San Donà e la Nazionale Seven: il presente (con continuità) di James Ambrosini

Abbiamo intervistato l’ex giocatore della Benetton, che in estate ha scelto la strada dell’Eccellenza. Per continuare a crescere

james ambrosini

ph. Ottavia Da Re

Dopo quattro anni alla Benetton, James Ambrosini ha scelto la strada dell’Eccellenza per indossare la maglia di San Donà, con cui si è reso fin qui protagonista di un avvio di stagione decisamente positivo. Assieme all’apertura classe 1991 nativa di Brisbane abbiamo parlato degli anni trascorsi a Treviso, della nuova avventura sempre in terra veneta e dell’impegno con la Nazionale Seven.

 

James, ad inizio anno si parlava di un’Eccellenza più competitiva e di una lotta ai playoff difficile. Siete contenti del vostro inizio di stagione?
I risultati sono stati decisamente positivi. Siamo soddisfatti ma ci sono cose che dobbiamo migliorare in certi aspetti del nostro gioco e su questo stiamo lavorando. Dire ad inizio anno le favorite ai playoff è sempre rischioso, ma diciamo che non essere state presentate tra le favorite ha tolto un po’ di pressione e fatto sì che ci fosse un effetto sorpresa. Vogliamo continuare così, rimaniamo concentrati sulla prossima partita che per noi è sempre la più importante dell’anno.

 

 

Qual è la cosa più importante che mettete in campo?
L’obiettivo è quello di creare una nostra precisa identità di gioco, che si basi sui nostri punti di forza e che sia riconosciuta dalle avversarie come una nostra cultura di squadra. Siamo un gruppo di lavoratori, non ci sono i grandi nomi che magari hanno le altre formazioni: lavoriamo duramente e scendiamo in campo con aggressività. Ma soprattutto c’è una linea comune di lavoro e obiettivi che seguiamo e condividiamo. Questa è la cosa più bella, tutti diamo tutto e c’è voglia di lavorare. Sembra molto semplice ma non lo è.

 

 

Quali differenze hai riscontrato a livello di gioco tra Pro12 ed Eccellenza?
Più in alto si va più il livello di skills sale e più tutti i fondamentali devono essere eseguiti con maggiore velocità e sotto maggiore pressione: passaggio, calci e via dicendo. Fisicamente c’è una differenza ed è innegabile, ma devo dire che qui a San Donà mi trovo davvero molto bene da questo punto di vista. Serena Chiavaroli e Zane Ansell fanno un buonissimo lavoro, tutti ci sentiamo bene dal punto di vista fisico/atletico e di conseguenza anche mentale. Non abbiamo scuse per non essere al e per non dare il 100%: condividiamo tutti il lavoro che stiamo facendo.

 

 

La generale sensazione è che i tecnici di Eccellenza stiano cercando un gioco più aperto e dinamico…
In Pro12 il gioco resta più aperto, qui è ancora più lento e sono maggiori le interruzioni. Però devo dire che in molti cerchiamo di mettere in campo un rugby più aperto e propositivo. Anche i tecnici ci dicono che rispetto alle scorse stagioni ci sono più minuti di gioco: la ritengo una cosa positiva e importante non solo per l’Eccellenza ma anche per il movimento italiano. Questo tipo di gioco ha inoltre un vantaggio: ti costringe ad alzare il livello di skills, condizione atletica e in generale di aspetti che un gioco più conservativo magari non tende a valorizzare. E’ un rischio ma credo anche sia più bello da vedere per i tifosi.

