Dal Sei Nazioni 2014 ai Mondiali 1987: il rugby azzurro visto da Marcello Cuttitta

Abbiamo chiesto ad un rugbista di ieri come sta oggi la palla ovale italiana. E cosa si potrebbe fare per migliorare le cose…

COMMENTI DEI LETTORI
  1. Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 08:43

    Mi pare che nelle risposte di Cutitta ci sia la sintesi del problema. Il livello medio dei giocatori di rugby in Italia si è abbassato rispetto allo standard internazionale. I sostituti dei “senatori”, metà dei quali sono di formazione non italiana, non sono all’altezza.
    A differenza di molti , in questo blog, che ritengono che sia solo un problema di tecnici, io penso sia un problema di reclutamento insufficiente.
    Va allargata la base di reclutamento, per intercettare i talenti prima che facciano altre scelte o arrivino ai 15/16 anni senza aver fatto alcuno sport, pur avendone i requisiti.
    L’esempio di Treviso è lampante.
    Treviso è una città/provincia in cui per cultura e investimenti il rugby è al primo posto tra le provincie d’Italia; eppure, mentre fino 10 anni fa uscivano atleti di valore nazionale in numero considerevole, ora questo numero è sensibilmente calato. Segno che il sistema in essere, per intercettare i talenti non funziona più!

    • Hullalla 3 Luglio 2014, 09:44

      Per quanto riguarda la base di reclutamento, i numeri del nostro minirugby adesso non sono male: non e’ solo la societa’ di Cutitta ad aver visto una crescita importante di tesserati negli ultimi anni.
      Il problema e’ che ai ragazzi bisogna avere la capacita’ di fare un’offerta formativa adeguata. Non bastano piu’ i numeri per avere piu’ probabilita’ di trovare talenti, come era fino a non molti anni fa: oggi come oggi, i talenti bisogna anche svilupparli adeguatamente per competere ad alto livello.

      • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 10:31

        Certo, come sempre, il formatore (didattica+tecnica specifica) è fondamentale ed il rugby a differenza del Basket, non ha una categoria specifica di formatori per i ragazzi dai 6 ai 12 anni. Secondo la mia esperienza, il livello di età in cui è necessario intervenire si è abbassato, proprio perché la psicomotricità di base di un ragazzo non è più allenata da nulla( giochi di strada, giochi da cortile, sfide fisiche varie, ecc) e se tu lo prendi in carico per la prima volta a 12 anni è ormai troppo tardi.

        • aristofane 3 Luglio 2014, 10:39

          E allora c’è un problema di formatori non adeguatamente preparati, o no?

          • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 10:42

            Secondo me non solo dei formatori ma del progetto complessivo di aggressione in quella fascia di età.

          • aristofane 3 Luglio 2014, 11:05

            Ma chi lo deve portare avanti il progetto, il genitore/allenatore a tempo perso che ha fatto il primo livello oppure delle persone qualificate? Lì sta tutta la differenza, se proponi buoni allenatori diminuiranno le defezioni e gli abbandoni.
            Se poi, sulla fascia tra i 15-18 anni fai un lavoro serio sulle abilità di base allora sì che cambia qualcosa. Io mi ricordo di allenamenti fatti giocando a caso, senza un lavoro specifico sulle abilità individuali, io sapevo placcare perché mi veniva naturale, ma c’erano molti che giravano per il campo a schiena chinata e braccia aperte, manco stessero facendo l’areoplanino! Io, poi, ero carente nel passaggio e nella capacità di passare sotto pressione, mai qualcuno che sia venuto lì e mi abbia consigliato esercizi o che abbia proposto tecniche innovative oltre il solito due contro uno e i passaggi da fermo in cerchio o in movimento schierati.
            P.S. non ero in una squadra sconosciuta e appena formata, ho fatto le giovanili del rugby Brescia dall’Under 13 all’under 17, quindi 6 anni…

