Spaghetti alla carbonara, carciofi alla romana e… Luke McAlister!

Intervista all’apertura neozelandese del Tolosa rilasciata in esclusiva a OnRugby.it

COMMENTI DEI LETTORI
  1. vivirugby 20 Novembre 2012, 11:43
  2. Rabbidaniel 20 Novembre 2012, 11:44

    “Bisogna iniziare ad insegnare certe cose già ai ragazzini e forse voi arrivate dopo in queste cose. Servono soprattutto bravi allenatori. E’ per questo che Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda sono più avanti di voi”.
    Quando si dice cogliere l’essenza.

  3. Katmandu 20 Novembre 2012, 12:34

    Il problema dato che ho fatto da educatore a bimbi fino ai 16 anni è che non sempre c’è la reale volontà da parte delle famiglie nel far fare questo sport mi spiego io andavo negli istituti per fare propaganda e tutti li vedevo entusiasti (soprattutto le bambine) ma poi in campo ne vedevo si e no 2
    Poi un altro problema sono quelli che vengono a 16 anni compiuti che partono in netto ritardo e fargli fare un placcaggio potrebbe risultare complicato
    Un ultiml problema è che vivendo la realtà di una piccolissima socetà tanti bimbi non si presentano agli allenamenti perchè hanno altri impegni e poi si presentano la domenica e non si può non farli giocare altrimenti non si scende in campo quindi multa in più si penalizzerebbero gli altri….
    Quindi facile insegnare a chi a voglia e numeri per farlo ma il nostro contesto è molto diverso forse se diventasse materia scolastica invece che vedere le palestre con il quadro svedese…. Ma poi a che serve il quadro svedese?

    • Rabbidaniel 20 Novembre 2012, 13:44

      Hai colto degli aspetti giusti. Io ho iniziato a giocare a 8 anni, ma il campo stava a 10km da casa mia, quindi i miei genitori mi hanno portato avanti e indietro per 3 giorni a settimana, fino a quando non sono stato autonomo. Squadre di calcio, di basket ecc si trovano ovunque e so di persone che vorrebbero mandare i figli a giocare a rugby, ma non possono perché le sedi sono troppo distanti (e parlo della provincia di Treviso con la sua alta densità rugbistica).
      Un motivo è la scarsa cultura sportiva diffusa, un altro è che nel rugby arrivano le seconde o terze scelte del bacino, gli “atleti” più forti mediamente fanno altre scente. Anche se ci sono ragazzi validi, se iniziano a giocare a 16-17 anni, si portano dietro un ritardo di competenze per tutta la carriera, a meno che non siano fenomeni (Castro per esempio è un’eccezione, ha iniziato a giocare tardi, però si vede che ha una gestualità di passaggio non impeccabile).

      • andreac 20 Novembre 2012, 14:11

        esatto , io adoro questo sport e vorrei tanto che mio figlio che oggi ha 5 anni e mezzo lo frequentasse(poi il proseguio negli anni dipende chiaramente dai suoi gusti e dalle sue esigenze), però non essendo diffuso capillarmente sul territorio devo fare 30 km per trovare la prima squadra di rugby col settore giovanile e lavorando fuori tutto il giorno diventa molto difficile poter garantire la partecipazione…in generale necessitiamo di una crescita del movimento che interessi tutto il territorio nazionale e che dia una mano anche alle famiglie a far partecipare più agevolmente i propri figli a questo sport…per inciso, io comunque lo porterei anche se dovessi fare 100 km, ma molti genitori desistono prima di iniziare e indirizzano i prorpi figli verso altre discipline più “comode”.