 

 

Facciamo un passo indietro. Cosa porti con te dei quattro anni alla Benetton?
La prima cosa è la gratitudine: apprezzo molto l’opportunità che mi è stata data di giocare in un club professionistico. Come giocatore mi sento sicuramente cresciuto, ho lavorato molto sui calci sia di spostamento che dalla piazzola e questa stagione sto avendo buone percentuali. Anche dal punto di vista della difesa ho fatto miglioramenti. Dagli anni a Treviso porto con me anche le amicizie e tutto ciò che ho imparato come persona da tecnici e compagni di squadra.
Poi certo, un giocatore non si sente mai al massimo. Tengo a dire che sto crescendo molto anche questa stagione: qui a San Donà sto giocando con continuità, acquisisco confidenza e giocando settimana dopo settimana sento che sarà proprio un anno bello e di crescita.

 

 

Non aver trovato continuità di minutaggio a Treviso è stato un grande ostacolo?
Mi ha permesso di imparare il valore della pazienza e del duro lavoro in allenamento, anche se non avere continuità soprattutto nei ruoli della mediana non aiuta.

 

 

Quando sei arrivato in Italia c’erano parecchie aspettative, dovute anche al tuo ruolo. Pensi che un passaggio all’Eccellenza avrebbe potuto aiutare prima del salto in Pro12?
Se sapevo che avrei trovato poco minutaggio sicuramente mi sarebbe servito giocare per una squadra di Eccellenza. Al di là del mio caso, credo sarebbe importante coinvolgere a livello di Eccellenza chi non va in campo con le franchigie, perché si innalzerebbe il livello e i giocatori avrebbero l’opportunità di dimostrare il proprio valore. Non giocando non si mostra niente, ci si sente frustrati e arrabbiati. Ricordo che avevo tantissima voglia di poter mostrare il mio valore e mettermi in gioco…Sarebbe stato utile avere una sorta di Benetton A in Eccellenza, come funziona in Premiership con la A-League. Ovviamente non sta a me dire come e in che modo: la mia è semplicemente la testimonianza di un giocatore.

 

 

Come hai vissuto il passaggio in Eccellenza dopo quattro anni di professionismo?
Per me è stato un passo sicuramente positivo e sono grato della chiamata di Zane (Ansell, ndr). Scaduto il contratto con la Benetton, valutavo anche il ritorno in Australia per continuare gli studi che invece ora riesco a seguire on-line. Devo anche dire di aver ritrovato il piacere di giocare, di allenarmi e voglio godermi ogni giorno qui a San Donà. Oltre a questo, c’è un altro importante momento che mi ha convinto a rimanere in Italia: la convocazione nella Nazionale Seven, con cui abbiamo raggiunto la scorsa stagione importanti risultati.

 

 

Nono posto a Mosca, settimo ad Exeter e quinto in Polonia. Dove può arrivare l’Italseven?
Porto molto vicino al cuore questa esperienza. In sette settimane insieme c’è stata una forte crescita e non dimentichiamo che affrontiamo squadre che stanno insieme tutto l’anno e i cui giocatori si focalizzano sul Seven. Siamo un bel gruppo, molto umile e unito: vogliamo continuare a migliorare e portare in alto il rugby Seven italiano. Coach Andy Vilk è molto competente e sa creare un bel gruppo in cui è un piacere stare insieme. Anche noi siamo orgogliosi di rappresentare il nostro paese.

 

 

In generale che valore dai al rugby a sette?
Credo che il canale Seven rappresenti un passo importante per la crescita dei giocatori e in generale del movimento. Basta vedere quanto stanno facendo molti paesi in campo maschile e femminile. Qualificarsi alle Olimpiadi di Tokyo2020 sarà ancora più difficile perché il livello di competitività si alzerà inevitabilmente.

 

 

James, dove ti vedi tra altri quattro anni?
Per me è importante godermi a pieno giorno dopo giorno e dare il 100%. Non voglio guardare più in là della partita di sabato contro Reggio Emilia, perché non è giusto pensare ad altro e mi sento meglio restando concentrato in questo modo. Ho trovato un mio equilibrio, voglio continuare a divertirmi e dare il mio contributo in ciò che stiamo costruendo.

 

di Roberto Avesani

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