Impacchi di rugby e tisane di ciclismo: Maurice Mességué, papà delle piante

La vita dello scrittore ed erborista francese è stata anche ovale. Marco Pastonesi ci porta nei Midi-Pirenei

rugby tifosi

ph. Sebastiano Pessina

“Ridere – predicava – aiuta a digerire. Un enorme spezzatino, se mangiato con i propri compagni di classe, va giù senza problemi, invece una foglia di lattuga, se consumata in una compagnia noiosa, può andare di traverso”.

Maurice Mességué era considerato “il papa delle piante”. Sosteneva che il principio del benessere stesse tutto lì: fitoterapia o erboristeria, l’orto era una farmacia, il bosco un supermercato, i campi un patrimonio e un giacimento, il nostro corpo un piccolo mondo in equilibrio. E’ morto il 16 giugno: aveva 95 anni e mezzo. E la sua età, da sola, forse spiega più di tante teorie alimentari e scientifiche.

 

Francese di Colayrac-Saint-Cirq, nel dipartimento del Lot e Garoona, nella regione dell’Aquitania, Mességué era cresciuto nella povertà economica (si racconta che con lo stesso grembiule fece tutte le elementari), ma nella ricchezza della tradizione e della cultura contadine. Il padre lavorava la terra, ne studiava i segreti, faceva il guaritore. Maurice ne approfondì le conoscenze. Nella sua autobiografia avrebbe ricordato quei momenti domestici fondamentali per la propria educazione: “I contadini raramente scrivono lettere, e per mio padre l’arrivo di una lettera era una cerimonia importante che esigeva quasi un rituale: il bicchiere di vino per il postino, il rigoroso controllo del nome sulla busta – gli errori possono capitare, e non si deve mai aprire una lettera indirizzata a qualcun altro – e la lama di un coltello attentamente inserita per liberare qualsiasi destino ne fosse racchiuso”.

 

Dopo la Seconda guerra mondiale, Maurice Mességué decise di fare delle sue teorie, e soprattutto della sua pratica, un mestiere. Un giorno incontrò un “clochard”, malato e piagato, e gli chiese di poterlo curare. Il “clochard” accettò, ma a una condizione: in cambio voleva una bella dose di alcolici. Mességué lo guarì. E da quel momento collezionò grandi pazienti, clienti, fedeli, ma anche un’impressionante serie di denunce per esercizio abusivo della professione medica. Il suo avvocato diceva che se il suo assistito non era un medico, i medici non erano dei guaritori. Però il metodo di Mességué, semplice, dolce, naturale, funzionava: e dalla politica (il primo ministro inglese Winston Churchill) all’arte (il poeta, scrittore, regista Jean Cocteau), dal ciclismo (Fausto Coppi e Raymond Poulidor) alla musica (Maria Callas), le sue diete si sono trasformate in regole, leggi, comandamenti. Personalizzate.

 

E chissà se qualche influenza non sia venuta anche dal rugby. Mességué, da bravo contadino francese, si era innamorato del pallone ovale e dei suoi rimbalzi sbilenchi. Aveva giocato nell’Union Sportive Montauban, di cui era poi stato dirigente e presidente verso la metà degli anni Cinquanta: lo stadio di Sapiac, con la pista di atletica e quella di ciclismo, le maglie bianche e verdi, poi diventate verdi e nere per commemorare i 55 giocatori morti durante la Grande Guerra, lo Scudo di Brenno (l’equivalente dello scudetto italiano) conquistato nel maggio 1967, il record di passaggi (6232 “sapiacains” in uno spazio di 17 chilometri per festeggiare la Francia in partenza per la Coppa del mondo 2003).

 

Ma non è tutto. Mességué, che gli ultimi 25 anni li ha trascorsi a Fleurance, nel Midi-Pirenei, zona celebre per l’armagnac, negli anni Ottanta è stato eletto presidente dell’ASF Rugby Fleurance, ed è rimasto sempre un fedele sostenitore del club Valence-d’Agen, presente non solo nelle partite in casa, ma anche in quelle in trasferta. E siccome la cultura contadina francese sposa il rugby al ciclismo, Mességué è riuscito nell’impresa di portare addirittura il Tour de France nel suo paese, per ben quattro volte: due per le tappe e due per i prologhi.

 

Il rugby lo ha influenzato anche nella vita professionale. Uno dei suoi allievi prediletti, Marc Couget, è stato un buon rugbista: nativo della zona di Lourdes, poi in prima squadra, e in prima divisione, con il Tarbes. “La svolta – ha raccontato Couget in un’intervista a Manuela Salmi – a 27 anni, quando Mességué mi ha chiesto di andare a giocare a Fleurance, dove era sindaco oltre che presidente del club di rugby”. Da allora ha lavorato per i suoi centri di cura a Bordighera, Merano e Olbia, alternando periodi da nutrizionista per squadre di rugby e anche calcio.

Impacchi di rugby e tisane di ciclismo? Semplificando, ma sì.

 

di Marco Pastonesi

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