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Sta moda di pubblicare autobiografie in giovane età proprio non la capisco……
1) soldi
2) in casi come questo magari anche ispirare i giovani
L’emersione di queste storie fa un gran bene: c’è un universo spaventoso di disagio che non riusciamo a vedere. Salvo scoprirlo sulla porta o addirittura dentro casa, spesso molto e troppo tardi. Nonostante i tagli, la sanità pubblica fa miracoli quotidiani di competenza e abnegazione, almeno qui dove siamo abituati più che bene, e i servizi ci sono. Si va dal medico per un raffreddore trascurato, ci si dovrebbe andare (e soprattutto fare andare) per sintomi anche minimi di disturbo del comportamento. Non mi stupisco che la prefazione sia di JW, uno che ha intelligenza e cultura almeno pari alla classe.
Fossi in lui avrei evitato di parlare di questa cosa,il mondo del rugby non reagisce bene a queste cose,molti si sono ritirati dopo aver detto di soffrire di problemi di depressione per via di mobbing dai piani alti.
Io stesso quando ho avuto modo di parlare della mia esperienza con la depressione sono stato attaccato duramente,e ho perso la licenza da allenatore perchè considerato non idoneo ad allenare
più se ne parla e meglio è…
chi ne soffre oggi ha gli esempi di chi ne è già venuto fuori bene…
chi ignora l’argomento comprende (forse) che la depressione non è un capriccio del soggetto depresso ma un vero e proprio stato morboso…
il libro di John Kirwan, pur nella sua semplicità/ingenuità, è un altro buon esempio…
è un male contemporaneo (nel nome, una volta si parlava magari impropriamente di “esaurimento”) che ci può toccare da vicino, personalmente o negli affetti più cari, e nessuno se ne deve sentire immune…
Non ho detto che non bisogna parlarne in generale,ho detto che con il senno di poi,vedendo come hanno reagito dirigenti e tifosi di rugby con cui ho avuto a che fare mi sarei stato zitto,però è anche vero che questa ignoranza deve finire.
Ho avuto modo di parlare della mia esperienza con la depressione anche in NFL,ero parecchio dubbioso al riguardo vista la precedente esperienza ed invece ho ricevuto molto affetto e sostegno
Se ti capita cerca su internet di un ragazzo chiamato Mick Finnegan,è un ex allenatore di rugby giovanile che ho conosciuto 4 anni fa e con cui ho ancora contatti.
Alcuni mesi fa è scomparso per diversi giorni dopo aver perso la licenza di allenatore per via della depressione,proprio come è successo a me
Mi sono accorto di non aver scritto completamente quello che volevo scrivere,tagliando corto fossi in lui avrei aspettato a fine carriera prima di parlare di queste cose,come io ripeto con il senno di poi mi sarei dovuto stare zitto e parlare solo una volta uscito dal rugby
Mi dispiace per l’esperienza che hai provato; non conosco così bene dall’interno “il mondo del rugby”, ma gli individui possono sbagliare indipendentemente dallo sport che praticano e quando sbagliano i vertici o i responsabili li si identifica col “mondo del rugby”. Conosco la depressione e di persone sensibili e vicine a chi soffre e’ pieno il mondo.
Il rugby non è la causa della mia depressione,visto che ho iniziato a soffrire di depressione nel 2003 mentre la mia presenza attiva nel rugby risale al periodo tra il 2010 e il 2013,prima ero solo un semplice appassionato.
Ma ha comunque favorito un peggioramento della situazione visto che negli ultimi periodi in cui sono stato attivamente nel rugby sono rimasto completamente isolato,pochissime persone che avevo conosciuto nel rugby volevano avere a che fare con me.