    • aristofane 3 Luglio 2014, 09:53

      Mi sembra che tu stia facendo una questione manichea, certo che c’è un problema di reclutamento, ma i giovani che si avvicinano al rugby sono aumentati tantissimo negli ultimi 15 anni, si può sicuramente dire che il rugby è salito nelle preferenze dei giovani, almeno adesso lo si conosce e si sa, in molte parti d’Italia, che c’è la possibilità di praticarlo. Ti perdi, però, l’altra parte del problema, gli allenatori di giovanili (e non solo) in Italia non valgono nulla rispetto ai corrispettivi esteri, non riescono a valorizzare quello che hanno e non sono formati adeguatamente. Questo è proprio quello che dice Cutitta (ti sei perso il pezzo “allenatori appagati e attaccati alla loro sedia”?), se vuoi fare l’allenatore seriamente devi capire che è un impegno grosso, devi formarti e andare ad imparare dove ci sono i migliori. La federazione può sicuramente aiutare in questo e dare possibilità di sviluppo ai tecnici, ma la volontà individuale non può mancare.
      In definitiva il problema non è “o l’uno o l’altro” sono entrambi, ma quello che mi pare più grave è il non valorizzare adeguatamente quello che si ha, perché è un problema interno al movimento, quindi anche più facile da risolvere.

      • mezeena10 3 Luglio 2014, 09:56

        esattamente! quelli bravi li mandan via a calci nel deretano!
        Casellato ad esempio è andato un mese a sue spese in NZ per imparare dai migliori!

        • barry 3 Luglio 2014, 10:23

          A spese sue perchè se lo può permettere !

          • aristofane 3 Luglio 2014, 10:29

            Giustissimo, infatti dovrebbe essere la federazione a curare la formazione adeguata degli allenatori. Certo che, arrivati ad un certo livello (parlo degli allenatori professionisti, non di quelli delle giovanili cui deve essere dato, come già detto, tutto il supporto possibile per migliorare), la federazione poco può fare, e subentra la volontà del singolo di migliorarsi e di andare a conoscere le realtà professionistiche migliori.

          • ginomonza 3 Luglio 2014, 10:30

            Saranno sempre sue o no ? Ma che ca..o dici.

          • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 10:40

            A costo di prendermi una raffica di critiche. Da un lato si critica se la federazione richiede l’iscrizione ad in corso per poter allenare e dall’altro si pretende la formazione. Ma le due cose non possono coesistere. Se si affida alla Fed.one il compito di formare , questa è obbligata a rilasciare gli attestati di frequenza. O no!
            Certo, c’è chi dice che i corsi di Ascione non valgono nulla. Ma il problema allora non è la richiesta dell’attestato ( che quindi è legittima) ma il tenutario dei corsi che è da cambiare.
            Ciò detto, rimane comunque il fatto che io non trovo niente di eroico nel fatto che un tecnico italiano che voglia crescere vana per i fatti suoi ad imparare all’estero. Dovrebbe essere secondo me la normalità.

          • aristofane 3 Luglio 2014, 11:11

            Mai detto che è eroico, solo che è uno degli unici che lo ha fatto, gli altri sono già migliori, si vede… Comunque sì, il problema sono i formatori, non gli attestati, la gente che li tiene non è aggiornata e non ha autorevolezza. Che poi, se uno si ritiene già “formato”, che vada pure avanti da solo, poi si confronteranno i risultati e le società stesse trarranno le conclusioni. Ci devono essere degli obiettivi comuni da raggiungere, degli step adeguati a portare i giovani a d essere pronti per il confronto, possibile, con l’alto livello. Se non raggiungi gli obiettivi hai sbagliato, con patentino o meno.

          • mezeena10 3 Luglio 2014, 13:47

            se lo puo permettere perche ha lavorato!!! son soldi suoi!!!
            ed è un merito non certo il contrario!

          • mezeena10 3 Luglio 2014, 13:53

            alberto la normalità??? con una federazione normale sicuro! come fanno tutte le altre del resto, che per inciso inviano i tecnici all’ estero, organizzano corsi di formazione ed aggiornamento per tutti i tecnici di tutte le selezioni e clubs a casa loro con tecnici stranieri (NZ di base, ad esempio Rennie e Joseph in Argentina, lo stesso Henry, Cron, Byrne, Smith etc)!
            ti devo ricordare i progetti del tuo caro presidente gavazzi? “progetto apertura” con Mehrtens (che nel frattempo cercava casa a Sidney), il “progetto collaborazione coi Blues di Auckland”? le 40 tra accademie e centri di formazione federali???

