Lavorare l’Italia ai fianchi e punirla al largo: i binari del gioco irlandese

Lavagna tattica dedicata al match dell’Olimpico. E quelle 13 fasi del primo tempo…

irlanda italia sei nazioni 2017

ph. Sebastiano Pessina

Della sconfitta di sabato a Roma contro l’Irlanda, molto si è scritto e detto. Analizziamo ora alcune situazioni tattiche viste in campo all’Olimpico, soprattutto per quanto riguarda il gioco dell’Irlanda e la difficoltà dell’Italia di arginarlo.

 

 

Dentro i 22 azzurri: dove la pressione è stata enorme e costante

Soprattutto nel primo tempo, il pallino del gioco è stato in mano irlandese con il 66% di possesso (sceso a 52% nella ripresa). La maggior parte di questo possesso è avvenuto nella metà campo di casa (72%): nei primi quaranta minuti si è praticamente giocato più vicino ai nostri pali. Non solo, perché abbiamo contato ben 8 minuti in cui l’ovale è stazionato in modo attivo (in gioco) all’interno dei nostri 22, in possesso quasi sempre ospite. Tutto ciò ha aumentato in maniera enorme la pressione sulla nostra difesa, costretta ad arginare le cariche pesanti dei ball carrier irlandesi e in particolare della terza linea.

La grande abilità della squadra di Joe Schmidt è stata quella di aumentare l’intensità della collisione più si avvicinava la zona rossa azzurra: abbiamo contato almeno 17 cariche oltre la linea del vantaggio all’interno dei nostri 22. E dopo aver lavorato ai fianchi e logorato la difesa, con buon avanzamento e palle pulite Jackson ha potuto distribuire al largo (e lo ha fatto in modo molto intelligente), utilizzando due movimenti, loop con giocatore pesante e finti penetranti, per esplorare la larghezza e premiare la superiorità numerica costruita. Sembrano mete facili, ma dietro c’è un lavoro enorme del pack e la capacità collettiva di non perdere lucidità ed efficacia nel multifase (diverse invece quelle nella ripresa, decisamente più soft e che hanno colpito una difesa non logorata ma troppo morbida). Qualità dell’avanzamento e della pulizia, aprire solo se c’è un’evidente superiorità. C’è un’azione che racchiude tutto questo: le 13 fasi che hanno mandato in meta Earls.

 

 

13 fasi, 1 minuto e mezzo di azione e la superiorità il largo

Si inizia con una giocata da prima fase: incrocio Jackson-Ringorse e ritorno nel lato corto dove manca Esposito che copre dietro. Zebo attacca lo spazio e trova il break che dà il via all’azione. Tutto molto bello, ma lo spazio lasciato sguarnito è davvero eccessivo e, forse, data la mancanza dell’ala, appena finita la mischia Mbandà avrebbe dovuto occupare quello spazio senza guardare dove andava la palla, anche perché da quella parte della mischia ci sono Favaro e Parisse. Quando se ne accorge, Zebo ha tutto il tempo di andare via con un bel gioco di gambe. Una giocata più da Seven e che certo non si vede certo spesso nel rugby a quindici, il ritorno nel lato corto oltre la mischia ordinata.

 

sei nazioni 3

A quel punto inizia il logoramento irlandese. La struttura è semplice e nell’ordine: carica di O’Brien-carica di Heaslip-incrocio tra Jackson ed Henshaw-carica di Stander-sponda interna di Jackson per Ringrose-carica di O’Brien-incrocio tra Jackson ed Earls-carica di Stander-carica di Heaslip-carica di Furlong-carica di O’Brien (la terza in un minuto, quando si dice work rate)-mani fuori con finto penetrante e meta di Earls in bandierina.

Tante le cose da apprezzare: la capacità dei ball carrier di vincere la collisione, la prontezza dei sostegni che permettono a Murray di avere palloni sempre puliti e con relativamente poca pressione, l’intelligenza di Jackson nel tornare tre volte verso l’interno con incroci e sponde (ovvero verso dove è presente di sicuro il sostegno: l’obiettivo non è battere l’avversario al largo nell’uno contro uno, ma assicurarsi pulizia veloci e coinvolgere quanti più avversari possibile nel breakdown) e infine la capacità di leggere la superiorità e trasmettere al largo. Vista da fuori sembra facile, ma costruire una meta del genere non è da tutti. E nemmeno difenderla.

 

 

 

Kicking game a restare in campo: con e senza rete

Coach O’Shea in conferenza stampa e Carlo Canna in mixed zone lo hanno confermato: l’utilizzo del piede tattico a restare in campo era voluto, per non dare all’Irlanda piattaforme di attacco comode nella nostra metà campo. I verdi infatti sono squadra pericolosa tanto nel drive in cassaforte quanto negli attacchi da prima fase e l’obiettivo era quello di bloccare i rifornimenti di possessi a disposizione di Jackson. Le statistiche testimoniano che gli Azzurri hanno rispettato questa parte del piano di gioco: su 13 possessi calciati, quelli finiti in touche sono stati appena 4. A quel punto però, con l’ovale che resta in campo, si rende necessaria una salita ordinata della rete difensiva. Cosa che non sempre è avvenuta.

 

Nei primi due screen, la linea azzurra è densa e sufficientemente ordinata. Nel caso numero 2, a cui si riferisce il video subito sotto, il portatore è placcato, il possesso rallentato e gli Azzurri si trovano a dover affrontare una situazione di gioco lento ben più facile rispetto ad una sventagliata da touche nella propria metà campo. Tutto bene.

 

Negli screen 3 e 4 invece, Venditti ed Esposito sono fuori posizione, con il risultato di lasciare un canale attaccabile. Il secondo video fa riferimento alla situazione 4: l’ala della Benetton ormai fuori dai giochi tenta un improbabile intercetto, il giocatore più esterno è Cittadini facilmente attaccato da Zebo che rompe il placcaggio di Gori (che avrebbe dovuto essere un pelo più profondo per un eventuale calcetto ma a quel punto è costretto a salire) e trova il break.

 

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Come battere la difesa rovesciata

Una delle situazioni che gli Azzurri hanno maggiormente sofferto è la difesa rovesciata dell’Irlanda, che usciva sparata al largo e in almeno due occasioni ci è venuta a prendere palla in mano nel nostro campo. Rivedendo però la partita, palla in mano Parisse e compagni hanno fatto vedere anche cose buone. Come questa azione, in cui McLean, Padovani e Campagnaro dimostrano come battere una difesa rovesciata. Nel primo caso con un offload che va a punire lo spazio che inevitabilmente si crea nel momento in cui i difensori salgono con velocità diverse, nel secondo con una buona gestualità a trasmettere esternamente al difensore che sale più velocemente. Cosa servono? Skills di handling, confidenza e mani veloci. Una cosa in cui a livello di trequarti ancora non siamo alla pari con le altre nazioni Tier One.

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Cinque errori a contatto dal peso specifico altissimo

In ben cinque occasioni invece, altrettante buone manovre azzurre sono state vanificate da errori nel momento del contatto. Tre di queste (quelle qui sotto nei video) si sono verificate nella metà campo avversaria. E considerando il poco possesso e l’enorme sforzo fatto in sede di conquista e avanzamento, il peso specifico di simili errori è davvero molto alto.

 

 

di Roberto Avesani

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