E la cosa è peggiorata ulteriormente quando ho deciso di lasciare il rugby per la NFL,e li si sono proprio scatenati con attacchi di ogni genere
Ho letto anch’io il libro di Kirwan e mi ha colpito in senso positivo proprio la “semplicità ingenuità”; mi e’ piaciuto l’approccio pratico, ho apprezzato i consigli sulla vita quotidiana, il pragmatismo, le istruzioni per gestire le fasi acute e poi debellare “la bestia”. Anche la fiducia sulla terapia cognitivo comportamentale e’ ingenuamente confortante.
A prescindere dal fatto che non condivido la scelta di pubblicare l’ autobiografia ancora nel mezzo della carriera,pur rendendomi conto che forse, al giorno d’oggi, dove tutti pensano di aver qualcosa da dire al mondo, sia più utile per fini economici scriverla e venderla subito piuttosto che farla tra tanti anni, quando il suddetto giocatore sarà gia stato soppiantato da altri atleti.
Detto ciò, la cosa che mi lascia un po’ di amarezza, è che al giorno d’oggi vigliacco che uno nella propria autobiografia dica di essere nato in una bella famiglia, senza problemi economici, senza problemi di alcolismo/droga/gioco d’azzardo..mi sembra proprio che più uno dice di avere avuto problemi, più la storia attira.
Le buone famiglie hanno statisticamente la stessa probabilità delle cattive di incontrare per strada le malattie della mente. Per alcune patologie, una probabilità maggiore.
Io sono cresciuto in una buona famiglia,seppur molto litigiosa,eppure ho avuto lo stesso problemi con la depressione
Non volevo sminuire le varie tipologie di depressioni, pero ho la strana idea che molte persone “famose” dicano di aver passato dei momenti difficili solo per autocelebrarsi e per guadagnare soldi..tutto qua.
Che qualche vip si inventi storie ad hoc,per ritornare sulla cresta dell’onda non c’è dubbio che succeda
magnifico! finalmente e grazie! fra un pó anche tatuarsi fino al collo é un grido di malessere e di richiesta di amore. colpa dei ceti medi? certo se i tuoi valori vengono dalle Tv di Arcore è piú facile perdersi. cmq togliersi quelle cuffie da coxxioni in ogni dove e parlare con chi siede al tuo fianco aiuterebbe a molti.
Pensare che queste esternazioni possano davvero aiutare qualcuno è quantomeno ingenuo. Forse è la fine di un suo percorso di presa di coscienza e quindi, quanto meno, aiuterà lui. Ho la vaga idea che non si tratti di un capolavoro letterario, ma migliaia di libri non lo sono.
Beh, sensibilizzare è un buon inizio e tacere sulla questione non aiuterebbe in tal senso… Le ragioni che hanno portato Bastareaud ad ammettere di aver sofferto di depressione possono essere le più disparate, magari anche poco nobili, ma di certo mettono in luce un problema che esiste ed è grave e che spesso viene trascurato nel mondo machista del rugby.
Forse non hai mai avuto a che fare con chi soffre di depressione. L’ultima cosa che gli interessa è sapere come hanno fatto gli altri a uscirne. Anche perchè i demoni di ognuno sono diversi da quelli di un altro.
Sarebbe come pensare che un ragazzo esce dal tunnel della droga perchè “legge” che qualcun altro ce la fatta. Non gliene può fregare di meno.
Infatti,ognuno è fatto a modo suo,non è detto che le cose che hanno aiutato una persona ad uscire dalla depressione possano necessariamente aiutare un altro
@AdG non sono d’accordo. E’ pieno di testimonianze di persone che hanno trovato conforto e la forza di andare avanti grazie all’esperienza di altri. La cosa più importante in questi casi è far capire che non si è soli e tramite un libro una persona può dirlo a tutti.
Per ragioni “professionali” ho avuto l’avventura di seguire alcuni casi. L’unica cosa che è contata ( almeno in quei casi) è l’aver trovato una persona che avesse dedicato tutta se stessa all’altra. L’interpretazione della vita, delle parole e dei fatti che da una persona depressa è molto , molto diversa dal “senso comune”, e come dici tu ha bisogno di non sentirsi mai, nemmeno un secondo solo. Se avesse la forza di trarre sostegno da un libro sarebbe già guarito.