          • gsp 3 Luglio 2014, 14:18

            AdG, la storia dei patentini e’ una battuta perche’ Gavazzi uso’ una espressione abbastanza stupida per Van Zyl.

            Poi ci sono, ma sono pochi, quelli che criticano i patentini in se. ma c’e’ poco da discutere, i patentini ci vogliono eccome e ci sono ovunque.

      • wlfsempre 3 Luglio 2014, 16:21

        TUTTO GIUSTO MA SAPETE QUANTE ORE ALLA SETTIMANA NELL’ACCADEMIA UNDER 18 DOVE STA MIO FIGLIO FANNO ESERCIZI SPECIFICI DI RUOLO?!? NEMMENO 1 ORA E MEZZA A SETTIMANA, MA COME SI PUO’ PENSARE CHE UN’APERTURA UN ESTREMO O UN MEDIANO POSSANO PROGREDIRE SE NON SI LAVORA BENE E PER OIU’ TEMPO SUGLI SPECIFICI SU CALCI, PASSAGGI ECC.. E COSI’ PER GLI ALTRI RUOLI.
        LA VERITA’ E CHE C’E’ DA RIFORMARE IL SISTEMA DELLE ACCADEMIE E DELLA FORMAZIONE IN TOTO. A COMINCIARE DALLE TESTE PENSANTI, ASCIONE E COMPANY CHE SI RITENGONO I DEPOSITARI DELLA VERITA’.

        • LoScozzeseMilanese 4 Luglio 2014, 11:23

          Quoto riquoto e stra quoto. Ho visto con i miei occhi quanto è penoso il sistema di formazione.

    • maz74 3 Luglio 2014, 10:30

      Secondo me Cuttita ha ragione che il problema principale è la formazione e quindi tecnici non adeguatamente preparati o tecnici federali inccollati alla poltrona e non disposti all’aggiornamento.

  2. mezeena10 3 Luglio 2014, 08:48

    tutto condivisibile, ma chi vive la vita del club (di qualsiasi livello) dall’ interno, queste cose le sa benissimo!
    errare humanum est etc etc..

  3. ross 3 Luglio 2014, 08:57

    Se hai un guadino pieno di buchi non intercetti nessun talento.
    Lo sport è meritocrazia e concorrenza a tutti i livelli, allenatori, giocatori, dirigenti e le regole dovrebbero preoccuparsi di far emergere solo il merito.

    • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 09:21

      Splendida affermazione di principio, ma in pratica…?

      • Hullalla 3 Luglio 2014, 09:49

        In pratica, si potrebbero riorganizzare le Accademie con una struttura a rete anziche’ centralizzata, come da proposta Fourcade della prima ora.
        In questo modo, con le stesse risorse o meno puoi coprire molti piu’ giovani atleti e non ti concentri solo su pochi , lasciando gli altri a se stessi.
        E’ abbastanza pratica come proposta? Fourcade qualcosetta ne dovrebbe capire, no?

        • mezeena10 3 Luglio 2014, 09:54

          dipende se ha il patentino Hulla, posto che non è italiano..
          scherzi a parte in linea di massima non sarebbe male, ma le accademie come i centri di formazione devono necessariamente essere legate ai clubs (storia tradizione educazione territorio)!

        • gsp 3 Luglio 2014, 10:03

          I CdF funzionano anche un pò cosí e sono legate ai club.

          • mezeena10 3 Luglio 2014, 15:38

            non è proprio cosi gsp, il cdf di capoterra ha ragazzi da tutta l’ isola, il club di quello che fanno la non sa quasi nulla, se non quanto riportato dai ragazzi..
            un allenamento a settimana prima della partita con gli altri cdf (cioè piu di 550 km tra andata e ritorno per quelli che stanno al nord)..
            è legato a capoterra perche giocano e si allenano nel loro campo!

