All Blacks-Lions, più dura di una finale mondiale: parola di Wayne Smith

L’assistant coach neozelandese parla della sfida decisiva della serie, ma anche del suo rapporto con l’Italia

ph. Sebastiano Pessina

ph. Sebastiano Pessina

Non è un mistero che uno dei segreti degli All Blacks risieda appena al fianco di Steve Hansen. E nemmeno che risponda al nome di Wayne Smith, assistant coach dei campioni del mondo già dal 2004 al 2011 e poi ritornato a coordinare la difesa della Nuova Zelanda dal 2015. Il 60enne è universalmente considerato come uno dei più grandi maestri tattici del gioco, tanto da essere soprannonimato ‘The Professor’ per le sue doti di stratega. Il suo tempo, tuttavia, sta per concludersi. Smith ha annunciato il suo addio agli All Blacks dopo il prossimo Rugby Championship e non vorrà lasciare senza aver visto i tuttineri battono ancora una volta i British & Irish Lions, come nel 2005.

 

Gara-3 come una finale di Coppa del Mondo

Parlando della decisiva sfida di domani, con la serie sull’1-1, Smith ha dichiarato in un’intervista a BBC Radio 5 Live che potrebbe trattarsi di “una gara più dura di una finale di Coppa del Mondo”. Il neozelandese si è detto divertito delle partite a scacchi giocate fin qui dai due allenatori: “Conosciamo bene i coach dei Lions, sono di grande qualità e sono sempre molto intelligenti nel farci rendere la partita indigesta. Noi chiaramente vogliamo giocare a rugby, siamo nati per giocarlo con un certo stile.

 

Il rapporto con l’Italia

L’intervista però lascia spazio anche al passato e al possibile futuro di Smith, ragion per cui non può mancare il riferimento all’Italia e alle sue primissime esperienze da allenatore a Casale (1986-1988) e al Benetton Treviso (1992-1994). “Ho imparato ad allenare in Italia, dunque ho imparato differenti metodologie rispetto ai coach neozelandesi – spiega Smith – Penso che il ‘Mad Professor’ venga da lì. Facevo domande piuttosto che essere istruito”. Il Bel Paese, tuttavia, sembra essere anche nei prossimi progetti dell’ex assistente dei Chiefs, rimasto legato alla terra italica: “Avremo tempo per viaggiare in camper, per ritornare in Italia un mese o due all’anno e, si spera, di viaggiare un po’. Servirà per riconnettermi con la mia famiglia e con la gente e per cambiare il mio stile di vita. Allenerò ancora un po’, aiuterò le persone se sarò convinto di farlo”.

 

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