima visto che in 1^ liceo avevo come compagno di classe Franco Properzi che mi erudì e appassionò alla palla ovale…) lo abbiamo detto credo tutti: finchè la scuola sarà distante dall’ovale (ma non solo, visti i programmi ministeriali e le ore previste), il movimento continuerà a basarsi sulla buona volontà / passione dei genitori.
    E sicuramente la televisione ha la sua importanza, anche se 30 anni e passa fa era anche peggio di oggi.
    Insomma, tra scuola e TV siamo messi male purtroppo.

  14. Jager 13 Gennaio 2016, 12:56

    Nelle scuole italiane non si pratica nessun tipo di attività fisica , la cosa è grave , ma a nessuno interessa . Sul fatto che loro giocano sempre è un discorso culturale ….. Da noi è molto facile vedere i bambini giocare a calcio , ogni nazione ha sport più o meno popolari , sotto questo punto di vista il gap e in colmabile

  15. GiorgioXT 13 Gennaio 2016, 13:23

    Una situazione dove l’Italia può tranquillamente essere paragonata alla NZ per risultati ce l’abbiamo sotto gli occhi : la Pallavolo o Volley .
    I titoli mondiali e le medaglie olimpiche non sono un avvenimento sporadico ma anzi c’è una costanza di performance ad alto livello.
    Eh si che le nazioni concorrenti non si può dire siano inferiori per bacino di utenza , numeri praticanti ecc. , anzi.

    E se andassimo a cercare delle “buone pratiche” in casa nostra? . Lasciamo stare l’introduzione nelle scuole che per il Volley è chiaramente molto più facile, ma diamo un occhio a come sono organizzati i settori giovanili, i campionati e soprattutto quanto giocano.

    • Maggicopinti 13 Gennaio 2016, 13:46

      Occhio che non è così facile trasportare il successo ottenuto in un modello in un altro. Nonostante io sia convinto che un lungo e attento lavoro di programmazione capillare potrebbe aumentare e di molto la base del rugby, e nonostante io guardi al modello volley come esempio positivo di sport in cui è stato possibile passare da nazione secondaria a nazione di primissimo livello in meno di venti anni, per il rugby il percorso è molto più difficile per un sacco di motivi:
      1. Come dici tu portare la pallavolo a scuola è molto più facile, si può giocare al chiuso (pensa agli inverni freddi nel Nord Italia), e in uno spazio relativamente ristretto. Molte scuole non hanno un campo da calcio, figuriamoci il rugby…
      2. La pallavolo è uno sport molto amato e praticato dal pubblico femminile per via della separazione fisica tra le squadre (caso rarissimo in uno sport di squadra). Vuol dire avere il 50% in più di bacino di pubblico e potenziali giocatori.
      3. Nella pallavolo pochi campioni incidono molto di più sulla performance finale, perché la squadra è numericamente piccola, i ruoli pochi e le differenze fisiche e tecniche tra ruoli non eccessive (un discorso che vale anche per il basket). Metti in campo due fuoriclasse della pallavolo e una squadra media diventa estremamente competitiva; metti Parisse e Castro all’apice della carriera in una nazionale media…e rimane media. Questo ha come conseguenza che per avere nel rugby risultati paragonabili ai successi della pallavolo devo ampliare la base di praticanti in misura molto maggiore, perché devi riuscire a coinvolgere nello stesso momento persone fisicamente e tecnicamente molto diverse (il pilone grosso, non altissimo e forte, la seconda linea altissima anche se lenta, l’ala estremamente rapida, l’apertura bravo al piede…).

  16. xnebiax 13 Gennaio 2016, 13:37

    Consigli che servono a poco in Italia se non in questo senso:
    – regalate a tutti i bambini palle ovali ad ogni compleanno dal quarto in poi,
    – giocate nel tempo libero nei parchi e nei cortili,
    – minirugby molto più incentrato su passaggi, tag rugby e touch e a squadre piccole,
    – minirugby per il piacere di giocare e divertirsi,
    – minirugby che comprenda anche giochi e esercizi (possibilmente divertenti) specifici per diversi skills,
    – tanta pubblicità, propaganda, rugby nei parchi eccetera per convincere bambini e genitori a provare il rugby,
    – per i club cercare di avviare progetti con le scuole,
    – regalare palle ovali alle scuole,
    – per la FIR negoziare col ministero per progetti di minirugby nelle scuole elementari e medie.