          • malpensante 3 Luglio 2014, 21:43

            gsp, i CF c’erano anche prima e anche primissima, ma le modalità attuali sono la conclusione di una evoluzione nel senso di creare una filiera che sfocia alle accademie (poi, come si vede non sfocia da nessuna parte, e non c’è nessun posto dove possano sfociare 60 professionisti l’anno). L’esempio di mez è illuminante sulla logica di concentrare i ragazzi anziché far muovere i formatori. Costa di più ed è più efficiente tenere i ragazzi concentrati o far girare i tecnici dove ci sono i ragazzi? E tirar su il livello dei formatori dei club, e tutti i ragazzi che ci giocano?

          • mezeena10 3 Luglio 2014, 21:57

            esatto mal proprio quello che volevo dire!

          • mezeena10 3 Luglio 2014, 22:00

            cioè ore e ore di macchina, allenamento ritorno con ore e ore di macchina..
            vero che a volte hanno ospitato i ragazzi, ma tempo se perde una sacco, zero scuola perche si partiva la mattina, zero studio perche ovviamente perdi tutta una giornata! a parte i ragazzi locali per tutti gli altri è un grosso disagio, nonostante la passione il divertimento e l’ allenarsi con una parvenza di “professionalità”! spero di essermi spiegato meglio!

          • malpensante 3 Luglio 2014, 22:55

            La questione è che sono autoreferenziali e toccano un numero limitatissimo di ragazzi. Non solo dove sono logisticamente improponibili come da voi, ma anche qua. L’Emilia (e Viadana) dovrebbero fare riferimento a Remedello: col cazzo ci mando mio figlio se non mi sono bevuto il cervello col professionismo.

  4. western-province 3 Luglio 2014, 10:12

    ritornando al punto di testare i giovani nei test match totalmente d’accordo; hai la possibilità di testare giovani e fargli fare esperienza, hai buone probabilità che giochino con una voglia e intensità maggiore e se perdi hai testato dei giovani (insomma se giochi contro il giappone è l’occasione giusta per far giocare Chistolini, Manici, Fuser, Ferrarini, DeMarchi – magari vinci)

  5. malpensante 3 Luglio 2014, 10:29

    Mischiare il minirugby con i tesserati è la solita trovata per sostenere l’insostenibile, che i tesserati aumentino. Se è per quello, col disastro della scuola e la mancanza di servizi, aumentano i tesserati anche nel badminton e della corsa nei sacchi. I tesserati si contano nei campionati, e sarebbe interessante avere i numeri per classi di età, e come per classi d’età si distribuiscano. Poi si prende qualsiasi dato di qualsiasi anno dell’ultimo quarantennio e si scopre che i numeri son sempre lì dove sono sempre stati. Ma non tornano con l’aumento.

    • ginomonza 3 Luglio 2014, 10:32

      Quoto e basta 🙂

    • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 10:47

      Nel basket, il minibasket non ha tesserati “buoni” per la federazione. Sono due mondi diversi. Perchè diversi sono gli obiettivi.

      • malpensante 3 Luglio 2014, 21:51

        Alberto, e qui c’è il cuore della truffa. Stiamo tutti a parlare di un movimento che cresce, ed è uno spot che giustifica delle scelte e non la realtà. Nella realtà niente cresce e tutto cala, dalla competitività dei campionati ai tesserati “veri”, dagli sponsor alla visibilità tv (esempio di scuola la Celtic, la china dalla rai a sportitalia fino a mediaset), dai risultati strutturali e anche sportivi delle Celtiche alla nazionale. Il trucco è tutto lì, nemmeno un ambientalista si oppone all’uccisione del lupo se il contesto è la favola di cappuccetto rosso.

    • mezeena10 3 Luglio 2014, 15:39

      esatto mal!!!

  6. pepe carvalho 3 Luglio 2014, 10:54

    La mia opinione, per quanto vale:
    1) i CF e le accademie dovrebbero essere un supporto alle società, dunque avere tecnici che girano il territorio prima di tutto a formare gli educatori/allenatori.
    2) deve esserci un sistema che finanzia le società/giocatori per alzare il livello delle competizioni (non solo eccellenza o celtic) con vincoli precisi sulla formazione degli atleti (niente equiparati o stranieri a pagamento)
    3) avere un atteggiamento non votato al professionismo a tutti i costi, anche perchè non possiamo permettercelo
    4) fare un piano di finanziamenti tasso zero per costruzione di campi e club house per le società, ovviamente richiedendo garanzie
    5) accettare che in italia, tranne alcuni casi, il modello a cui tendere deve essere quello argentino; formazione di base, dilettantismo o semi pro, mercato interno, autofinanziamento dei club.

