Video analisi, VHS e droni: quando rugby fa rima con tecnologia

Andrea Masi ci racconta una componente imprescindibile del gioco moderno

video analisi rugby

ph. Reuters

Dopo aver affrontato nei primi due incontri un aspetto collaterale al gioco come quello dell’evoluzione degli staff tecnici e il passaggio dalla figura dell’head coach a quella del Director of Rugby, parliamo di un argomento più tecnico e specifico del gioco: il rapporto tra rugby e tecnologia, in particolare per quanto riguarda lo strumento di video analisi.

 

 

La prima video analisi: sedute fiume e videocassette

Al tempo dei miei esordi in Prima Squadra a L’Aquila, nel 1997, la video analisi aveva fatto da poco la sua comparsa e proprio allora iniziava a diffondersi. Certo, le tecnologie erano diverse e influenzavano radicalmente l’uso fatto dagli staff e la percezione che noi giocatori ne avevamo. Con le videocassette non era possibile tagliare la partita e di conseguenza l’incontro per l’analisi video era una seduta fiume parecchio lunga, condotta in modo abbastanza meccanico e unidirezionale: l’allenatore faceva vedere la nostra partita, andava avanti o indietro a seconda dei momenti importanti spiegando come correggere determinate situazioni. Non essendo facilmente disponibili i filmati relativi alle altre squadre, ci si concentrava sul proprio lavoro senza studiare l’avversario. Il tutto poteva durare anche due ore e mentalmente era abbastanza stancante riuscire a mantenere alta la concentrazione per tutto il tempo, così come lo era poi andare in campo. Serviva almeno una mezzora prima di tornare attivi, ritrovare il giusto focus mentale e l’energia per allenarsi in modo positivo. Ed è stato così anche a Biarritz: vero che dalla televisioni si era intanto passati ai computer, ma comunque l’analisi era impostata in maniera simile.
Le cose poi sono radicalmente cambiate grazie all’avvento delle nuove tecnologie ma anche ai risultati degli studi sulla concentrazione: per essere efficaci e immagazzinare maggiori informazioni, una riunione non deve superare i 40 minuti. E con i mezzi a disposizione quest’oggi, in 40 minuti si ha la possibilità di analizzare ogni singola fase del gioco e dell’allenamento.

 

 

Tecnologia è partecipazione

Da questo punto di vista, l’esperienza ai Wasps è stato un qualcosa di diverso rispetto al passato. Di riunioni video ne facevamo tante, anche due o tre al giorno, ma tutte più brevi. E soprattutto non più unidirezionali dall’allenatore al giocatore, ma gli atleti sono chiamati in prima persona a dare una propria spiegazione e interpretazione delle immagini. L’idea, come abbiamo detto nelle scorse puntate, è quella di crescere un giocatore attivo e in grado di divenire il primo allenatore di se stesso. Chiaramente tutto ciò è possibile grazie anche alle strutture che il club mette a disposizione.

I Wasps hanno una sala comune con una decina di computer per i giocatori, ai quali è richiesta la responsabilità di analizzare il proprio avversario o l’ultima partita giocata. E’ un lavoro che quotidianamente tutti fanno. Anche perché la mattina si arriva al club attorno alle 7:30-8 e la prima ora è libera: c’è chi fa massaggi, chi stretching, chi le fasciature e chi invece dedica il tempo all’analisi video per prepararsi all’allenamento. In generale poi nel corso della giornata non mancano momenti morti e la sala computer è sempre aperta.

 

Oltre a questo lavoro individuale, è importante anche il confronto tra reparti e con il resto della squadra. Ciascun settore, mischia, touche, difesa o attacco che sia, ha i propri leader che si confrontano collettivamente e con gli allenatori spiegando, per esempio, se hanno riscontrato una debolezza nella difesa degli avversari o pensato a nuove idee tattiche per metterli in difficoltà. Insomma, non è l’allenatore che dice come difende la prossima squadra che si affronterà, ma sono i giocatori a capirlo: poi chiaro, va da sé che il compito dello staff è quello di correggere e aiutare. Tutto ciò presenta inoltre un altro enorme vantaggio: se una cosa è detta da un compagno di squadra, ha un impatto diverso e superiore sul gruppo rispetto all’allenatore. Sembra strano ma è così: i leader della squadra sono riconosciuti come tali, ci si fida della loro esperienza e della loro abilità di comprendere il gioco. In queste situazioni spesso l’allenatore si faceva volontariamente da parte lasciando la parola. Ed è qualcosa che ho ritrovato anche in Nazionale durante la gestione Brunel. Facevamo un lavoro molto interessante e stimolante: ci si divideva in gruppi, ognuno con un leader e responsabile di un determinato settore del gioco. Al termine del confronto il leader esponeva a squadra e staff tecnico ciò che il proprio gruppo aveva riscontrato dalle immagini.

 

In Inghilterra si punta molto su questo aspetto e i club hanno fatto investimenti importanti per attrezzarsi. Ai Wasps sono presenti telecamere fisse che riprendono gli allenamenti da dietro, lateralmente: ciò permette di rivedere tutto da ogni prospettiva, oggi poi coi droni le possibilità sono aumentate ancora. Personalmente credo che le riprese migliori siano sia quella laterale e posteriore, che permettono di analizzare in maniera efficace profondità e spazi. In generale comunque, i centri di allenamento sono attrezzati in modo aggiornato con schermi in ogni spogliatoio. In partita poi, è proprio lì che viene fatta la prima video analisi, durante l’intervallo tra primo e secondo tempo: lo staff può scegliere un paio di situazioni brevi ma ritenute esemplificative di un aspetto da correggere.

