Una stagione complicata, ma rivolta al futuro: Federico Dalla Nora e il suo Mogliano

Abbiamo intervistato l’allenatore del club veneto, ultimo in classifica senza vittorie ma con un gruppo molto giovane

ph. Luigi Mariani

ph. Luigi Mariani

Come prima esperienza da allenatore di una squadra di Eccellenza, Federico Dalla Nora si augurava sicuramente un inizio migliore. Il suo Mogliano fin qui ha racimolato soltanto quattro punti grazie a quattro bonus difensivi, venendo sconfitto in tutte le otto partite disputate nel torneo. Il club biancoblu ha iniziato un processo di rinnovamento con l’innesto di tanti giovani, con le relative difficoltà nel raccogliere subito risultati positivi, anche se probabilmente nemmeno il tecnico veneto immaginava una prima parte di stagione così complicata. On Rugby lo ha intervistato per comprendere meglio gli umori e le sensazioni all’interno della squadra.

 

Le chiedo innanzitutto un commento sull’ultima partita contro Reggio, in cui immagino che avevate aspettative diverse.

Facendo un’analisi della partita diciamo che ci aspettavamo di più, l’avevamo prearata abbastanza bene. Nei primi 20′ siamo rimasti nelle nostre idee di gioco, abbiamo creato delle opportunità ma ne abbiamo realizzata soltanto una. Poi con il passare del tempo abbiamo fatto degli errori individuali e nel collettivo che li hanno fatti sempre rimanere nella nostra metà campo; da lì chiaramente Reggio è una squadra attrezzata e gli abbiamo dato l’opportunità di fare punti. Nel secondo tempo abbiamo fatto dei cambi, non ci siamo persi, ma loro sono stati più bravi di noi nel portare a casa la partita.

 

 

Eppure, il campionato era iniziato anche con due punti di bonus difensivi importanti contro Fiamme Oro e Petrarca. Poi c’è stato il calo. Il gruppo ha perso fiducia e  quell’entusiasmo che poteva esserci all’inizio di un nuovo anno?

Un po’ ti sei risposto. Quando perdi la fiducia viene sempre a mancare, si innervosiscono le persone. I ragazzi sono qui per far bene, non per perdere. All’inizio di questo percorso, la società ha scelto di puntare su dei giovani italiani, e credo che questo sia doveroso sottolinearlo. Non siamo una squadra formata, ma una squadra in formazione. Quando tu schieri una linea di trequarti con ragazzi del ’99, ’98 e ’97 ti aspetti anche che ci siano degli errori. Poi la sfortuna è che perdi persone importanti che prevedevi di avere tipo Riccardo Pavan, che purtroppo recupererà in più tempo del previsto; Guarducci era un punto di riferimento per la squadra e si è fatto male a Viadana; abbiamo perso Ferraro, un tallonatore importante, e siamo andati a giocare a San Donà con un solo tallonatore. Tante piccole cose, che purtroppo ci stanno mettendo in questa situazione difficile. Siamo tutti consapevoli, ci dispiace molto, ma ho uno staff molto forte e competitivo; Nicola Gatto è un conoscitore importante del rugby, Filippucci conosce le dinamiche della difesa. Stiamo lavorando tanto. Tutto è migliorabile.

 

 

Spesso il Mogliano è rimasto a lungo attaccato alle partite, nonostante le sconfitte.

Guarda, con le Fiamme Oro abbiamo fatto una partita importante dal punto di vista difensivo e vigorosa, anche in attacco; ce la siamo giocata con San Donà nel gioco e in difesa, siamo stati alla pari. Poi noi paghiamo un po’ dazio, perché il dato di fatto è che certi dettagli verso la fine ci costano caro. Se togliamo la gara contro i Medicei, in cui abbiamo sbagliato partita, dieci minuti contro San Donà e contro Reggio… Con San Donà per gran parte del match eravamo alla pari, con Viadana fino al 70′ con un rosso ci stavamo giocando la partita. Se domenica nei primi venti minuti avessimo indovinato un paio di 2 vs 1 e non avessimo buttato via il pallone saremmo andati sul 21-0 al netto delle trasformazioni. Però questo non accade. Serve anche che le cose girino diversamente.