    • gsp 3 Luglio 2014, 11:43

      pepe, alla domanda 1, i CF sono stati creati per quello. poi che funzionino speriamo che qualcuno qui ce lo dica.

      • malpensante 3 Luglio 2014, 14:51

        gsp, ci son sempre stati, ma erano un’enormità in meno e almeno fino a qualche anno fa non c’era l’idiozia di trasformarli (nella sostanza) nell’anticamera delle accademie. I ragazzi giocavano nelle loro società e, semmai, entravano nelle selezioni ma non per questoescludevano quelli che stavano fuori. Ci si è avvitati e al posto di una piramide il modello è un vibratore.

      • mezeena10 3 Luglio 2014, 15:43

        gsp leggi su!

  7. Da 3 Luglio 2014, 11:15

    Due domande?

    – La FIR, nel suo budget e tenendo conto delle entrate, ha investito adeguatamente nello sviluppo del Rugby di base?
    – Come mai ai nostri tecnici non vengono offerti clinic o corsi di perfezionamento promossi dalla Federazione?

  8. antonio 3 Luglio 2014, 11:25

    In merito alla ricerca dei talenti ho letto nei commenti molte cose che condivido, in più vorrei aggiugere che vi sono alcune direttive federali che limitano l’individuazione e la cura del talento.
    Mi spiego meglio:
    non esiste un sistema organizzato di osservatori qualificati che vanno a vedere per esempio una partita under 16 dove un ragazzo dotato gioca nel suo ruolo (apertura) e dimostra in pratica le proprie capacità di scelta e in generale di visione del gioco. dico questo perchè può capitare che lo stesso giocatore segnalato dal proprio allenatore venga invitato ad allenamenti nei centri di formazione dove non possono essere testate queste capacità per presenza di altri ragazzi in quel ruolo o comunque per la tipologia stessa degli allenamenti (generici e senza utilizzo del gioco al piede).
    Esiste poi il principio della massima disponibilità del giocatore alla partecipazione presso il centro di formazione, ma ciò come molti sanno non dipende sempre dal ragazzo, ma è legato alla disponibilità dei genitori/allenatori o comunque alle possibili difficoltà logistiche. Non ci possiamo permettere di perdere un talento per queste difficoltà.

  9. Katmandu 3 Luglio 2014, 12:52

    Molto bella come intervista, ma su una cosa dissento fortemente, perchè mandare all’estero i nostri giovani e sperare che si formino li? Dunque se negli ultimi anni la % di tesserati è aumentata del 40% e stiamo regredendo a livello di nazionale vuol dire che gli allenatori e le dirigenze delle squadre non son in grado di formarli chiaro e limpido

    • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 13:29

      Ti do un’altra visione prospettica. Il livello psicomotorio e di coordinazione di base dei ragazzi è paurosamente calato.
      In questi giorni a Calvisano si sta svolgendo ( organizzato dalla Fortitudo Bologna) un camp con tecnici dei Leicester Tigers. Ci sono circa 100 ragazzi dai 12 ai 17 anni provenienti da 20 società italiane diverse. Li ho osservati bene per molte ore e ti dico che secondo me nessuno di loro riuscirà a giocare in serie “b”.
      Guarda che non voglio dare nessun alibi a nessuno, ma ho il timore che la tua spiegazione non sia in grado di spiegare, da sola, l’evidente fenomeno di regresso che tu giustamente sottolinei.

