Test Match: come giocano le Fiji attese dall’Italia a Catania

Una squadra esuberante e spettacolare, ma con carenze strutturali e una difesa non perfetta

fiji rugby

ph. Reuters

Tutti gli stereotipi che ci vengono in mente quando sentiamo parlare di nazionali come le Fiji corrispondono alla realtà. L’essere una squadra tendenzialmente anarchica, con pochi punti di riferimento, basata sulle individualità più che sul gioco collettivo e scarsamente organizzata nelle fasi statiche non sono solo semplici luoghi comuni, ma caratteristiche ben radicate nella cultura rugbistica figiana. Difficile dire se siano innate o forzate dai tempi e dalle circostanze, visto che i figiani giocano sparpagliati per il mondo e non possono contare su nessun ‘blocco’ in alcun club. Per capire meglio che tipo di squadra affronterà l’Italia domani al Massimino di Catania, abbiamo rivisto la partita di giugno giocata dagli Azzurri contro i figiani a Suva, e persa dagli uomini di O’Shea per 22-19 allo scadere.

 

La formazione dell’ItaliaLa formazione delle Fiji

 

Rispetto a cinque mesi fa, coach John McKee ha operato sei cambi nella formazione, ma nel reparto più importante e influente della squadra – i trequarti – gli equilibri non cambiano molto. Al posto di Goneva (in panchina) ci sarà Josua Tuisova, mentre al posto di Vasiteri spazio a Tikoiroituma. Se poi aggiungiamo all’appello anche i confermati Volavola, Muriwaluwalu, Nemaci e Timoci Nagusa e soprattuto Leone Nakarawa, si capisce subito che rispetto a Samoa e Tonga non è il gioco a cambiare, ma gli interpreti di diverse spanne superiore alle altre formazioni del Pacifico.

 

I figiani possono vantare su un bagaglio tecnico e atletico individuale eccezionale e a tratti incredibile, oltre che su un fisico di gran lunga più prestante in media rispetto alla squadra italiana, che paga un disavanzo perlomeno in chili e in muscoli e in capacità di tenere sempre vivo il pallone. Quando lo fanno, e quando riescono a liberare tutti i propri cavalli sul terreno, diventano praticamente inarrestabili, anche se l’altro lato della medaglia ci ricorda anche che le Fiji si spingono spesso troppo in là con la fantasia, rischiando di vanificare azioni interessanti.

Molto delle Fiji in un’azione: grande fisicità, estrema facilità nel riciclare l’ovale ma anche errori banali, concettuali innanzitutto

 

La fase difensiva italiana, nello scorso giugno, ha faticato nel trovare le misure ad una squadra con un’altra dote molto particolare, che ben spiega le grandi capacità individuali dei suoi componenti: la capacità di creare occasioni dal nulla anche quando i palloni escono dalla ruck in maniera molto lenta e molle, sempre sfruttando le lunghe leve dei propri uomini migliori. In questo senso le Fiji possono contare su un giocatore unico nel suo genere nel pianeta rugby, Leone Nakarawa, capace di compiere offload fuori portata per chiunque non si chiami Sonny Bill Williams.

 

Un piccolo assaggio di quello che dobbiamo aspettarci da Nakarawa, maestro del passaggio cestistico applicato al rugby

 

Quella delle Fiji è una strategia di gioco relativamente semplice, perlomeno nello studio e nella sua definizione. Poca struttura (eccezion fatta per qualche mini unit tra prime linee), tantissima libertà di svariare. Applicarla richiede un’esecuzione precisa e una costanza di rendimento notevole, oltre che una certa spregiudicatezza anche solo nel pensare certe giocate. I figiani difettano in particolare delle prime due caratteristiche, visti i frequenti cali di concentrazione durante tutti gli ottanta minuti, ma a non mancare alla formazione di McKee è certamente il coraggio, sebbene dimostri spesso di non avere un’altra alternativa al far viaggiare il pallone al largo e correre non appena possibile. Lo stesso Volavola, il mediano d’apertura, sembra ‘quasi’ costretto a sostenere ripetutamente l’azione alla mano, pur avendo un discreto piede. Rallentare il gioco, controllarlo e distruggere il ritmo altrui non è contemplato, anche perché quando parliamo dei figiani non parliamo dei migliori interpreti nel breakdown, soprattutto a livello regolamentare.

 

Nelle fasi statiche non va molto meglio. A giugno, gli Azzurri conquistarono ben cinque calci di punizione in mischia dei quindici concessi dalle Fiji (a cui va aggiunto il giallo a Nagusa), un dato sopra la media a livello internazionale. Il divario tra i pack più piuttosto netto e incontestabile, e nemmeno nelle touche la formazione pacifica dimostrò di poter fermare l’emorragia nella conquista, con quattro rimesse perse su tredici (e con Nakarawa punto di riferimento marcabile). A proposito di indisciplina: a Cremona, nel novembre 2013, le Fiji giocarono addirittura una porzione di primo tempo in 11 a causa di quattro gialli. Quando si dice genio e sregolatezza…

 

Una difesa alla figiana

La grande fiducia nelle proprie individualità sembra essere una peculiarità non solo della fase offensiva, ma pure della difesa. I giocatori figiani non raddoppiano quasi mai il placcaggio sul portatore, fidandosi probabilmente del proprio fisico imponente contro avversari spesso di qualche taglia più piccola. Anche ad una prima occhiata, tuttavia, si intuisce facilmente come la fase di non possesso non sia esattamente la materia preferita dagli isolani, imprecisi nei tempi di gioco e indecisi spesso nelle soluzioni da adottare – se salire velocemente a chiudere o se scivolare lateralmente.

 

Una giocata ben fatta dell’Italia da touche per togliere certezze alla difesa delle Fiji,
che dopo essere salita in avanti sembra scappare anche all’indietro. Da notare, inoltre, il placcaggio molle del numero 11, Nagusa

 

Se manipolata con pazienza e con i movimenti adeguati, insomma, la difesa di Nakarawa&co. evidenzia notevoli difetti che l’Italia potrebbe sfruttare, evitando magari gli errori fatti a giugno nella gestione del possesso soprattutto nei momenti cruciali. Per gli Azzurri sarà fondamentale il dominio nelle fasi statiche, certo, ma come dimostrato dalla sconfitta di giugno schiacciare gli avversari in mischia e in maul potrebbe non bastare. Limitare l’esuberanza atletica e tecnica delle Fiji dovrà essere il punto di partenza.

 

di Daniele Pansardi

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