Che un libro da solo possa curare no, ma che possa essere di aiuto sì. Chiaro che deve esserci un sostegno importante – molto – da parte di una persona vicina. Sono situazioni molto complicate; l’eziologia specialmente.
E’ vero l’individuazione e la conoscenza delle cause è fondamentale, soprattutto per chi ha scelto di far da supporto. Ancor di più conta la capacità di poter/saper costruire un nuovo approccio ai problemi di tutti i giorni. Ma non sempre ci si riesce totalmente.
@Adg Al contrario di molti che ti offendono su questo blog in modo gratuito, provo un profondo rispetto per te, purtroppo la tua saccenza spesso distoglie l’attenzione da ciò che dici.Premesso che ti parlo per esperienza personale, sono infatti stato in cura per una forma di depressione (non grave, ma che ha pesantemente condizionato la mia vita quotidiana). Non ho mai detto che il libro possa aiutare chi soffre di depressione, ho espressamente detto può aiutare a sensibilizzare sull’argomento, dato che il problema è sottovalutato, specialmente nel mondo del rugby.
Parlarne serve soprattutto ai “sani”, per chi è malato servono percorsi terapeutici. Ma che se ne parli, per i malati è più di un modesto sollievo dal sentimento di colpevolezza e vergogna che accompagna l’enorme solitudine. Un ambiente non ostile ed escludente aiuterebbe, anche una sola persona aiuta, una famiglia consapevole, aiuta enormemente. La comprensione del problema è fondamentale perché solo una modesta parte dei malati ha un insieme di resilienze (psichiche, culturali, sociali, ecc.) tali da fargli decidere di affidarsi e intraprendere un percorso terapeutico.
Ma cosi trovi di sbagliato in quel che ho scritto?
@bombarolo
Il tema ,come tutti quelli che costan fatica per affrontarli, è sottovalutato dovunque non solo nel rugby. A me danno molto fastidio i luoghi comuni, specie quelli su queste tematiche. I buonisti poi, non li sopporto. Quindi mi capita spesso di mettere le mani avanti.
Niente, Alberto. Ci si scambiano opinioni, mica sassate. Almeno con chi si considera. Piuttosto, grazie alla Redazione che si occupa della vita vera, oltre che del rugby.
Pensare che non serva parlare di quello che fa vivere e morire nel silenzio e nell’indifferenza, se non nell’ostilità e nell’emarginazione è un’opinione piuttosto singolare. Peraltro diffusa e con una solida tradizione, che ha sempre generato tranquillità e sicurezza nel mondo dei “sani”. Dalla peste nera all’aids.
Quoto 100%
Concordo in pieno, quando di queste cose non si doveva parlare in Italia c’erano i manicomi, dove si scaricava la gente perchè soffrisse in silenzio e lontano dalla vista della gente “normale”.
Nel rugby è uguale,parli di queste cose e la gente ti scarica,è successo a me come è successo a diversi allenatori,giocatori e dirigenti e via dicendo
DOPING…………
ecco il buonismo (non solo ma tipicamente italico) che si addolora per la depressione di un bravississimo ragazzo che tutti vorebbero maritato alle proprie figlie, ma non si vergogna di insultare in maniera ancora.più volgaree un’ inteo vertice di federazione democraticamente eletto perchè alcuni altri bravissimi ragazzi interrompono un ritiro per chiedere prevende di tipo statalista. comprate tutti il libro di Basteraud, mi raccomando!!! #sommossa
e mi scuso con maury7 che questo non centra con la depressione
ora che ci penso: basteraud che scrive un libro!!! ma qualcuno tiri il freno a mano per cortesia!
Ecco l’articolo riguardo l’allenatore (o meglio ex) con cui ho contatti http://www.the42.ie/depression-rugby-saved-mick-finnegan-1217704-Dec2013/