      • Katmandu 3 Luglio 2014, 18:16

        Ok alberto la materia prima è scadente ma non mi sembra che ai tempi di cuttitta fossero tutti campioncioni quanto a coordinamento, basta vedersi un paio di partite anni ’80 per capire, quello che dici tu è vero ma alla fine vuoi dirmi che abbiamo piì deficit motorio rispetto ad altre nazioni a noi concorrenti? Non ti dico quelle del 6N o del SR ma a livello di altre nazioni a noi assimilabili tipo spagna o portogallo
        Il mio punto di vista voleva sottolineare che se gli “iscritti” son aumentari dal 6N in avanti e la qualità è calata, non solo a livello del gioco, ma anche a livello societario, capisci che qualcosa è andato storto e le scelte passate e nella formazione

        • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 20:26

          Purtroppo il baratro che ci separa dai paesi sportivamente ( e civilmente) evoluti è la scuola. E su questo abbiamo già visto la settimana scorsa. Se tu confronti i bambini che sanno nuotare a 6 anni in Francia e Germania con gli Italiani scopri abissi statistici. Anche in Germania e Francia i bambini giocano con i videogames , ma riescono a recuperare il deficit motorio con l’intervento diretto della scuola . Noi quando eravamo più “provinciali” e gli oratori funzionavano da “sfogatoio” per correre, rincorrersi, i nostri ragazzi avevano abilità psicomotorie superiori alle attuali.

  10. Francesco.Strano 3 Luglio 2014, 13:42

    Quoto in Toto CUTTITA ! Forse non è in Accademia perché dice ciò che pensa……

    AdG un mulo in un giorno non diventa cavallo……
    Se ci fossero 365 giorni l anno tecnici ADEGUATAMENTE preparati sarebbe diverso non credi?!

    • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 14:10

      Un mulo non diventa cavallo nemmeno nell’arco di una vita, se è per quello! e questa è la mia paura…
      Se tu mi dici che è meglio un tecnico molto preparato rispetto a un tecnico mediocre, ti rispondo ovviamente di si!
      Io però ti pongo un’altra domanda. Negli ultimi tre anni quanti tecnici italiani conosci che hanno frequentato clinic all’estero? Io uno solo: Casellato.
      Quanti tecnici italiano conosci che parlano e capiscono perfettamente l’inglese ( o il francese)?
      Quante società hanno organizzato un clinic con Brunel , che è gratis, che parla italiano, che è obbligato a venire per il loro parco tecnici?
      Oppure d’improvviso Brunel è diventato un cretino!

      • mezeena10 3 Luglio 2014, 15:51

        te lo dico io Amatori Alghero appena retrocessa, grazie anche a molte manfrine federali, la prima sui costi delle trasferte in Sardegna, ha ospitato Brunel e Troiani per uno stage allenamento coi ragazzi e i coaches di tutte le squadre Sarde!

        • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 16:30

          E una, bravissimi.

          • mezeena10 3 Luglio 2014, 22:27

            bravi i dirigenti algheresi! peccato solo per come è finita l’ annata, 2 squadre retrocesse in B è stato un colpo durissimo da digerire, per tutti i rugbysti sardi!

  11. Bissa 3 Luglio 2014, 13:59

    Ottima intervista e un lucidissimo Cutitta!!
    Quello che mi viene da chiedermi è se la Fir negli ultimi 20 anni (e quindo non sto incolpando MR G) abbia avuto/ha uno straccio di piano di sviluppo del rugby!
    Perchè a quello che si vede non mi pare..siamo nel marasma più totale e l’mprovvisazione la fa da padrona.
    Qui si necessita di un piano e idee ben chiari altrimenti con la fantasia ed lo spirito di sacrificio di pochi non si va da nessuna parte.
    Mi è piaciuta molto la parte in cui si denota il fatto che le nostre vittorie siano estemporanee, per costruire qualcosa ci vuole ben altro che una partita che va bene ogni tanto.
    Aspettare le elezioni ancora 2 anni è devastante. Gavazzi dovrebbe dimettersi assieme a tutto il consiglio Fir ed si dovrebbero tenere nuove elezioni.

    • Alberto da Giussano 3 Luglio 2014, 14:35

      Ti chiedo ragione di una cosa che si puo’ far subito e che nessuno fa. L’ho postata sopra.
      Quante società hanno organizzato clinic con Brunel per il loro staff tecnico? Non serve aspettare due anni. Oppure Brunel è inadeguato?
      Non ha conoscenze sufficienti?