      • WinstonSmith 20 Novembre 2012, 14:24

        tutto vero ma resta il problema che spesso gli allenatori-educatori non hanno le capacità (o a volte le possibilità) di essere buoni insegnanti: i settori U10, U12 e U14, che sono quelli ove dovrebbero essere trasmesse le basi di gestualità e approccio al contatto, sono quasi sempre gestiti da tecnici pieni di buona volontà e di spirito volontaristico ma non per questo in grado di trasmettere i fondamentali. A parte poche eccezioni (alle solite note aggiungerei l’Asr Milano, il Mogliano e il Gispi Prato, quest’ultimo davvero all’avanguardia) bisogna poi dire che molte volte sono le stesse società che guardando più al numero dei tesserati che alla qualità raggiunta dai propri mini atleti si preoccupano più che nessun ragazzo molli piuttosto che di reperire dei bravi allenatori, magari un po’ “duri” ma capaci, che gli farebbero correre il rischio di qualche abbandono. Da ultimo credo si debba aggiungere che nessun VERO TECNICO (a parte le poche e luminose eccezioni che pur ci sono) si abbasserebbe mai ad insegnare a passar la palla a dei ragazzini: sono tutti già pronti per il Pro 12 o quantomeno l’Eccellenza!

        • Rabbidaniel 20 Novembre 2012, 15:39

          E anche questo è più che corretto, infatti la frase più interessante dell’ìntervista è quella che ho riportato sopra. Anni fa feci il corso per allenatori di primo livello, che poi non ho mai usato per vari motivo. In ogni caso alla fine del corso non mi sentivo così capace di insegnare, pur avendo alle spalle 14 anni di rugby giocato.

          • ginomonza 20 Novembre 2012, 18:28

            Rabbi,
            allora futuro nero?

          • gsp 20 Novembre 2012, 18:41

            dai pero’ anche la parte sulle natural skills non e’ proprio male. a volte e’ bello anche valutare che ci sono delle basi dalle quali cominciare a costruire.

            non mi riferisco a te, pero’ e’ tipico da movimento adolescenziale il fatto che ci sia poca consapevolezza di se. delle cose che sai fare bene (basta vedere il num di folli che pensano che castro, parisse e mirco siano sopravvalutati e gori raccomandato), degli obbiettivi e di come raggiungerli.

          • gsp 20 Novembre 2012, 18:42

            @rabbi, insegnare non e’ per tutti, e tu forse sei troppo ‘coscienzioso’. sono sicuro che avresti molto da insegnare.

  4. mezeena10 20 Novembre 2012, 19:22

    grande luke! poco da aggiungere..

  5. Rabbidaniel 20 Novembre 2012, 19:36

    @gino Il futuro non nero, però sarebbe il caso di iniziare a insistere su certe cose, come la formazione degli allenatori, la formazione degli arbitri e un progetto scuola più efficace. L’obiettivo è “rubare” ragazzi agli altri sport e formarli bene.

    • WinstonSmith 20 Novembre 2012, 20:08

      Non credo sia necessario rubare ragazzi ad alcun altro sport, quelli che ci sono mi sembrano abbastanza, il problema ritengo sia sempre nella capacità di formare i giocatori: nella provincia in cui vivo, e non abito né in Veneto né a Roma né a Milano, ci sono almeno 12 società (e sono quelle che mi sono venute in mente così, su due piedi) che seguono il minirugby il che vuol dire almeno 1200 mini giocatori ma da tutto questo ben di Dio non esce nulla. Tanto per dare un idea credo sia sufficiente dire che tutto questo movimento (che da noi esiste da sempre) dal 2005 ad oggi ha dato un solo giocatore alla nazionale, attualmente in panca e che ovviamente gioca da anni in un altra città.
      Passaggi, placcaggi, raccolte da terra, percussioni, prese al volo saranno forse noiose da insegnare ma se non partiamo da questi fondamentali sarà dura, anche nel futuro, fare qualcosa di più di una bella figura ogni tanto

      • Katmandu 20 Novembre 2012, 22:49

        Ok potenzialmente la tua provincia potrebbe avere 1200 minirugbysti diciamo fino all’U14? Bene vuol dire che ogni socetà ha almeno 100 bimbi potenziali da gestire? Bene vuol dire che ogni squadra ha le cinque categorie d’età? Vuol dire 20 bimbi per categoria mediamente bene io che abito in una zona con una densità rugbystica abbastanza alta ti dico che poche socetà portano agli allenamenti così tanti bimbi e non sono l’unico quando giocavo in giovanile ma anche quando le seguivo per dare una mano non c’erano quasi mai più di 40/50 bimbi fai tu la media e le conclusioni i numeri si possono “gonfiare” tesserando gente che non gioca