    Non mi viene in mente altro.

  17. xnebiax 13 Gennaio 2016, 13:56

    Io per esempio non ho mai toccato un palla da rugby fino all’anno scorso quando mi ne sono regalata una per il mio ventinovesimo compleanno.
    (A dire il vero ho avuto una volta la possibilità di giocare quando degli studenti neozelandesi che stavano come me a Weimar mi chiesero se avevo voglia di andare al parco a giocare “tranquillo, senza contatto”. Dovetti rinunciare lo stesso per i miei problemi fisici).
    Ovviamente con la palla che ho non ci gioco.

  18. cainerandrea 13 Gennaio 2016, 14:42

    Io, il rugby a scuola, lo faccio. Non è così difficile, basta avere uno spazio verde relativamente vicino, e si gioca. Quando non riusciamo ad andare al parchetto, stiamo in palestra e facciamo del touch. Il problema è altro:
    – alla FIR non interessa che si faccia rugby nella scuola;
    – poi sei costretto a farti una società tu, oppure invii i ragazzi, ormai “infettati” (bastano 5/6 interventi) al Club più vicino
    – la Scuola va rivista completamente, e non solo per il rugby e non solo per l’EF; è diventato un votificio che non produce niente;
    – è vero che le ore di EF sono solo 2 alla settimana ma se a queste si sommano le 6 settimanali di gruppo sportivo, si può pensare, senza cambiare niente a 8 ore settimanali di rugby. Domanda: a livello giovanile, fino all’U18, quante sono le società che lavorano con i giovani per più di 8 ore settimanali?
    Rimane fondamentale l’aiuto che la FIR potrebbe dare alle scuole, magari per permettere la formazione di società scolastiche (non di Enti scolastici). E la formazione per i docenti? Chi ce la fa? e su questo mi taccio e lascio la parola ad altri. Buon rugby

  19. grasso 13 Gennaio 2016, 15:29

    Lungi da me difendere come è trattata (bistrattata) l’attività ludico materia alle scuole primarie e secondarie.
    Ma il sistema del club non è da buttare.
    Cosa dovrebbe dire un pallavolista neozelandese… sono 59esimi nel ranking dietro Kenya, Cipro, Guatemala…. o uno schermidore o un pallamanista….
    Sicuramente la promozione e l’insegnamento dell’attività fisica è molto migliorabile in Italia, compresa la proposta rugbystica ma l’analisi proposta mi sembra semplicistica.
    Trovo più interessanti alcune proposte qui sopra

  20. ginoconsorsio 13 Gennaio 2016, 20:00

    toh, n’altro che ga fato la scoperta dea merica!!!

  21. San Isidro 14 Gennaio 2016, 00:50

    Mi pare che Eaton non abbia detto niente di nuovo, interessante comunque il fatto che in Australia nelle scuole pubbliche si giochi prevalentemente a XIII, mentre in quelle private si pratica il XV…
    Laddove uno sport è maggiormente radicato è normale che il numero delle squadre e dei praticanti sia alto e il numero degli abitanti è relativo, la NZ ha gli stessi abitanti della provincia di Roma eppure esistono centinaia di club, anche squadre scolastiche, quando Tebaldi era a Swansea parlava del legame tra la franchigia degli Ospreys e tutti i club delle tre contee dipendenti che, se non erro, erano una settantina…
    “nel sud di Ovalia, e soprattutto in Nuova Zelanda, praticamente tutti giocano a rugby”…beh, solo in NZ e se vogliamo anche alle Fiji, alle Samoa e alle Tonga, ma in Australia non è così (lo ha affermato lui stesso dopo), idem in SA e Argentina…quanto al Paese sudamericano poi, il rugby non è sport nazionale, anzi l’Argentina è una delle patrie del calcio mondiale, tuttavia c’è da dire che il rugby fa parte di quegli sport anglosassoni che sono ampiamente praticati e diffusi dopo il calcio…

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