      • Bissa 3 Luglio 2014, 15:26

        A me Brunel non spiace come mi piaceva anche Mallet, non è un problema di allenatori.
        Potrebbe essere una idea, sarebbe pur cercare di fare qualcosa invece di questo immobilismi, dico solo che la Federazione dovrebbe avere un qualche ruolo di iniziativa basato su un piano.

  12. Bissa 3 Luglio 2014, 14:00

    scusa la ripetizione, viene da chiedermi!!

  13. WinstonSmith 3 Luglio 2014, 16:07

    condivido in toto, e come non farlo, quanto detto da Cuttitta e torno su quello che ultimamente è divenuto un mio pallino.
    magari non saranno le centinaia di migliaia di tesserati che ci sono in Inghilterra ma ormai anche qui da noi i numeri non fanno più così schifo: certamente ci sono più praticanti ora di quanti ve ne fossero quando avevamo il privilegio di veder giocare, e di giocare, con i vari Botha, Campese, Kirwan, Whetton, Smal ecc.
    il problema, pare che sul punto vi sia concordia tra tutti quelli che sono finora intervenuti, è che i formatori dei giovani rugbisti non siano sufficientemente formati e che conseguentemente non riescano a formare i giovani rugbisti.
    Allora mi chiedo: perchè non cercare di organizzare un canale che permetta ai nostri giovani di trascorrere un paio di mesi estivi nell’emisfero sud (da loro è inverno e i nostri ragazzi oltre a giocare andrebbero a scuola con il triplo risultato di imparare l’inglese, fare un’esperienza di vita sicuramente formativa e – già che ci siamo – giocare anche un po’ di buon rugby) offrendo in cambio ai loro tecnici una permanenza da noi di un paio di mesi in inverno (da loro è estate, avranno ben le ferie e penso che la possibilità per un down under di trascorrere del tempo nel “Bel Paese” verrebbe afferrata al volo) durante la quale i tecnici potrebbero portare la loro esperienza nei singoli club.
    il soggiorno, degli uni e degli altri, potrebbe essere a titolo di ospitalità e le spese di viaggio, che peraltro so bene non essere poca cosa, potrebbero essere contenute con convenzioni che già esistono.
    e si badi che la mia età decisamente non più verdissima non mi permetterebbe di prendere parte all’auspicato scambio “culturalrugbistico”

    • aristofane 3 Luglio 2014, 16:50

      Mi ricorda molto uno scambio con gli Auckland Blues bloccato da qualcuno… bella idea, comunque.

  14. jock 3 Luglio 2014, 20:38

    @aristofane: potrebbe essere, per caso, tu ti riferisca a quella geniale pensata di Checchinato di qualche tempo fa?

    • mezeena10 3 Luglio 2014, 22:28

      ciao jock, pare fu proprio lui a far saltare il tutto! questione di schei pare..

  15. jock 3 Luglio 2014, 20:51

    Una buona intervista, che dice cose conosciute, ma in modo intelligente e competente. E anche se sono sempre le stesse, le cose che ci diciamo, come fanno gli interessanti interventi di voi, qui sopra, non per questo sono meno valide, visto l’ andazzo in FIR, non sembra cambi nulla. E io al ruolo della FIR ci credo, certo non uno così avvilente. E basta con ‘ sta lotta continua, nemmeno troppo sotterranea, tra TV e Federazione, le ultime novità, a mio modo di vedere, fanno presagire tutto, di cattivo. Ma è la FIR, che deve gestire ‘ sta rogna, è compito suo, non come vediamo da anni. Bravi i club che volontaristicamente e con pochi mezzi cercano di fare il possibile per allargare la base del movimento, per allenare e selezionare i ragazzi, per formare gli allenatori. Gran buona volontà e, credo, ben poca presenza istituzionale, in tutti i sensi. Sui rapporti tra franchigie e territorio, intersecati dalle accademie, come dovrebbero essere (pochissime, prima di tutto), è già stato detto tutto quanto, parecchie volte.

  16. faduc 4 Luglio 2014, 10:01

    @san: ti invito a leggere l’opinione che Cuttitta ha sulla mancanza di rugby ad alto livello nelle città come Roma. Troppe parrocchie…ma guarda un po’

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