 

 

Vantaggi collettivi e individuali

L’analisi permette di adeguare il proprio gioco a seconda dell’avversario, ferme restando l’identità di una squadra e le sue caratteristiche. Un aspetto per esempio importante che si può valutare è quello del tipo di linea che si ha davanti palla in mano. Oggi molte squadre tendono a fare la difesa rovesciata ed è importante studiare situazioni per stare più piatti o aggredire certi spazi: in tutto questo l’analisi video facilita molto il lavoro e lo studio dell’avversario. Statisticamente, il maggiore numero di mete viene marcato durante le prime tre fasi di gioco. Proprio per questo è importante studiare attraverso il video come strutturare attacco e difesa a seconda di quanto analizzato.

Individualmente invece, di un diretto avversario posso capire tante cose: come difende, come attacca, quale piede è più forte negli step e quale spalla nel placcaggio, se nello spazio allargato preferisce prendere l’esterno o rientrare…Queste situazioni le vedi con il video, ne prendi nota e cerchi di immagazzinarle per poi avere in campo una reazione immediata e coerente con quanto hai visto in settimana. E qui serve la preparazione mentale: quelle situazioni le ripensi e immagini dentro di te, un po’ come lo sciatore che prima dello start simula da fermo la pista che dovrà fare con tutti i movimenti esatti.

 

Qualcuno a questo punto potrebbe chiedersi se l’uso della video analisi non possa divenire un abuso, condizionando lo sviluppo collettivo e le scelte individuali di gioco in modo quasi meccanico e statistico. Posto che saper leggere ciò che si ha davanti in quel momento resta un’abilità basilare, la video analisi è uno strumento per me fondamentale. Le squadre manterranno sempre il focus più sul proprio gioco rispetto a quello dell’avversario, questo è normale: semplicemente, si ha la possibilità di capire in che modo poter essere più efficaci individuando le zone dove attaccare e i modi per farlo. Se una volta l’analisi era rivolta quasi esclusivamente a sé stessi e al proprio gioco, ora la componente esterna, ovvero quella che riguarda gli avversari, è divenuta importantissima. Come in tutte le cose ci vuole un equilibrio, ma è uno strumento che davvero aiuta molto i giocatori.

 

Ciò che si analizza nel video viene poi riproposto durante l’allenamento. Se per esempio la squadra avversaria fa un determinato movimento in prima fase e difende in una maniera piuttosto che un’altra, si mettono i titolari scelti di fronte a quella situazione replicata. E’ capitato anche di dare una pettorina di un colore diverso a un giocatore che doveva “simulare” un avversario particolarmente debole in difesa, per capire come targettizzarlo durante il gioco.

E il rapporto con la video analisi non si esaurisce nel tempo trascorso al campo. Ogni giocatore in Inghilterra ha la App di squadra dove riceve programmi e aggiornamenti, ma soprattutto le clip relative a partite e allenamenti, che vengono selezionate dallo staff. In questo modo puoi rivederle e pensarci a casa, per poi parlarne a voce. Questo è un altro esempio del modo in cui la video analisi semplifica il lavoro, perché ti dà la possibilità di migliorarti costantemente. Con lo sviluppo di nuove tecnologie poi, continuerà a crescere ed è giusto così: non vedo come possa fermarsi né tanto meno divenire un aspetto troppo ingombrante o peggio limitante.

 

 

 

I dati del GPS: quando è importante saper interpretare

Un altro aspetto che negli ultimi anni è stato utilizzato con maggiore frequenza è quello di raccolta e analisi dei dati GPS. Picco massimo di velocità e distanza percorsa rappresentano solo quelli più comuni e conosciuti, perché sono tantissimi gli indicatori che si possono raccogliere: quanti sprint si sono fatti superando i 20km/h, quante volte si è accelerato in un determinato modo…Certo è che servono persone che abbiano la competenza per leggerli e interpretarli in modo corretto.

allenamento rugby inghilterra

ph. Reuters

L’uso massiccio del GPS è iniziato attorno al 2009 e ora sono entrati negli allenamenti di tantissime squadre. Alcuni, come per esempio gli All Blacks in passato e i Wasps la scorsa stagione, non lo usano in partita in quanto convinti che i dati raccolti durante la gara siano una conseguenza di quanto fatto con la preparazione in allenamento. Ed è proprio durante il lavoro in settimana che il GPS può aiutare molto: per esempio se un giocatore corre troppo durante gli allenamenti della prima metà di settimana, si cerca successivamente di fare un lavoro diverso affinché non accumuli fatica nelle gambe, che può significare anche pericolo di infortunio. Tendenzialmente l’idea di fondo è che per avere un buon rendimento in partita non bisogna superare i 15 chilometri di distanza durante la settimana, ma ovviamente varia da caso a caso. Questo comunque è un esempio in cui i dati sono un effettivo e concreto supporto.

Da parte sua il giocatore sa che non può mentire di fronte ad essi: se è sempre andato ad una determinata velocità e poi per un periodo non la sostiene più, significa che c’è qualcosa che non funziona al meglio. E’ come un campanello d’allarme.

 

Andrea Masi

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