 

 

Il suo è anche un lavoro di formazione visti i tanti giovani.

Siamo consapevoli di dove siamo, stiamo lavorando con i ragazzi per aumentare la loro consapevolezza nell’essere forti, perché ce ne sono anche di bravi. A inizio anno, facendo il conto dell’età di nascita dei giocatori, è venuto fuori che la nostra media è 22 anni. Se si tolgono Endrizzi, Padrò… Ce ne sono pochi sopra i 26 anni. Visentin, che sembra vecchio, ha 26 anni. Con questo non voglio dire che io non sbaglio, ma voglio dire che quando giochiamo contro I Medicei o contro Reggio loro possono presentare una rosa con cinque stranieri, che non è un dettaglio da poco. E poi prova a vedere chi segna. Non si inventa niente nel rugby. Se si guarda anche il luogo di nascita dei nostri giocatori scopriamo poi che la maggior parte proviene dalle vicinanze di Treviso.

 

 

Anche il deficit fisico rispetto alle altre squadre del resto è notevole.

Prova a guardare le immagini di una grande nostra partita come Mogliano-Rovigo (finita 22-28, nda). La differenza fisica si vede a occhio nudo, ma non perché noi non possiamo arrivare a quel livello, è perché un ragazzo di 18 anni non è ancora formato muscolarmente e non ha nemmeno l’esperienza per stare in Eccellenza. Una volta in Eccellenza si arrivava dopo un percorso abbastanza selettivo, adesso anche se le qualità di questi giocatori sono più alte, non sono ancora pronti per certi palcoscenici o contro certe squadre.

 

 

Che risposte sta ricevendo dai giovani inseriti in un processo che guarda più al lungo termine?

Quello che posso dire è che questi hanno voglia di fare. Se dai ad un bambino delle informazioni, non sempre poi vengono elaborate subito. Intanto gliele butti dentro, prima o poi vengono su. L’informazione detta è una comunicazione verbale, poi serve che venga verificata in campo, per cui ci sono delle dinamiche da migliorare che fanno sì che sia un processo lungo. Può essere accelerato se ci lavori tanto, ma lungo con i nostri tempi di lavoro. Con la società eravamo stati chiari fin dall’inizio. Speravo in risultati migliori, ma non è che non sapevamo che potevano esserci delle difficoltà. Poi gli infortuni hanno probabilmente aumentato un po’ il grado di difficoltà. Dal mio punto di vista e dalla mia esperienza nel gestire altri gruppi, le capacità societarie e tecniche a Mogliano ci sono tutte.

 

 

 

Le tante sconfitte hanno mutato nel tempo i princìpi di gioco? O con i ragazzi sta portando avanti sempre la stessa idea?

Abbiamo un progetto di gioco in cui crediamo e che curiamo con dedizione. Stiamo facendo degli errori, perché spesso questo progetto non è chiarissimo, ma si sta vedendo qualcosa, anche se a sprazzi. I giocatori hanno delle capacità, dobbiamo dare continuità a quello che facciamo e non avere fretta. Tutti sono contenti di giocare a rugby, è un momento di disagio e non riescono a esprimersi, ma dobbiamo crederci.
In chiusura un giudizio più ampio sul campionato di Eccellenza: è un torneo più propositivo rispetto a qualche anno fa?

Si potrebbe giocare molto di più, le squadre sono attrezzate per fare un bel rugby, ci sono buone idee. Secondo me non è male, sta crescendo. La gente ha anche voglia di provarci, ma quando c’è un risultato di mezzo non sempre è facile. Bisognerebbe studiarlo meglio, con un budget magari uguale per tutti. Chi ha più soldi vince sempre così.

 

Daniele Pansardi

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