        • WinstonSmith 20 Novembre 2012, 23:45

          Forse non sono 1200? Sono soltanto 1000 o 800? Se così fosse non sarebbero comunque pochi (ma credimi che nel mio caso forse 1200 e’ una stima per difetto): certo i numeri dei tesserati si possono gonfiare, spesso i dirigenti – in questo accomunati dalla piccola società alla federazione – pensano di avercelo più lungo se vantano numeri importanti, ma quello che resta alla fine sono i risultati perché, almeno i risultati, sono numeri che non si possono mistificare. Ho visto un ottimo allenatore alle prese con oltre venti bambini: in simili condizioni era quasi impossibilitato ad insegnare, quel pover’uomo poteva al più provarci ma alla fine era costretto a mettere una palla in mezzo ed a farli giocare. Sicuramente i bimbi si divertivano ma quanto ad imparare i fondamentali … Senza allenatori in gamba alla base che i bambini siano 10, 100 o 1000 non si potranno mai vedere miglioramenti al vertice. Nelle accademie, che sono comunque ben lontane dal vertice (e si portano pure dietro quell’odioso asterisco), gli allenatori devono spiegare a ragazzoni di 16 o più anni, spesso grossi come armadi e veloci come treni, come si corre con una palla in mano, come la si passa, eccetera. Se questi insegnamenti non partono prima poco importa che la base sia più estesa, potrebbe forse essere anche peggio perché se aumenta il numero dei praticanti ma non la qualità degli insegnanti alla fine non potrà che diminuire anche la qualità dei discepoli. Per dire: con insegnanti di pari capacita e’ più probabile che ottenga risultati migliori una classe formata da 28 scolari o da 18?

          • Rabbidaniel 21 Novembre 2012, 01:27

            Il senso è che bisogna “rubare” gli atleti migliori. Un ragazzino alto meglio invogliarlo a fare rugby e giocare 2a linea piuttosto che vada a giocare a basket. Per rubare intendevo questo.

          • mezeena10 22 Novembre 2012, 08:44

            saranno tanti come dice l’amico qui, ma siam sicuri siano i migliori? i migliori atleti e non “scarti” di altri sport??? quoto rabbidaniel, si deve trovare il modo di “fregarli” agli altri sport a partire dalle elementari!!!

  6. Rabbidaniel 20 Novembre 2012, 19:38

    @gsp grazie per la fiducia, ma non credo che sarei stato un granché come allenatore. Anche volendo la vita che faccio ora non mi dà tempo per prendere impegni simili.

  7. Caval 21 Novembre 2012, 09:42

    Mi stacco un attimo dalle discussioni piu’ o meno tecniche, polemiche o critiche che dir si voglia per “cantare le lodi” di Luke McAllister. Qualche mese fa e’ venuto a Verona sempre in relazione ad un’evento pubblicitario Franklin & Marshall. Visto che era giorno di allenamenti di minirguby, la prima cosa che ha fatto e’ stato chiedere un paio di pantaloncini e un paio di scarpini e si e’ buttato in campo coi ragazzini. Questo per arrivare a dire che in TUTTE le foto che ho visto (alcune penso si possano trovare ancora nei meandri del sito del CUS Verona) McAllister sfoggia un sorriso a 32 denti che non si vede spesso nei campi di rugby. E’ stata per me una delle piu’ belle esperienze rugbistiche che abbia mai avuto, non per il campione in campo, non per gli skills e la tecnica che traspare in ogni movimento di questo giocatore, ma semplicemente per l’umilta’, lo spirito e l’allegria che trasmetteva, non solo ai piccoli ruggers, ma anche a tutti quelli che si stavano gustando una birra sotto il sole sugli spalti. Va da se che al nostro club ha lasciato un ricordo stupendo.

    • mezeena10 22 Novembre 2012, 08:51

      grazie per l’aneddoto! ho avuto modo di fare alcune chiacchierate con lui in passato e posso confermare che è un ragazzo splendido,disponibile, padre modello (ha pure 2 cagnolini di razza italiana tra l’altro) oltre che un superbo giocatore!

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